Gli influencer e la Chiesa

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Trovo YouTube assolutamente incredibile! Resto sempre meravigliato dal funzionamento dell’algoritmo e da come YouTube riesca a suggerirmi esattamente ciò che mi interessa ogni volta che mi collego. YouTube propone diversi suggerimenti e io trovo sempre non uno, ma spesso quattro, cinque o addirittura sei video interessanti da guardare. E quando guardo anche uno solo di questi video, YouTube mi propone altri suggerimenti altrettanto interessanti. È un vero e proprio effetto a catena. Ciò che è cambiato fondamentalmente con YouTube è che non sono io a dovermi adattare al programma, ma è il programma che si adatta a me!

Chi può negare che YouTube, e i social in generale, abbiano cambiato il nostro modo di vivere? E in soli 20 anni! Riuscite a immaginare un mondo senza YouTube? È già abbastanza difficile per chi ha vissuto nei giorni precedenti a YouTube, quindi non è certo esagerato dire che per le generazioni Y e Z è impossibile!

Sì, i social hanno avuto un impatto enorme sul nostro modo di vivere e di pensare. Non per niente gli youtubers, i tiktokers, gli instagrammers, ecc. sono più comunemente chiamati “influencer”. Questo proprio perché hanno una grande influenza su coloro che li “seguono”.

Qual è l’impatto di queste nuove influenze sulla Chiesa? Sono positive o negative? Come possiamo affrontare queste nuove influenze? La Bibbia dice qualcosa sui social e sugli influencer? Non proprio, vero? Eppure…!

 

La comunicazione nel I secolo

All’epoca del Nuovo Testamento, nel I secolo d.C., YouTube ovviamente non esisteva, così come non esistevano gli altri social come li conosciamo oggi. La comunicazione avveniva in modo molto diverso. Se prendiamo l’esempio di Paolo durante i suoi viaggi missionari, vediamo che quando arrivava in una nuova città, di solito si recava innanzitutto al tempio. Perché al tempio? Semplicemente perché era il luogo in cui si riunivano gli ebrei del tempo. Era il luogo in cui le persone della società avevano maggiori probabilità di interessarsi, comprendere e accettare il Vangelo!

In generale, erano gli oratori ad andare dalle persone dove si trovavano, dove si incontravano. Oggi la situazione è completamente diversa: le persone stanno a casa molto più spesso e scelgono chi “entra a casa loro” attraverso uno schermo. È vero che c’è così tanta scelta su internet che è molto facile trovare l’oratore che mi “emozionerà”: quello capace di pronunciare le parole che mi commuoveranno, e soprattutto quello che dice ciò che mi piace.

Tornando alla Bibbia, sì, parla di influencer! E nell’esempio che citerò di seguito, la Bibbia solleva proprio i problemi che gli influencer hanno generato nella Chiesa, problemi all’interno della comunità dei credenti. Sì, dobbiamo ammetterlo: anche i social, che sembrano così meravigliosi, hanno i loro lati negativi.

 

Un influencer biblico

Prendiamo l’esempio di Apollo, un uomo di cui la Bibbia parla pochissimo, dato che il suo nome compare non più di dieci volte in tutto il Nuovo Testamento, ed è menzionato solo da due autori biblici, Luca e Paolo.

Il primo testo che menziona Apollo proviene dalla penna di Luca. In Atti 18 leggiamo che Apollo era un “uomo eloquente e versato nelle Scritture” (v. 24), che era “istruito nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, annunciava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù” (v. 25). Luca scrive anche che Apollo parlava “con franchezza nella sinagoga” (v. 26) e che, nonostante la sua conoscenza e sicurezza, si lasciava istruire da Priscilla e Aquila (v. 26). Il versetto 28 ci dice che “confutava pubblicamente i Giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo”.

Che carattere! Apollo ha conoscenza, umiltà, temperamento, carisma ed energia. Cosa possiamo chiedere e aspettarci di più per compiere la grande missione che Cristo ci ha affidato? Luca descrive Apollo come un grande evangelista che ha fatto molto per diffondere il Vangelo.

Altri testi del Nuovo Testamento ci forniscono ulteriori informazioni su Apollo:

Compì viaggi missionari, in particolare a Creta.

Paolo era in contatto con Apollo, poiché scrive di aver “molto incoraggiato” Apollo a recarsi a Corinto.

Paolo parla di Apollo come di una grande influenza, alla stregua di Pietro o di se stesso. Data la grande influenza, data “l’aura”, che Pietro e Paolo avevano con i primi cristiani, comprendiamo che Apollo svolgeva uno straordinario lavoro di evangelizzazione. Va anche notato che, sebbene la Bibbia dica poco di Apollo, dice più di lui che dei dodici apostoli! Se Apollo è molto meno conosciuto di Paolo, è certamente dovuto al fatto che non ha lasciato lettere o messaggi scritti, come invece ha fatto Paolo.

Abbiamo abbastanza indizi su Apollo per poter dire che era un “leader spirituale”, una “guida spirituale” o un “influencer”, proprio come Paolo. D’altra parte, sono convinto che se Apollo, o Paolo, fosse vivo oggi, avrebbe il suo canale YouTube e starebbe moltiplicando il numero di iscritti, di cui molti di noi farebbero probabilmente parte.

Apollo non è nella mia chiesa, né nella vostra. Ma era nella comunità di Corinto e, se guardiamo a ciò che Paolo scrive alla chiesa di Corinto, possiamo vedere il problema generato dagli influencer del tempo, di cui Apollo fa parte.

 

Il problema della chiesa di Corinto

Nella sua prima lettera ai Corinzi, Paolo incoraggia i cristiani di Corinto a porre fine alle divisioni e a mantenere l’unità tra loro (cfr. 1 Corinzi 1:10). Paolo aveva sentito che c’erano delle contese (v. 11) all’interno della chiesa, perché alcuni dicevano: “Io sono di Paolo”, e altri: “Io, di Apollo”, “Io, di Cefa”, o “Io, di Cristo” (v. 12).

La chiesa di Corinto era divisa a causa degli influencer del tempo. Ma se analizziamo il problema di Corinto in modo più dettagliato, possiamo vedere che il problema non riguardava gli influencer. Stavano forse proclamando un insegnamento sbagliato? Stavano forse portando la comunità sulla strada sbagliata a causa della loro influenza? Stavano forse diffondendo una falsa teologia?

No, Paolo non dice nulla di tutto ciò; in nessuna parte della Bibbia Paolo li rimprovera per la loro teologia o per il loro modo di condividere il Vangelo. Ciò che divide gli abitanti di Corinto non ha nulla a che vedere con l’accuratezza e la veridicità del messaggio degli influencer. A Corinto, quindi, sembra che tutti gli influencer citati da Paolo stiano annunciando la verità, ma forse con sensibilità diverse, usando parole diverse, o sottolineando aspetti o priorità diverse, senza tuttavia contraddirsi.

Il vero problema a Corinto non erano Apollo, Paolo o Pietro. Il problema non erano gli influencer, ma gli ascoltatori! Il problema era che gli ascoltatori si identificavano apparentemente troppo con il loro influencer preferito, citando lui piuttosto che Cristo o la Scrittura. Certo, non avevano accesso alla Scrittura come noi oggi. A quei tempi, il Nuovo Testamento non esisteva e, anche se esisteva, solo il 5-10% della popolazione sapeva leggere. Quindi non avevano altra scelta che ascoltare oratori come Apollo, Paolo e Pietro per arricchire la loro conoscenza di Cristo.

D’altra parte, se c’erano divisioni all’interno della comunità cristiana di Corinto, è probabile che non condividessero abbastanza tra loro in uno spirito di ricerca della verità. Sì, è attraverso la preghiera, lo studio della Bibbia e la condivisione all’interno della comunità che ogni individuo può crescere e che l’intera comunità può crescere spiritualmente e in unità. Questo è ciò che hanno fatto i bereani, che erano uniti nella ricerca della verità. Lo hanno fatto anche i pionieri della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno, che hanno potuto scoprire molte verità bibliche nuove o dimenticate.

Tornando alla chiesa di Corinto e ai suoi problemi, nel resto della lettera Paolo afferma che le divisioni interne dimostrano che i cristiani di Corinto sono ancora “bambini in Cristo”, incapaci di sopportare il “cibo solido”.

Paolo vede questo, proprio e semplicemente nel fatto che tutti pretendono di appartenere esclusivamente all’una o all’altra influenza.

Così Paolo collega esplicitamente (1) la maturità spirituale in Cristo con (2) le divisioni interne alla Chiesa a causa degli influencer.

Per riassumere il problema della chiesa di Corinto, Paolo ci dice che i cristiani erano arrivati ad ascoltare solo questo o quell’oratore, trascurando gli altri o considerandoli meno importanti, meno affidabili, meno interessanti o meno degni di essere ascoltati. Ognuno aveva scelto il proprio influencer, la propria guida spirituale, e non parlavano (o non parlavano abbastanza) tra loro, per riflettere insieme e confrontarsi con le idee di questa o quella guida spirituale.

 

Non meglio di 2000 anni fa

Cosa possiamo imparare oggi dalla chiesa di Corinto? Cosa possiamo imparare per la nostra vita di Chiesa che si trova ad affrontare un numero quasi infinito di influencer?

Come potete immaginare, ci sono alcuni fatti che dimostrano che gli esseri umani non sono cambiati molto dai tempi di Paolo:

1° realtà: siamo noi a scegliere le nostre guide spirituali. Decidiamo, spesso inconsciamente, chi vogliamo ascoltare e da chi vogliamo essere influenzati.

2° realtà: utilizzando i social, ci siamo abituati a sentire sempre gli stessi oratori o lo stesso stile di messaggio, quelli che ci “emozionano”, quelli che ci toccano nel profondo, quelli che vanno d’accordo con quello che già pensiamo! E non è del tutto colpa nostra: sono gli algoritmi dei social network e il nostro cervello che ci spingono a farlo.

Infatti, Roberto Tiby, specialista in neuroscienze commerciali, ci dice che “il nostro cervello, pigro per natura, cerca costantemente di confermare ciò che già pensa e crede”.

3° realtà: condividiamo poco, forse per niente, o sempre meno, ciò che impariamo. Dobbiamo ridefinire il significato di condivisione. Condividere non significa semplicemente passare il link di un video a un amico: è un termine improprio! Condividere significa discutere, scambiare, confrontarsi con le idee altrui, riflettere insieme, con qualcuno che potrebbe non essere d’accordo con noi o che aggiungerà e arricchirà il nostro pensiero. E tutto questo, naturalmente, intorno alla Bibbia. Non si tratta di concentrarsi e limitarsi a ciò che si crede o si pensa. È vero che la maggior parte degli esseri umani non ama il confronto. Si preferisce continuare a guardare le cose dal proprio punto di vista, facendo del bene spiritualmente a se stessi, piuttosto che rischiare un confronto di idee con gli altri. Questo atteggiamento sembra preferibile e positivo, ma ha degli insospettabili effetti negativi.

Questo mi porta a fare la seguente osservazione: siamo così abituati a scegliere ciò che guardiamo, e a “fare zapping” se non ci piace, che non abbiamo più l’abitudine di mettere in discussione le nostre idee.

Faccio un esempio concreto per spiegare meglio il mio punto di vista. Negli ultimi due decenni, ho notato un cambiamento nell’atteggiamento dei membri nei confronti della predicazione che ascoltano. Oggi, se a qualcuno piace un sermone perché è in linea con le sue idee, dirà facilmente: “È stato un buon sermone”, mentre se il messaggio offende le sue idee, dirà: “Non mi è piaciuto il sermone”, o peggio ancora: “È un cattivo predicatore”. Eppure un messaggio efficace deve sfidare, “offendere” in qualche modo, no? Senza sfida, non ci può essere progresso! Ma siamo pronti a sentire qualcosa di diverso da ciò che ci rende felici?

Potete immaginare quanto sia difficile per un pastore parlare alla sua chiesa, a tutta la sua chiesa, se la metà dei membri si è già “disiscritta” nella loro mente dalla sua persona e dal suo discorso. Non ascolteranno nemmeno quello che dice il pastore, non penseranno a quello che dice, andranno altrove. Abbiamo imparato a funzionare in questo modo. Ma allora, abbiamo ancora bisogno di un pastore se non lo ascoltiamo più o se lo ascoltiamo solo quando ci piace quello che dice? Se la risposta è “sì”, ascoltiamolo! E anche se a volte dice cose che non ci piacciono, non cambiamo influencer come su YouTube!

Dobbiamo essere consapevoli che, come abbiamo già detto, il problema non è principalmente l’oratore, ma il modo in cui ci lasciamo influenzare da coloro che scegliamo come guide spirituali e il modo in cui riceviamo i loro messaggi. Sì, credo che il nostro atteggiamento sui social sia un pericolo per la Chiesa di oggi, proprio come lo era ai tempi di Paolo a Corinto.

 

Qual è la soluzione per la Chiesa di Corinto?

Vediamo ora la risposta di Paolo alla Chiesa di Corinto, alle prese con questo problema di divisione interna.

In 1 Corinzi 3:5-9 Paolo ci ricorda che le guide spirituali presenti a Corinto sono servitori di Dio, ai quali Dio ha dato dei doni e attraverso i quali i cristiani di Corinto hanno conosciuto Cristo! Queste guide spirituali sono quindi necessarie e importanti per conoscere Cristo e crescere spiritualmente. Paolo aggiunge che tutto ciò che queste guide spirituali fanno è al servizio di Cristo, come contributo all’edificio di Dio. L’edificio di Dio non è l’individuo, ma la Chiesa come comunità. Infatti, tutti i doni spirituali che lo Spirito Santo elargisce a tutti i servitori di Dio contribuiscono “in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo” (Efesini 4:12), cioè all’edificazione della Chiesa!

Possiamo quindi riassumere l’insegnamento di Paolo dicendo, in primo luogo, che questi influencer sono al servizio di Cristo, secondo i doni dati loro dallo Spirito Santo e purché la loro teologia sia corretta; e, in secondo luogo, che l’individuale sviluppo spirituale ha come fine ultimo l’edificazione della Chiesa, l’edificazione di Dio! Quindi, se gli insegnamenti delle guide spirituali riguardano solo se stessi, l’obiettivo di Dio non viene raggiunto. Peggio ancora, la riluttanza a confrontarsi all’interno della comunità con le diverse idee trasmesse dagli influencer, unita alla riluttanza a rimanere critici nei confronti di questi insegnamenti, serve solo a rafforzare la polarizzazione delle idee all’interno della Chiesa. Questo è ciò che Paolo voleva evitare nella Chiesa di Corinto e, purtroppo, è anche ciò che spesso vediamo svilupparsi nelle nostre Chiese oggi, portando, nel peggiore dei casi, a una spaccatura della comunità. Questo è ben lontano dalla Chiesa voluta da Dio: una Chiesa guidata dallo Spirito Santo, che cresce spiritualmente e numericamente, segnata dall’amore e dall’unità in Cristo.

 

Sviluppare la propria opinione

In termini molto concreti, vorrei offrirvi alcuni suggerimenti per sviluppare la vostra opinione personale, senza limitarvi a ripetere l’opinione di qualche influencer:

Tornate alla Bibbia, all’amore per la lettura della Bibbia.

Quando si ha tempo libero, è più facile guardare YouTube che aprire la Bibbia. E noi passiamo ore su YouTube e così poco tempo con la Bibbia.

Non è più sufficiente controllare che i testi biblici citati da un oratore siano corretti. Quante volte ho sentito persone parlare della Bibbia e, dal punto di vista teologico, tutto era (quasi) giusto, ma il loro messaggio non corrispondeva alla Bibbia, cioè non trasmettevano un messaggio di speranza.

Non trasmettevano un messaggio di speranza che solleva e alleggerisce il cuore, ma piuttosto un sentimento di oppressione, persino di paura.

Non trasmettevano la gioia, l’amore di Cristo che trabocca su di voi e su di me.

Non parlavano di un cambiamento di cuore, ma concentravano il loro messaggio su un cambiamento di atteggiamento (opere).

Non trasmettevano la pace e la serenità divine, ma piuttosto l’angoscia.

Non parlavano di libertà in Cristo, ma di dipendenza da certe condizioni, il che mi faceva dubitare della mia salvezza.

Non trasmettevano un messaggio positivo, incoraggiante e fortificante, ma un messaggio che mi scoraggiava, mi faceva sentire male e persino inutile, perché mi mostrava che non ero abbastanza bravo.

No, e mi dispiace molto dirlo, non basta controllare che i testi biblici utilizzati siano corretti, bisogna controllare che il messaggio dato sia in armonia con il messaggio generale della Bibbia! Ma per farlo, bisogna studiare la Bibbia, senza il filtro degli influencer.

Paolo ci ricorda che tutti noi abbiamo dei doni, dei doni diversi, dati dallo Spirito Santo. Da un lato, questo significa che Cristo ha bisogno che ognuno di noi contribuisca alla costruzione, dall’altro, ci dà la necessaria umiltà, perché nessuno può dire “ho capito, so, e non ho bisogno di altri”, oppure “ho capito, so, ora glielo spiego”. Paolo mostra chiaramente che il processo di crescita, sia esso la crescita spirituale individuale o la crescita numerica della Chiesa, avviene in comunità. La crescita è l’obiettivo, anzi la vocazione, della comunità centrata su Cristo che ci unisce.

Il nostro ruolo è quello di rimanere concentrati su Dio e dargli l’opportunità di far crescere la sua Chiesa, come Paolo disse alla Chiesa di Corinto.

Quello che gli abitanti di Corinto avevano dimenticato è che il nostro ruolo di cristiani è quello di rimanere concentrati su Dio e dargli l’opportunità di far crescere la sua Chiesa. Dio vuole usarci come attori principali nella crescita della sua Chiesa. La nostra mente deve rimanere concentrata su Dio e la nostra missione è quella di formare discepoli riflettendo l’amore di Dio nei nostri cuori e testimoniando la fonte di questo amore, Cristo. Gli abitanti di Corinto lo avevano dimenticato, noi cerchiamo di non dimenticarlo nel contesto della nostra vita.

 

Responsabilità personale

Vorrei ora lanciare una sfida personale. Siamo tutti sui social; e sono convinto che Dio si serva di questi mezzi e che debbano essere usati per condividere il Vangelo. Ma abbiamo visto che ci sono anche dei rischi nascosti, non tanto da parte degli influencer quanto da parte nostra.

La prossima volta che utilizzerete i social, pensate onestamente ad alcune domande fondamentali:

Perché sto usando questo social? Perché non aprire la Bibbia? Qual è il mio scopo?

È forse un sostituto della chiesa?

È per sentirmi bene (ciò che oso chiamare masturbazione spirituale) o è per l’edificazione della Chiesa?

È semplicemente perché è più facile che aprire la Bibbia?

Sono consapevole di guardare solo ciò che mi piace? È davvero questo che voglio? Sono così ingenuo da credere che è così che potrò crescere spiritualmente?

Tutti gli studi dimostrano che i social contribuiscono a una crescente polarizzazione della società, indipendentemente dal tema trattato. Dividono profondamente la società, come accadeva a Corinto. Non è un problema nuovo, dobbiamo solo renderci conto che riguarda anche la Chiesa.

Cosa farò concretamente perché questo contribuisca all’edificazione della Chiesa?

Dobbiamo essere consapevoli che dire “ho capito, so e ora vi spiego” porterà inevitabilmente alla divisione.

 

La posta in gioco è reale

Penso che la posta in gioco sia reale: se abbandoniamo la Chiesa a favore dei social, da un lato non realizziamo più il progetto di Dio e la missione che Cristo ci ha affidato, ma dall’altro la Chiesa perderà se stessa. È solo questione di tempo prima che la Chiesa non esista più. Vorrei ricordarvi che la Chiesa non è l’edificio in cui i cristiani si incontrano regolarmente, ma la comunità formata dai credenti. Una comunità è per definizione viva. Se tutti restano a casa e non partecipano attivamente alla vita della comunità, essa perde presto il suo fascino e questo ne determina la caduta.

Questa è una vera e propria sfida per la Chiesa di oggi e per ciascuno di noi. Dio ci invita, direi addirittura ci chiama, a far vivere e crescere la nostra comunità. Ci sono molti “metodi” per raggiungere questo obiettivo, ma Paolo e Cristo stesso ci ricordano che, qualunque sia il metodo o la cultura, l’ingrediente essenziale che dobbiamo chiedere, cercare con tutto il cuore e coltivare attraverso un’autentica comunione con lo Spirito Santo, è l’amore!

 

 

Di Eric Belloy, direttore del centro mediatico Espoir Médias (FSRT)

Fonte: https://actualites.adventiste.org/les-influenceurs-et-leglise/

Traduzione: Tiziana Calà

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