Come parlare della guerra con tuo figlio

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I nostri figli sono costretti ad adattarsi a un mondo che non abbiamo voluto per loro. Come dicono molte mamme che frequentano le sessioni di coaching, il tema della guerra è uno dei più difficili da affrontare nei dialoghi con i figli, poiché si sentono responsabili di trovare un equilibrio tra la sicurezza emotiva del bambino e l’esposizione alla realtà che li circonda.

 

I dialoghi sulla guerra coinvolgono molti aspetti: la giustizia, l’egoismo, la politica, l’umanità, il coraggio, i limiti, l’eroismo, la paura, l’impotenza, la fiducia, la visione, la vita e la morte. Ogni aspetto può generare una conversazione difficile ma importante per i bambini; a maggior ragione, aprire una discussione che coinvolga tutti questi argomenti è una vera e propria sfida per i genitori. Tuttavia, affrontare il tema della guerra con i nostri figli è molto più benefico rispetto all’ignorare o addirittura al rimandare un eventuale dialogo sul tema.

 

Ecco alcuni principi utili per i genitori:

  1. Pensa prima a ciò che vuoi che tuo figlio impari dalla realtà della guerra o da questa situazione che stiamo vivendo. Questo non significa fare i compiti in anticipo, presentarli al bambino e dargli lezioni di morale o empatia, ma piuttosto essere consapevoli del messaggio che accompagna la discussione. L’esperta Deborah Gilboa, rivolgendosi ai genitori, chiede: “Qual è il messaggio che volete dare insieme ai fatti che lo accompagnano? I messaggi potrebbero includere: La guerra è lontana e siamo al sicuro; oppure: La politica conta davvero nella vita delle persone e dobbiamo votare, per esempio”.

 

  1. Analizza prima te stesso. Da che parte stai quando si parla di guerra? Qual è il tuo atteggiamento? Quali pensieri ti passano per la testa? Quali emozioni dominano? Paura di essere coinvolto nella guerra? Pietà per le vittime o indignazione verso coloro che attaccano? Ricordati che questi sono i tuoi atteggiamenti e non necessariamente quelli di tuo figlio. Evita di usare categorie o etichette come: “I russi sono cattivi, gli ucraini sono buoni”. Non parlate delle persone, ma delle loro azioni, e assicuratevi che il bambino lo capisca.

 

  1. Crea un ambiente sicuro in cui i tuoi figli possano esprimersi, soprattutto a livello emotivo. Possiamo farlo solo se abbiamo risposto onestamente alle domande precedenti e se siamo veramente curiosi e interessati alla realtà interiore del bambino senza giudicare se questa sia o meno corretta. Save the Children consiglia: “È importante che i bambini si sentano sostenuti nella conversazione. Non dovrebbero sentirsi giudicati o vedere ignorate le proprie preoccupazioni. Quando i bambini hanno la possibilità di avere una conversazione aperta e onesta sulle cose che li turbano, possono sentirsi sollevati”.

 

Lasciateli parlare, piangere e terminare la conversazione quando ne hanno voglia. Lasciate che scelgano il corso della discussione, secondo ciò che è importante per loro in quel momento. Forse non sono preoccupati di dover lasciare il paese, come potrebbe sembrare all’inizio del dialogo, ma se, come genitori, sarete in grado o meno di portare con voi i loro nonni.

Quando iniziano a parlare, dai loro tempo e spazio e fai domande aperte, come ad esempio: “Qual è la tua più grande paura riguardo alla guerra? Cosa ti infastidisce di più di questa situazione? A cosa pensi quando dici questo? Cosa significa per te…?”. Non cercare di influenzarli con domande come: “Hai paura che anche papà vada in guerra?” oppure “Pensi che anche noi dovremo lasciare il paese?”. Queste paure possono essere solo tue e potrebbero non esistere nella mente del bambino, ma potrebbero venir suscitate da tali domande.

 

  1. Presta attenzione agli indizi che i bambini ti danno, dentro o fuori la discussione, durante le attività mondane della giornata. L’altro giorno, mio figlio ha iniziato improvvisamente (anche se non succede niente all’improvviso) a cantare: “Non hai motivo di avere paura”. Quando la sorella minore ha preso con la forza qualcosa al fratello maggiore, lui ha risposto: “Sei come Putin”. Guardando Google Maps, un bambino dice a sua madre che vuole andare su un’isola in mezzo all’oceano… Cerca di vedere cosa c’è al di là di queste reazioni, di arrivare a ciò che nemmeno il bambino si rende conto nel momento in cui sente o pensa questa precisa cosa.

 

Quando intervieni, fallo con delicatezza e tatto. Non dire: “Stai cantando questa canzone perché hai paura?”, ma piuttosto: “È una bella canzone; piace anche a me. In che modo ti fa del bene?”. Invece di “Hei, non essere cattivo con tua sorella”, o “Anche Putin è un uomo…”, chiedi piuttosto loro: “Com’è Putin? Cosa ti infastidisce di quello che sai di lui, di quello che hai sentito che ha fatto?”. E per quanto riguarda l’abbandono del paese, non dire: “Non è il momento di partire”, o “Andiamo in Spagna”, ma piuttosto: “Wow, quell’isola lì… In che modo quel posto è diverso da un altro posto?”.

 

  1. Tieni conto dell’età del bambino. Fino a 3-4 anni, il bambino assorbe le emozioni e l’atmosfera della famiglia. Fai attenzione a ciò che guardi in sua presenza, a ciò di cui parli, al tono e al ritmo della voce e, se fa domande, dai risposte brevi. Se vuoi usare paragoni, metafore, evita quelli come: “È come quando mamma e papà litigano”. Chiedi se ha altre domande, abbraccialo e gioca con lui.

 

Fino all’età di 7-8 anni, fai attenzione alle domande che il bambino fa, a cosa gli interessa quando si tratta di questa guerra. Puoi usare giochi, immagini, persino videogiochi se il tuo bambino ne fa già uso. Una madre ha spiegato a suo figlio che, a differenza dei personaggi dei giochi a cui giocava, lui aveva solo una vita e non poteva ricominciare. E quando gli aerei attaccano e bombardano gli edifici, quello che conta non è tanto gli aerei e gli edifici, ma le persone. Con sua sorpresa, il bambino ha deciso di smettere di giocare a quel videogioco.

Con i bambini fino ai 12 anni, possiamo fare un’analisi delle notizie che abbiamo ascoltato insieme o possiamo usare le lezioni di storia e fare paragoni tra tecniche, strategie, motivazioni, cosa è etico e cosa no, e vedere quali altre soluzioni possiamo trovare.

Gli adolescenti e i giovani hanno già fonti personali di informazione e influenza. Per questo è importante permettere loro di dirci quello che sanno, o come lo percepiscono, anche se scopriamo che vogliono arruolarsi. Restrizioni come questa non aiutano molto: “Non andrai da nessuna parte. Vuoi andartene e morire lì?”; questa frase infatti potrebbe uccidere i loro ideali di coraggio, libertà, devozione e contributo sociale, che in realtà vogliamo che abbiano.

Potremmo aiutarli facendo loro domande di pensiero critico: “In che modo pensi di poter fare la differenza, in maniera realistica e con impatto? Cosa rende questo modo di impegnarsi importante per te? Quali altre opzioni per essere coinvolto stai valutando? Quale sarà l’impatto su coloro che ti circondano se fai quello che dici? Cos’altro cambierebbe? Cosa c’è dietro questo senso del dovere?”.

 

  1. Porta in primo piano gli aspetti positivi, non come un’illusione, ma come una realtà osservata. Per esempio, possiamo parlare dei nostri nonni che hanno vissuto la guerra e sono sopravvissuti. Possiamo coinvolgerci come famiglia come volontari, compreso andando al confine con i bambini per vedere in prima persona come la gente reagisce e si aiuta a vicenda. Così capiranno che la guerra non è la fine, non è una situazione senza speranza. Se si chiedono cosa faranno le persone quando torneranno a casa e non avranno più una casa, parla loro delle politiche internazionali di recupero e soccorso, di tante altre situazioni in cui i senzatetto hanno trovato rifugio.

 

  1. Parla loro del gran conflitto che è già stato vinto. Fai loro capire che queste sono forme di una battaglia molto più feroce tra il bene e il male, tra Dio e Satana, ma che la battaglia è già stata vinta. Costruisci la loro fiducia sottolineando che non importa come finiscono le cose qui sulla terra, possono sperare in qualcosa di molto migliore e indistruttibile. Possono essere con Dio per sempre!

 

 

Di Simona Condrachi

Fonte:https://st.network/analysis/top/how-to-talk-about-war-with-your-child.html https://st.network/analysis/top/how-to-talk-about-war-with-your-child.html

Traduzione: Tiziana Calà

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