Sempre più persone scelgono la convivenza al posto del matrimonio. Molti giovani credono che la convivenza li aiuti a prendere decisioni migliori sul matrimonio, dando alla coppia la possibilità di “fare pratica” prima di impegnarsi per tutta la vita. Si ritiene inoltre che la convivenza prima del matrimonio riduca la probabilità di problemi coniugali o di divorzio.
Secondo studi condotti negli Stati Uniti, oltre il 60% delle coppie convive prima del matrimonio e molte altre convivono invece di sposarsi. Il tasso di convivenza aumenta tra i divorziati. Molti ritengono che vivere insieme per un periodo di tempo limitato sia un buon modo per testare la relazione. Le ragioni sono molteplici, dalla paura di impegnarsi al non credere nella relazione stessa.
Mito o realtà?
Uno studio condotto da Casey E. Copen, insieme ai suoi colleghi, sembra dimostrare che non c’è alcun effetto negativo della convivenza sulla longevità del matrimonio: le coppie di fidanzati che convivono prima di legalizzare la loro relazione hanno le stesse probabilità di avere un matrimonio che dura 15 anni (in altre parole, lo stesso rischio di divorzio) rispetto alle coppie che non hanno convissuto prima del matrimonio.
Tuttavia, prima di trarre qualsiasi conclusione, va notato che questo studio non prende in esame la convivenza in sé, ma i primi matrimoni tra gli americani, sulla base di dati provenienti da altri studi.
La convivenza prima del matrimonio è solo una piccola parte dell’analisi all’interno dell’intero rapporto e le conclusioni si basano su un singolo studio e quindi non possono essere considerate sufficienti. L’attuale paradigma psicosociologico si basa su numerosi studi che collegano la convivenza prematrimoniale a un maggior rischio di divorzio.
Inoltre, anche lo studio di Copen conferma alcune differenze nella longevità del matrimonio tra le coppie che convivono prima del matrimonio e quelle che non lo fanno: “Le donne che hanno convissuto con il loro primo marito, indipendentemente dal fatto che fossero fidanzate quando hanno iniziato la convivenza, hanno avuto minori possibilità di vedere il proprio matrimonio sopravvivere fino a 20 anni rispetto alle donne che non hanno convissuto prima del matrimonio con il loro primo marito”.
Un’altra avvertenza importante è che questa ricerca non include i casi di “convivenza seriale” (persone che hanno vissuto con più di una persona del sesso opposto prima di incontrare il proprio partner). Questo è molto importante perché il tasso di divorzio in questo caso è doppio rispetto a quello delle persone che hanno vissuto con un solo partner prima del matrimonio (secondo Glen T. Staton).
Dove pende la bilancia
Numerosi altri studi sociologici hanno dimostrato che le persone che convivono prima del matrimonio hanno matrimoni meno soddisfacenti e sono più propense a separarsi.
Galena K. Rhoades e i suoi colleghi hanno analizzato i tassi di divorzio tra diversi tipi di coppie. Le coppie che hanno convissuto prima del fidanzamento o del matrimonio hanno dichiarato di essere insoddisfatte del proprio matrimonio e di avere tassi di separazione/divorzio più elevati rispetto alle altre coppie. In base ai dati del sondaggio, il divorzio è stato menzionato da:
- 19% di coloro che convivevano prima del fidanzamento;
- 12% di coloro che convivevano dopo il fidanzamento;
- 10% di coloro che non hanno convissuto prima del matrimonio.
A lungo termine, la convivenza destabilizza la coppia, porta a una maggiore conflittualità e, a livello sociale, aumenta il numero di divorzi.
Secondo gli stessi ricercatori, le relazioni di convivenza sono caratterizzate da scarsa soddisfazione, comunicazione negativa e maggiore aggressività psicologica rispetto alle relazioni tra partner che non hanno vissuto insieme prima del matrimonio. In termini di qualità della relazione tra i partner, anche se la frequenza dei rapporti intimi aumenta temporaneamente durante la convivenza, l’impegno interpersonale diminuisce.
Il verdetto è irrevocabile
Una delle insidie della convivenza è l’impressione di ottenere tutti i vantaggi del matrimonio più la libertà di scelta. In realtà, però, più la relazione di convivenza diventa lunga e soddisfacente dal punto di vista di entrambi o almeno di una delle due persone coinvolte, più diventa difficile fare il passo verso il matrimonio.
Il rinvio può essere causato da sentimenti di insicurezza o dall’attesa di risolvere alcune questioni insoddisfacenti prima di fare il passo successivo. Un altro possibile ostacolo è il timore di trovare una persona più adatta al termine di una ricerca fatta “per tentativi”. Questo processo porta alla fine all’esaurimento emotivo. La conclusione? “Nemmeno lui/lei è la persona giusta… ma io ci ho provato”.
Mentre il matrimonio significa “ti voglio completamente, nel bene e nel male, e mi dono completamente a te”, la convivenza invia il messaggio “non sono molto sicuro. Potremmo fare un tentativo, vediamo cosa succede”. Si tratta quindi di scenari completamente diversi, che non possono assolutamente susseguirsi. Lo dimostrano chiaramente gli studi sociologici che hanno concluso che la convivenza prima del matrimonio è una cattiva e malsana idea.
Di Irina Cristescu
Traduzione: Tiziana Calà