Mentori per il cambiamento

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Oltre a essere legato alla mia famiglia, da bambino ho avuto il privilegio di conoscere persone di valore nella mia vita. Queste persone, spesso pastori e musicisti, mi prestavano attenzione, mi insegnavano ciò che sapevano fare meglio, mi guidavano verso un forte sistema di valori e fungevano da mentori o modelli.

È così che è nato il mio interesse per le lingue straniere, le scienze e la storia. Sono arrivato ad apprezzare la musica classica, ad amare la natura e le escursioni in montagna. L’esempio e la guida delle persone che ammiravo mi hanno aiutato a prendere delle buone decisioni di vita e a superare certi limiti. Una di queste relazioni è andata avanti per diversi decenni ed è stata una fonte inestimabile di guida morale e saggezza pratica.

Non dimenticherò mai la volta in cui questo mentore mi avvertì che sarei stato sicuramente contattato dagli ufficiali di sicurezza che avrebbero cercato di reclutarmi come collaboratore, una spia dello Stato. Quella conversazione e i consigli che ricevetti allora mi aprirono gli occhi e mi prepararono così bene che fui in grado di resistere con successo agli insistenti tentativi di reclutamento. Col passare del tempo, sono sempre più grato per tutti questi doni inestimabili.

Sebbene io sia piuttosto solitario per natura, penso di aver anche trasmesso qualcosa di ciò che mi è stato dato in queste relazioni di mentoring. Penso di aver aiutato alcune persone a scoprire la ricchezza emotiva e intellettuale che deriva dall’ascolto della musica classica. Ho aiutato persone che non avevano avuto il privilegio di amare le montagne ad acquisire nuove prospettive sulla loro bellezza, come mia moglie Adriana. Ho avuto l’opportunità di guidare alcune persone in relazioni durature, a scoprire le verità della Bibbia e a farne il centro della propria vita.

Alcuni dei colleghi più giovani con cui ho lavorato hanno confermato le loro capacità di leadership e hanno sperimentato una crescita nell’ambito della propria carriera lavorativa, assumendo ora importanti responsabilità. Ho aiutato giovani che si trovavano davanti a un bivio e famiglie in crisi. Anche se sono felice di tutto questo, sono consapevole di aver restituito solo una piccola parte di ciò che ho ricevuto. Né quando l’ho ricevuto da qualcuno, né quando l’ho dato ad altri, era esattamente ciò che annuncia il titolo di questo articolo. Il mentoring efficace implica qualcosa di più, qualcosa di più profondo. Questo concerne l’esplorazione di territori più personali.

Lo psicologo Urie Bronfenbrenner ci ha lasciato questa breve definizione: “Un mentore è una persona più grande ed esperta che cerca di favorire lo sviluppo del CARATTERE e delle COMPETENZE in una persona più giovane”.

Il dottor Bronfenbrenner ha dedicato molto tempo all’esame delle pratiche dei mentori nella cultura giapponese, arrivando a scoprire come lo sviluppo dei giovani fosse profondamente influenzato da queste relazioni umane tra un giovane e un adulto che non faceva parte della propria famiglia.

La dottoressa Patty Alper, che ha raccolto la sua ricerca e la sua esperienza di oltre due decenni in un libro, ritiene che ci siano sei messaggi di fondo che sono incorporati nella relazione tra i potenziali mentori e i loro discepoli. Applicare questi messaggi alle vostre capacità di comunicazione può aiutare a creare uno sviluppo personale sia per il mentore sia per il discepolo stesso.

 

Se ho potuto farlo io, puoi farlo anche tu”. Se trasmesse direttamente, queste parole potrebbero rovinare le possibilità di influenzare positivamente un giovane. Ma un mentore che diventa vulnerabile e parla delle proprie preoccupazioni, dei propri errori e dei propri fallimenti invia il messaggio che anche il discepolo avrà alti e bassi, ma sarà in grado di godere del successo.

Sono qui per aiutarti; puoi contare su di me”. I buoni mentori hanno la pazienza e la perseveranza di tornare dai loro discepoli anche dopo un fallimento deludente. Senza parole, dimostrano che ci si può fidare delle persone.

Ecco come faccio io; adesso prova anche tu”. Ho visto spesso questo metodo in azione quando prendevo lezioni di violino e, più recentemente, quando ho partecipato a un programma di formazione per cappellani ospedalieri. I consigli e l’aiuto di un mentore sono più che una dimostrazione dello sviluppo delle abilità o delle competenze che devono essere padroneggiate. È un messaggio non verbale che ispira coraggio, perseveranza e desiderio di crescita e formazione.

Non importa quanto siano impegnative le tue domande, sarai sempre libero di porle”. Se il discepolo ha fiducia nell’esprimere i propri pensieri problematici, non solo chiarirà i dubbi e le paure che possono in seguito imbarazzarlo, ma imparerà a interagire con un adulto in modo rispettoso, aperto e produttivo. I due sapranno come avere un piacevole scambio di idee, senza ostilità o riserve mentali. Possono fungere da cassa di risonanza per qualsiasi problema che un discepolo possa avere, a condizione che anche il tempo del mentore venga rispettato.

Per te, non sono né un giudice, né un capo, né un insegnante, né un genitore. Non ti darò un voto e non posso farti bocciare o superare una lezione. Questa è una nuova forma di relazione tra adulti. Puoi definirmi come un consigliere. Quando parlo con te delle tue idee, sei libero di rifiutare i miei suggerimenti. Perché? Perché questo è il tuo progetto; io sono qui solo per sostenerti e consigliarti”. Il discepolo impara così una forma superiore di collaborazione, è disposto a riferire francamente ciò che ha fatto, e supera il suo desiderio di nascondere ciò che non gli fa fare bella figura. Alla fine, prende le proprie decisioni e se ne assume la responsabilità. La relazione è costruita sul rispetto e la responsabilità reciproca, cosa che i grandi mentori e i discepoli capiscono entrambi.

Ascoltandoli, il mentore dice al suo discepolo: “Tu sei importante, voglio ascoltare quello che hai da dire”. Questo impegno e la volontà di passare del tempo insieme dà al giovane il rispetto per se stesso, aumentando la sua motivazione e la sua fiducia.

 

Ritorno a parlare della mia esperienza personale. Guardandomi indietro, credo di aver passato del tempo intorno a persone che manifestavano questi atteggiamenti e che avrebbero potuto farmi da mentori in un modo più ricco di quanto non sia avvenuto. Non credo che abbiamo capitalizzato questo potenziale quanto avremmo dovuto.

Ora mi chiedo quali possano essere le spiegazioni di tutto questo. Ho pensato che non ero all’altezza delle loro aspettative e quindi non ho permesso loro di conoscermi? Mi rendo conto che a causa dell’esperienza di vita che hanno avuto, hanno visto comunque quello che non volevo che scoprissero, e questo non ha cambiato il loro atteggiamento nei miei confronti. Ho sviluppato l’opinione che se mi avessero conosciuto veramente, non mi avrebbero più amato o rispettato? Credo che avessero visto abbastanza difetti, ma questo non li ha portati a odiarmi.

Forse avevo accolto l’idea che i nostri problemi di pensiero e di carattere avrebbero dovuto essere risolti solo tra noi e Dio, il che in definitiva è vero. Tuttavia, un’interazione onesta con un’altra persona toglie i nostri difetti dall’ombra e li porta alla luce, rimuovendoli da una categoria immaginaria e insignificante (“Non importa poi così tanto!”). Porta al riconoscimento della realtà dolorosa (“Questo mi distruggerà!”). Li sposta dalla categoria dei desideri superflui (“Prima o poi me ne occuperò!”) a un’attualità importante e urgente (“Questa è la mia occasione, prima che sia troppo tardi”).

Solo Dio sa quale livello avrebbe raggiunto la mia vita e quanto fruttuosa sarebbe stata la mia attività se avessi utilizzato correttamente le opportunità che mi ha fornito. In definitiva, le domande che mostrano quanto onestamente tratto la mia relazione con un mentore sono: Voglio veramente superare questo difetto? Voglio veramente acquisire questa qualità? In assenza di un impegno personale senza riserve, non c’è nessun altro che possa forzare il mio cambiamento in meglio.

 

Quando esamino le relazioni in cui ho svolto il ruolo privilegiato di mentore, penso che ce ne sono state alcune in cui mi sono fidato di ciò che ho osservato, così come del mio discernimento morale, superando quindi la mia reticenza e avendo il coraggio di esprimermi. Tuttavia, rimpiango le occasioni che ho perso in altre relazioni. Ricordo momenti in cui non credevo nel desiderio o nella capacità di qualcuno di fare i cambiamenti necessari, così ho taciuto, con la conseguenza che il danno fatto è stato complesso e duraturo.

Mi rendo conto che era il mio giudizio, non la realtà; che mi preoccupavo più del mio conforto emotivo e dell’illusione di essere una persona rispettosa e delicata che della necessità di correre il rischio e intervenire.

 

L’apostolo Paolo aveva un forte senso di responsabilità verso coloro ai quali trasmetteva il messaggio cristiano, che lo portò a scrivere: “Figli miei, per i quali sono di nuovo in doglie finché Cristo sia formato in voi…” (Galati 4:19). E Gesù stesso, in un dialogo con l’apostolo Pietro, gli diede un compito importante: “Pasci i miei agnelli” (Giovanni 21:15). La ripetizione dell’incarico ne sottolinea l’importanza sia per i discepoli che avevano bisogno di un sano sviluppo sia per l’apostolo, che altrimenti non avrebbe raggiunto la maturità.

È un atto di saggezza riconoscere il nostro bisogno di un mentore. È una benedizione trovare una persona capace di trasmettere fiducia, modestia e perseveranza. È un privilegio riconoscere la nostra chiamata come mentori e investire noi stessi in questa missione. La chiesa e la società dove queste persone si incontrano saranno più ricche per questo.

 

 

Di Adrian Bocaneanu; Adrian ricorda le proprie esperienze come discepolo e mentore e, valutandole con una commovente vulnerabilità, le usa come punto di partenza per analizzare i principali contributi di un mentore in merito allo sviluppo e alla crescita del proprio discepolo.

Fonte: https://signsofthetimes.org.au/2021/09/mentors-for-change/

Traduzione: Tiziana Calà

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