Tra le braccia dell’allenatore

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Cosa puoi fare di fronte a una diagnosi terribile, che ti condanna a una vita su una sedia a rotelle? Cosa puoi scegliere di provare o di fare, oltre alla disperazione o alla rassegnazione? Kayla ha scelto di correre.

 

Kayla è la maggiore di due figli della famiglia Montgomery, una normale famiglia di americani del Nord Carolina. Poiché era estremamente timida quando era piccola, i suoi genitori la incoraggiarono a unirsi ad una squadra sportiva. Erano rimasti stupiti quando Kayla aveva scelto il calcio, che le era piaciuto molto sin da subito. Sua madre, Alysia, affermava che il calcio era l’ultima cosa che avrebbero pensato potesse andarle bene, visto che era così piccola e magra.

Nel 2010, Kayla aveva 14 anni e faceva parte della squadra di calcio della scuola. Un giorno, dopo una partita, sentì un formicolio alla spina dorsale e alle piante dei piedi. In seguito, non riuscì più a sentire le gambe e così i suoi genitori la portarono di corsa dal medico. La diagnosi fu devastante: sclerosi multipla. Alysia era un’infermiera e aveva visto molte volte come si manifestava la malattia, causata da cellule immunitarie che attaccano il sistema nervoso centrale. Alcuni pazienti perdevano completamente il controllo dei muscoli e non riuscivano nemmeno più a deglutire, dovendo quindi venire intubati.

Per otto mesi, Kayla non riuscì a sentire per niente i suoi piedi, che erano freddi e avevano assunto un colore bluastro. Fortunatamente, i farmaci che riducono l’intensità dei sintomi della malattia le restituirono la mobilità. Dato che non poteva più giocare a calcio, pensò che correre sarebbe stato il suo modo di sfidare la malattia. Il problema era che quando i suoi muscoli si riscaldavano dopo lo sforzo, non riusciva più a sentire le gambe. In uno strano modo, che non riusciva a spiegare, era capace di correre anche in quelle circostanze.

Kayla cercò qualcuno che la allenasse e venne rifiutata diverse volte, finché Patrick Cromwell accettò di seguirla nel suo percorso. La motivazione dell’allenatore non era la sua corsa, che era lenta e sotto la media, ma la determinazione che vedeva in lei. Correndo oltre 60 miglia a settimana, Kayla imparò a tenere il ritmo anche quando non sentiva più le gambe. Con l’aiuto di Patrick, alla fine riuscì ad arrivare prima nella squadra femminile di atletica del liceo. Poi iniziò ad allenarsi con la squadra dei ragazzi. Seguirono le gare, dove i suoi risultati furono straordinari.

Impressionanti nelle gare di Kayla erano gli arrivi, che lasciavano gli spettatori senza parole. Al traguardo, Patrick era sempre in attesa, con le braccia tese, pronto a prenderla quando crollava, perché i suoi muscoli insensibili non le permettevano di fermarsi da sola. La sua agonia alla fine di ogni gara rappresentava una potente testimonianza delle sue lotte quotidiane. Lei sapeva che la malattia avrebbe potuto fermare la sua prossima gara, costringendola sulla sedia a rotelle, ma questo non le impediva di continuare a correre.

All’inizio del 2014, durante il suo ultimo anno di liceo, Kayla si era qualificata per la finale del campionato statale, per la gara dei 5.000 metri, la sua preferita. Solo 100 metri dopo la gara, ironia della sorte, inciampò e cadde. Gli altri atleti erano già lontani, quando riuscì ad alzarsi e a riprendere la corsa. Ciò che seguì, tuttavia, attirò l’attenzione di tutti e le fece guadagnare un riconoscimento internazionale: recuperò il tempo perso e, nell’ultimo giro, occupò il primo posto, in testa alla gara. La fine della gara rivelò uno spettacolo ormai abituale per Kayla: al primo posto, come vincitrice, e tra le braccia del suo allenatore.

 

 

Di Andreea Irimia

Fonte: https://st.network/analysis/top/in-the-arms-of-the-coach.html

Traduzione: Tiziana Calà

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