Miss America dice #MeToo

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Avevo 8 anni. Era il periodo dell’anno che preferivo. 

Vivevamo in una piccola casa bianca al bordo di un lago con due camere da letto e un bagno. Ho passato la mia infanzia in costume e con i teli da mareche si asciugavano al sole. I weekend erano una combinazione di musica live, grandi folle e falò giganteschi che battevano ogni record. L’orchestra di mio papà si mettevasul ponte della nostra casetta e suonava musica sulle fiamme danzanti. Mi sedevo sui mobili del giardino che la mamma aveva comprato all’ultimo mercatino e guardavo, ipnotizzata, il modo in cui mio padre muoveva perfettamente le bacchette della batteria a ritmo di musica. Era come una danza con una coreografia perfetta. 

Per far parte della massa in festa, io e Nikki, mio fratello maggiore, facevamo sempre in modo di avere una lattina di bibita gasata a portata di mano. Seguivo il suo esempio mentre camminava attorno al falò, con aria spensierata, tenendo il bicchiere come lo facevano gli adulti. 

Quando la musica cominciava ad affievolirsi, andavo subito a letto. Non perchétemessi di avere dei problemi o per dormire a sufficienza, ma perché, se avessi aspettato troppo a lungo, avrei potuto scoprire che un estraneo si era addormentato nel mio letto. Succedeva spesso durante le notti d’estate. Avevo 8 anni. 

Un giorno, i miei genitori mi presentarono un nuovo amico a una di queste feste. Era un uomo grande che mi ricordava un orso di peluche con i suoi capelli corti e ricci. Giocava a dei giochi di società come le mie babysitter e si sedeva con me per guardare l’orchestra. Il mio nuovo amico iniziò a passare le notti sul divano e restava tutto il weekend, invece di andare via come gli altri invitati. Uno dei nostri giochi preferiti era nuotare fino al centro del lago con il nostro grande gonfiabile. Nuotavamo sotto per proteggerci dalle mosche. A volte mi spingeva come se fossi una principessa su una barca. In occasioni speciali, il mio nuovo amico stava con noi al posto delle nostre babysitter. E, al posto di giochi di società, mi portava dei regali e delle caramelle. 

In autunno, iniziai ad andare nella classe del terzo anno della signora Heins. Un giorno mi umiliò chiedendomi davanti a tutti se partecipassi al programma che offrivapasti gratuiti. Fu lo stesso giorno in cui arrivò un ospite. 

La signorina Miller veniva dal centro di servizio alla famiglia. Con due grandi bambole, Jack e Jane, parlava dei modi appropriati e inappropriati in cui ci potevamo fare toccare. Tutta la classe si mise a ridere per la sua presentazione, ma io ero seduta con gli occhi sbarrati, le braccia incrociate sulle ginocchia. Ci mostrò dove non dovevamo mai essere toccati da qualcuno che non fossero mamma o papà.

Mi si fermò il cuore.

La signorina Miller spiegò che se i nostri genitori dovevano toccarci in quella parte del corpo, non doveva mai fare male, e che avremmo sempre potuto dire no! Tutta la classe lo ha ripetuto: No, no, no, no!

Io invece sono rimasta in silenzio. Ero troppo occupata a provare a respirare. 

Non ci vedevo bene e mi girava la testa. Mi sentivo come se qualcuno fosse seduto sul miopetto e mi stesse colpendoil cuore. In che senso, nessuno mi doveva toccare? Era lì che al mio amicopiaceva toccarmi! Sentivo che il sangue mi saliva allatesta e mi guardavo attorno per vedere se qualcuno dei miei amici se ne fosse accorto. Grazie al cielo, tutti guardavano ancora la signorina Miller e ridevano. Quando la signorina Miller iniziò a salutare, disse che tutto coloro che pensavano diessere stati “toccati inmaniere inappropriate” erano liberi diuscire nel corridoio per parlare con lei. 

“Devo parlare con lei” mi sono detta. Ma gli altri bambini vedranno che non ritorno al mio posto. Non voglio che qualcuno lo sappia. E se mi danno dei problemi? Sarò sicuramente punita, obbligata a stare nella mia stanza. Non potrò più andare dalla nonnae dal nonno a dormire. Forse era meglio restare seduta. 

Il resto della giornata trascorse in maniera nebulosa, nonriuscivo a concentrarmi. Una volta scesa dall’autobus, andaidirettamente nella mia stanza. Dissi a mia madre che avevo mal di testa e che volevo riposare. 

Le settimane che seguirono furono molto difficili. Non riuscivo a dormire ed ero sempre in ritardo a scuola.

Un giorno, tornata da scuola, mia madre mi aspettòin cucina. “Ho qualcosa che potrebbe tirarti su di morale! Il nostro amico sta venendo a farci visita!”. In quel momento sentii lo stesso sentimento che mi aveva invaso in classe quando la signorina Miller era venuta a parlare con noi. Mi sembrava che la stanza si rimpicciolisse, mi girava la testa, e c’era sempre quelpeso che mi schiacciava il petto, facendomi battere il cuore a mille. Mia madre si accorse del rossore sul mio viso.

“Mekayla Fawn, che succede?”

Iniziai spiegando tutto quello che era successo. Le parlai della signorina Miller e delle sue bambole, Jack e Jane, e che ci aveva fatto vedere come dovevamo trattare le nostre parti intime. Le dissi che il mio amico mi toccava e che non sapevo che stava facendo qualcosadi male. Le dissi anche che avevo avutotroppa paura di dirglielo perchénon volevo avere problemi. Mia madre pianse. Mi strinse contro il suo petto e piangemmoinsieme. 

Oggi ho 29 anni e nonostante questo episodiosia successo quando neavevo 8, è qualcosa che mi colpisce ancora. La mia vita non è stata più semplice dopo aver parlato con i miei genitori. Mi sembrò che, dopo aver raccontato tutto, stesse crollando il mondo. Non ho mai più visto il mio aggressore, ma mio padre è andato in prigione e mia madre, evadendo di prigione, si rifugiò in una riserva indiana in Canada.  A 11 anni, mi trovavo in uno stato penoso. Mi mancavano i miei genitori, mi sentivo completamente abbandonata e dovevo ancora gestire il trauma dell’abuso sessuale. 

Oggi, sono sposata con un uomo meraviglioso, credente, e ciononostante ci sono ancora dei momenti in cui non voglio essere nemmeno toccata. È quelloche succede alle vittime di abuso. Anche l’intimità con le persone che amiamo può farci entrare in una situazione di panico. Mi è successo di fare smorfie al contatto con miomarito!

A volte le ripercussioni del passato durano qualche giorno, ma altre volte possono durare delle settimane. Mi rendo conto di essere benedetta nell’avere un marito così comprensivo, che si ritrovare a pagare le conseguenze per le cose sbagliatefatte da un altro uomo. Come può essere giusto?

Dopo il nostro matrimonio, ho attraversato uno dei periodi più difficili: non volevo essere toccata. Le coppie appena sposate dovrebberofare tutto l’opposto! La situazione si era talmente deteriorata che parlavamo a malapena e mio marito ne ebbe abbastanza: fece quindi qualcosa che ha senza dubbio salvato il nostro matrimonio; nondimenticherò mai le sue parole. 

Una notte, lasciò la stanza e si mise davanti al computer. Mi scrisse una lettera che cambiò la mia visione dell’intimità sessuale. 

Il sesso è sempre stato uno strumento per me. Si può utilizzare per ottenere qualcosa da qualcuno, per ferire lepersone o per manipolarle. Per me era questo il sesso ed è così che è stato usato contro di me fin dall’età di 8 anni. Non sapevo che poteva essere ben altro fino a quando mio marito non condivise cosa significava per lui fare l’amore. 

Non vi dico cosa mi scrisse perchésono cose molto preziose e personali per me. Però è importante che il contenuto del messaggio venga condiviso contutti. Mio marito mi spiegò che il sesso è molto di più di un compito. Pensavo che il mio lavoro di moglie fosse “dormire” con lui quando lo voleva. Era un compito fastidiosoche a volte odiavo.

Per mio marito, il sesso non è sesso. Mi spiegò che ogni volta che eravamo in un rapporto intimo, era un legame profondo con lui. Mi disse a cosa pensava e quali erano le emozioni che provava. Era capace di spiegare dettagliatamente cosa significava per lui ogni singolo contatto. Le sue parole mi mostrarono che c’era una vera differenza tra avere un rapportosessuale e fare l’amore. La nostra cultura ha rovinato il sesso per tante persone. E gli abusi sessuali si possono superare solo dopo anni e anni. Quella lettera cambiò tutto, e senza dubbio salvò il nostro matrimonio. 

Tutte queste esperienze hanno formatola persona che sono oggi e il modo in cui vivo l’intimità. L’abuso sessuale avvelena. Non mi sorprende che tutti i consiglieri che ho visto abbiano detto ai miei professori e ai miei nonni di aspettarsi che entrassi in un vortice che mi portasse verso il basso. Dicevano che avrei probabilmente fatto uso di droghe o chesarei finita in un centro di riabilitazione. Dopo tutto, la mia infanzia è stata segnata da un abuso sessuale, dall’abbandonodei miei genitori e dalla loronegligenza. Non potevo essere semplicemente Mekayla, facevosolo parte di una statistica. 

Volevo assolutamente dimostrare a tutti loroche avevano torto. Volevo diventare unamodella o unareginetta di bellezza. Quando ero piccola, sognavo di essere una principessa. Ero distante dalla lotta contro la povertà e contro i problemi disalute mentale, lontano da tutto. Poi iniziai a guardare iconcorsi di bellezza, e vidi tutte quelle vere principesse. Mi dissi che un giorno anch’iosarei stata una di loro e cheavrei potuto aiutare altre bambine con il programma di pasti gratis, o aiutandocoloro che avevanodei genitori assenti o che avevano subitoorribili traumi, e insegnare loro che potevano cambiare il loro destino. 

Volevo essere un modello per loro e volevolavorare alla radio. Volevo essere straordinaria e far vedere a tutti ciò che Dio può fare con le creature distrutte. Volevo dimostrare al mondo che, nonostante tutto, Dio aveva un piano per me. 

Nonostante qualcosa ti abbia distrutto, Dio ha sempre un piano per te. Quando avevo 8 anni e piangevo chiusa in bagno, non avrei mai immaginato che un giorno sarei diventata Miss America. Dio ha il potere di fare delle cose per te, cose chenon puoi nemmeno immaginare. Diciamo che è il nuovo slogan del momento. Quando qualcunoti dice che Dio ha un piano per lui, puoisorridere e rispondere#MeToo. 

Mekayla Eppers, Miss America 2017

Testo originale  http://envisionmag.com/faith/mrs-america-says-metoo/

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