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Il ruolo delle relazioni nella formazione alla fede

Tutta la vita è fatta di relazioni. Siamo stati creati a immagine e somiglianza di un Dio relazionale e siamo stati predisposti alle relazioni d’amore da un Dio che esiste nelle relazioni. Le relazioni d’amore sono state concepite come strumenti per la trasmissione di legami e attaccamenti emotivamente sani, che dovevano facilitare il passaggio dell’eredità d’amore e di fede da una generazione all’altra.

Tuttavia, una delle tante conseguenze della scelta dei nostri genitori (Adamo ed Eva) di non fidarsi di Dio è stata la rottura della qualità delle nostre relazioni umane. Dalla Genesi all’Apocalisse, la Scrittura è piena di storie che raccontano di relazioni interrotte e difficili. Possiamo vedere, soprattutto nel piano di redenzione, che il Figlio del Padre sceglie di assumere l’esperienza umana per mostrare l’amore relazionale e la grazia del Padre verso i suoi figli caduti nel peccato. L’amore di Dio che guarisce e salva costituisce l’epicentro del Vangelo!

Cristo ha citato le parole profetiche di Isaia nel suo primo sermone: “Lo Spirito del Signore, di Dio, è su di me, perché il Signore mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri […]; per consolare tutti quelli che sono afflitti; per mettere, […] un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di giustizia la piantagione del Signore per mostrare la sua gloria” (Isaia 61:1-3).

Per illuminare ulteriormente le priorità della sua missione salvifica nei confronti dell’establishment religioso del tempo, la risposta di Gesù a chi gli chiedeva quale comandamento della legge fosse il più importante, censurava le percezioni e le pratiche religiose del tempo, radicate e distorte a livello generazionale. Gesù ebbe l’audacia di condensare tutta la legge e i profeti nella pratica delle relazioni d’amore. Dichiarò che amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente e amare il prossimo come noi stessi era la sintesi di tutta la legge e i profeti (cfr. Matteo 22:34-40).

In “The Spiritually Vibrant Home: The Power of Messy Prayers, Loud Tables, and Open Doors” (2023), Don Everts, pastore di una chiesa presbiteriana in un grande campus universitario, ha condotto un’indagine sulle famiglie alla ricerca di un impegno collettivo e frequente.

Everts, insieme alla nota organizzazione di ricerca Barna Group, ha collaborato allo studio Households of Faith, che ha incluso lo sviluppo di una metrica personalizzata che ha individuato negli intervistati tre comportamenti chiave: a) le pratiche spirituali, b) i dialoghi sulla spiritualità e c) l’ospitalità. In questo studio, questi tre comportamenti familiari sono stati definiti come segue: le pratiche spirituali sono state identificate come pregare ogni giorno (o quasi) e leggere settimanalmente la Bibbia. I dialoghi sulla spiritualità sono stati identificati come il parlare di Dio e della fede almeno una volta alla settimana, tutti insieme; e l’ospitalità è stata identificata come l’accogliere ospiti (che non siano membri della famiglia) su base regolare o almeno diverse volte al mese.

Sulla base di questi parametri, sono state create quattro categorie chiave per descrivere le famiglie cristiane praticanti: vibranti (25%), devozionali (33%), ospitali (14%) e dormienti (28%). Le famiglie vibranti hanno riportato le seguenti pratiche altamente relazionali, correlate alla formazione della fede.

 

Queste famiglie:

  • hanno trascorso del tempo significativo, divertendosi, con i membri della loro famiglia, stretta e allargata (membri che spesso comprendono dei bambini);
  • hanno definito la loro atmosfera domestica come “giocosa”;
  • si riunivano ogni giorno (o ogni due) per giocare, cantare, leggere libri o fare sport insieme;
  • fanno insieme colazione e cena e parlano regolarmente delle proprie emozioni (60%);
  • svolgono insieme le faccende domestiche o sistemano insieme il giardino (34%);
  • hanno organizzato riunioni domestiche o familiari (68%).

 

“Uno dei risultati più sorprendenti e incoraggianti di questo studio”, afferma Brooke Hempell, vicepresidente senior del Barna Group, “è che qualsiasi tipo di interazione, compreso il semplice divertimento, è correlato alla formazione alla fede”.

Indipendentemente dalla generazione o dalla categoria del nucleo familiare, la formazione della fede è favorita dalla creazione e dal mantenimento di relazioni affettuose, che includono il trascorrere del tempo, la promozione dell’intimità, la condivisione dei ritmi di vita e dei rituali e il divertimento con i membri del nucleo familiare, nonché con gli amici e gli altri ospiti esterni alla famiglia che entrano a far parte del nucleo familiare allargato. Questa era anche la pratica di Cristo. Egli frequentava e interagiva con i suoi discepoli nelle attività della vita quotidiana. Quando due discepoli di Giovanni Battista chiesero a Gesù dove alloggiasse, Gesù rispose: “Venite e vedrete” (Giovanni 1:39). La Parola ci dice che essi lo seguirono nel luogo in cui alloggiava e rimasero con lui, frequentandolo, e senza dubbio godettero della sua presenza gioiosa per il resto della giornata.

Trent’anni fa, il dottor John Townsend, psicologo e prolifico autore del best-seller del New York Times “Hiding From Love”, scrisse: “Così come il legame è il nostro bisogno più elementare, l’isolamento è il nostro stato più dannoso”. L’anno scorso un chirurgo generale degli Stati Uniti, il dottor Vivek Murthy, ha pubblicato un rapporto che richiamava l’attenzione sull’epidemia di solitudine che colpisce un adulto americano su due. La metà di noi è sola. Non soltanto chi vive da solo. Questo numero sconcertante comprende anche coloro che vivono insieme ad altre persone.

Quando ci uniremo a Cristo, il perfetto Creatore di relazioni, nella sua missione di redimere i suoi figli che soffrono, daremo anche priorità all’amare Dio e gli altri come noi stessi. Ci impegneremo a mostrare intenzionalmente il suo amore riparatore, la sua grazia, la sua compassione e la sua misericordia in tutte le nostre relazioni (dentro e fuori i confini della nostra famiglia) come antidoto definitivo per le persone che soffrono nel nostro mondo che soffre. Preghiamo insieme: “Affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore, siate resi capaci di […] conoscere questo amore [di Cristo] che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Efesini 3:16-19).

 

 

Di Dr. Cesar e Carolann De León; César De León, Ph.D., M.Div, LMFT, è un terapeuta matrimoniale e familiare autorizzato e un ministro consacrato. Carolann De León, M.S.MFT, MAPM, RN, è un’infermiera registrata e una terapista matrimoniale e familiare. Attualmente i due sono direttori dei Ministeri della Famiglia per la chiesa avventista del Nord America. Entrambi gioiscono nel servire e nel dare forza alle singole persone, ai matrimoni e alle famiglie per mostrare Cristo nelle loro relazioni.

Fonte: https://www.messagemagazine.com/issues/2024-september-october/connect-to-live/

Traduzione: Tiziana Calà

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