“Prigioniero” in terra straniera

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Sono prigioniero in terra straniera! Beh, non proprio. Sono qui per mia volontà e l’Australia è stata buona con me dandomi, non per ultimo, mia moglie.

Ma non mi aspettavo di finire a vivere qui al termine dei miei studi, e mi chiedo quando Dio e mia moglie riterranno opportuno che io mi ritrasferisca, tornando a casa. È facile che mi ritrovi a scrutare gli articoli di giornale alla ricerca delle parole “Nuova Zelanda” che, in un mare di inchiostro, risaltano in modo sorprendente per un espatriato malinconico che pensa a “casa”.

Essendo lontano da quella casa e assorbito dalla cultura di un paese più grande, sono sorpreso nel riconoscere che non sono solo quando vedo i nomi luminosi di coloro che presumevo appartenessero naturalmente al luogo in cui ora vivono. Michael J. Fox, Keanu Reeves e William Shattner sono canadesi che vivono negli Stati Uniti: sono solo alcuni dei nomi di coloro che vivono lontano da “casa”.

La terra non è la mia casa. Non questa vecchia terra, almeno. Mentre lo dico mi vengono in mente le parole dell’inno “This World is Not my Home” (letteralmente, Questo mondo non è casa mia). Che la Russia conquisti l’Ucraina o che io venga sfollato da dove vivo attualmente a causa dell’innalzamento del livello del mare, questa terra non è la mia casa. E anche se devo beneficiarne al massimo per il breve tempo in cui sono qui e invitare altre persone nel regno di Dio, credo di dover sempre adottare questa prospettiva.

Anche se preferirei non immaginare di crescere imparando la lingua di una nazione invasore con la crudeltà delle sue pratiche di allora, ci sono cose ben peggiori che possiamo sperimentare che vivere sotto una forza di occupazione. Biblicamente lo vediamo, e non credo che i tempi siano cambiati agli occhi di Dio. Dio e il patriottismo sono stati invocati nell’ultima guerra mondiale, e sì, ho detto di aver apprezzato i benefici per la mia famiglia, la mia cultura e la mia libertà, perché “il mio Dio” ha permesso ai miei antenati di vincere la battaglia. Tuttavia, se la storia di Israele e della “piccola serva” sotto il controllo siriano ci dice qualcosa (e anche il fatto che Dio abbia permesso l’esilio babilonese) è che Dio si preoccupa molto di più dello stato spirituale di una persona che del suo benessere fisico e, sì, anche emotivo.

Non sono le parole più confortanti, lo so, soprattutto mentre assistiamo agli sviluppi della più grande minaccia alla pace mondiale da almeno 60 anni a questa parte. Ma dovrebbero essere di conforto. Lo stesso Dio che ha permesso alla vedova di Sarepta di farcela, che ha sostenuto Elia nel deserto e che ha sostenuto una bambina che stava facendo ciò che le era stato detto di fare e che nel frattempo lo onorava, sosterrà anche voi, se mai dovesse arrivare quel momento.

 

 

Di Arthur Hudson, pastore della Conferenza di Greater Sydney

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2022/07/27/prisoner-in-a-foreign-land/

Traduzione: Tiziana Calà

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