La strana richiesta

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Come rispondereste se vi chiedessero: ti prenderesti cura del mio furetto? Taglieresti la mia cravatta? È finita nel tritatutto. Pensare a queste richieste può far sorridere, far ridere o forse far venire in mente una richiesta altrettanto strana che avete fatto a qualcuno o che vi è stata fatta.

Pensando alle richieste strane, una delle più strane che si trovano nella Bibbia fu fatta da un generale arameo (1). E la risposta che questo grande generale ricevette fornisce una bella visione della natura di Dio. Può anche aiutarci nell’interazione con coloro che hanno diverse convinzioni religiose. Ma analizziamo prima il contesto.

Gli aramei erano i vicini settentrionali dell’antico Israele, dei vicini “difficili”. Come lo sappiamo? Perché la serva di questo generale era una giovane ebrea, che era stata rapita da un villaggio israelita appena oltre il confine da bande di predoni di Aram. Per un generale dell’esercito, tali azioni contro il nemico erano una misura del suo successo, quindi non sorprende che questo generale fosse tenuto in grande considerazione dal suo re. Tuttavia, questo generale aveva un problema: aveva la lebbra!

Se avete familiarità con le storie dell’Antico Testamento, probabilmente avete indovinato il suo nome: Naaman! La sua storia si trova in 2 Re, capitolo 5. Nel versetto 1 leggiamo:

“Naaman, capo dell’esercito del re di Siria, era un uomo tenuto in grande stima e onore presso il suo signore, perché per mezzo di lui il Signore aveva reso vittoriosa la Siria; ma quest’uomo, forte e coraggioso, era lebbroso”.

Argh! Era come se gli fosse stato diagnosticato un cancro terminale al quarto stadio! Eccolo qui, un uomo di successo, influente, con una moglie devota, un uomo che aveva la stima e il rispetto del suo re, che viveva con una condanna a morte. Che cosa terribile!

Forse siete in forma, state bene e amate la vita, quindi questa situazione non attira particolarmente la vostra attenzione. Ma penso che tutti noi sappiamo, almeno in parte, come potesse sentirsi Naaman: si tratta della sensazione di essere mortale. In questo senso, tutti noi viviamo con una condanna a morte. Questo non è mai stato il piano del Dio Creatore. E sì, è una cosa orribile.

Ogni persona, afferma Matthew Henry, “ha qualche difetto nel suo carattere; qualcosa che lo macchia e lo rimpicciolisce; qualcosa che si mischia alla sua grandezza, qualcosa che rovina la sua gioia; può essere molto felice, molto buono, eppure, in qualche aspetto, non così buono come dovrebbe essere, né così felice come sarebbe davvero. Naaman era quanto di più potente il mondo potesse farlo diventare, eppure lo schiavo più umile della Siria non avrebbe cambiato pelle con lui”.

In Israele, un lebbroso veniva costretto a vivere da solo. In Siria, invece, la lebbra non rappresentava un ostacolo alla società umana né a cariche di fiducia e di onore. Non sappiamo fino a che punto la condizione di Naaman fosse progredita. Anche se era agli stadi iniziali, tutti avrebbero riconosciuto i segni e la deturpazione che ne sarebbe derivata. Si può solo immaginare l’imbarazzo e la frustrazione che Naaman provava. Naaman era disperato, eppure non aveva una soluzione al suo dilemma profondamente personale, proprio come noi non abbiamo una risposta al nostro dilemma profondamente personale della mortalità.

Poi, da una fonte sorprendente, giunse a Naaman un suggerimento, sorprendente per l’incredibile squilibrio di potere tra Naaman e colei che suggeriva l’idea. Ricordate quella bambina che era stata fatta prigioniera da bande di predoni aramei? Questa disse alla sua padrona: “Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che sta a Samaria! Egli lo libererebbe dalla sua lebbra” (2 Re 5:3). Wow! Riuscite a immaginare di condividere un’idea del genere se vi trovaste nelle condizioni di questa bambina? Era stata fatta prigioniera, i membri della sua famiglia erano stati uccisi, provava una grandissima nostalgia di casa e, come se non bastasse, lavorava come schiava per la moglie del generale che comandava le bande di predoni che l’avevano ingiustamente rapita e fatta precipitare in quella situazione. Aggiungere qualche maledizione all’orribile dilemma di Naaman potrebbe essere stato allettante per questa giovane schiava. “Che le pulci di mille cammelli infestino le sue ascelle!”. Ma sto divagando.

Naaman ascolta. Nel suo cuore nasce la speranza. Riflette: potrei essere di nuovo “sano”? Naaman agisce. Parla con il suo re, che gli risponde: “Ebbene, va’; io manderò una lettera al re d’Israele” (2 Re 5:4).

La lettera è semplice e diretta: “Quando questa lettera ti sarà giunta, saprai che ti mando Naaman, mio servitore, perché tu lo guarisca dalla sua lebbra” (2 Re 5:6). Come si addice a persone reali e importanti, la lettera è accompagnata da una grande borsa di denaro. Naaman partì da Aram portando con sé “dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci cambi di vestiario” (2 Re 5:6). In termini moderni, un valore di quasi tre milioni di euro!

Dove si trovava il re d’Israele? Il re Ioram aveva il suo palazzo a Izreel. Si trovava al di là del fiume Giordano, in territorio nemico di Naaman. Immaginate la vulnerabilità e la cautela del suo seguito durante il viaggio. Si scoprì che anche il re d’Israele si sentiva vulnerabile per l’arrivo di Naaman. Non appena il re d’Israele lesse la lettera, si stracciò le vesti e disse: “Io sono forse Dio, con il potere di far morire e vivere, ché costui mi chieda di guarire un uomo dalla lebbra? È cosa certa ed evidente che egli cerca pretesti contro di me” (2 Re 5:7). Ioram pensava che si trattasse di un trucco che si sarebbe ritorto contro di lui. E aveva buone ragioni per essere cauto. Come figlio di Acab e di Izebel, aveva senza dubbio assistito alla sua parte di intrighi all’interno del suo paese, per non parlare della fiducia nelle parole di un generale nemico!

Quando Eliseo venne a conoscenza di ciò che il re aveva fatto, inviò un messaggio urgente: “Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga pure da me, e vedrà che c’è un profeta in Israele” (2 Re 5:8). Così Naaman si inoltrò ancora di più nel territorio nemico con i suoi cavalli e i suoi carri, fino a raggiungere la porta della casa di Eliseo.

Si potrebbe pensare che l’audace invito di Eliseo significava che egli fosse desideroso di incontrare Naaman e di assicurarsi che questi sapesse che c’era un profeta in Israele… e non doveva cercare oltre, sarebbe stato proprio lì! Sembrava che anche Naaman fosse della stessa idea. Come lo sappiamo? Beh, Eliseo non andò mai alla porta. Mandò invece un messaggero con le seguenti istruzioni per Naaman: “Va’, lavati sette volte nel Giordano; la tua carne tornerà sana, e tu sarai puro” (2 Re 5:10). All’udire ciò, Naaman andò su tutte le furie. Lo si può immaginare mentre torna dai suoi servitori, imprecando, bestemmiando e gridando: “Ecco, io pensavo: egli [il profeta] uscirà senza dubbio incontro a me, si fermerà là, invocherà il nome del Signore, del suo Dio, agiterà la mano sulla parte malata, e guarirà il lebbroso”.

Naaman continuò a inveire. La sua sfuriata si concentrava su quanto fossero migliori i fiumi di casa rispetto a “tutte le acque d’Israele” (2 Re 5:12). Era come se dicesse: “Sentite, se l’acqua è parte della soluzione, allora procuriamoci dell’acqua pulita come si deve. So dove si trova dell’acqua veramente buona, e non è di certo in questo paese!”.

Naaman non aveva colto il punto. Non era lui la fonte della guarigione. L’acqua non era la fonte della guarigione, anche se sappiamo che l’acqua rappresenta una grande metafora della vera fonte della guarigione: il Dio d’Israele. Molti secoli dopo, il figlio di Dio, Gesù, il Cristo, affermò che Dio stesso è l’acqua della vita (cfr. Giovanni 4:14), nonché la fonte della guarigione. Tutto questo era nuovo per Naaman. Aveva molto da imparare e molto da disimparare, proprio come me e, forse, proprio come voi.

Siamo fortunati quando abbiamo amici e collaboratori che ci aiutano a vedere il senso di una situazione che detestiamo. Naaman è stato fortunato. I suoi servi andarono da lui e gli dissero: “Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una cosa difficile, tu non l’avresti fatta? Quanto più ora che egli ti ha detto: Lavati, e sarai guarito?” (2 Re 5:13).

Così Naaman andò…

Da bambino, ascoltando la storia di Naaman e vedendo i libri illustrati di questa storia, ho sempre immaginato che Eliseo vivesse sulle rive del fiume e potesse guardare fuori dalla finestra per controllare che Naaman facesse ciò che gli era stato detto. Ma non era così. Una ricerca su Google indica che ci vogliono 1 ora e 8 minuti per percorrere in auto i 51,4 chilometri da Samaria al fiume Giordano. Per Naaman e i suoi servitori, che utilizzavano cavalli e carri e trasportavano circa 300 kg di argento (4), oltre a oro, vestiti e provviste, il viaggio avrebbe richiesto un’intera giornata. Naaman ebbe certamente il tempo di riflettere sulle istruzioni che gli erano state date. Avrebbe seguito le istruzioni? E voi, le avreste seguite?

Naaman scese e si immerse nel Giordano per sette volte, come gli aveva detto l’uomo di Dio, e la sua pelle venne risanata e divenne pulita come quella di un bambino (cfr. 2 Re 5:14). Ecco un momento incomprensibile. Era come vincere alla lotteria! Naturalmente, non lo era. Questo evento era molto, molto meglio! Naaman aveva con sé il premio della lotteria, che non significava nulla in confronto a questa guarigione. Wow! Se prima gridava per lamentarsi e protestare, forse ora ringraziava con grida estatiche di pura gioia.

Tutti noi abbiamo questo bisogno di essere guariti. Il nostro primo grande bisogno di guarigione riguarda la nostra incomprensione del Dio amorevole in cui molti credono. Come Lutero, impariamo a odiare l’idea di giustizia perché vediamo in essa, a torto, un Dio che non è amorevole.

“Pur vivendo da monaco, sentivo di essere un peccatore davanti a Dio, con una coscienza estremamente sporca. Non potevo credere che fosse placato dalla mia soddisfazione. Non amavo, anzi odiavo il Dio giusto che punisce i peccatori, e segretamente, se non blasfemamente, certo mormorando molto, mi arrabbiavo con Dio e dicevo: Come se non bastasse che dei miseri peccatori, eternamente perduti a causa del peccato originale, siano schiacciati da ogni tipo di calamità dalla legge del decalogo, senza che Dio aggiunga dolore al dolore con il Vangelo, e che il Vangelo ci minacci con la sua giustizia e la sua ira!”.

Eppure, come Naaman, che secoli prima era uscito dall’acqua in estasi, lavato e purificato, Lutero esclamò: “Ho esaltato la mia parola più dolce con un amore tanto grande quanto l’odio con cui prima avevo odiato l’espressione giustizia di Dio”.

Cosa pensate sia successo dopo? Immagino che Naaman fosse ansioso di tornare da Eliseo per condividere la buona notizia. Forse ha legato l’argento e i beni per assicurarsi che non rimbalzassero fuori da un carro in rapido movimento?

Quando arrivarono alla porta di Eliseo, Naaman si presentò davanti a lui e disse: “Ecco, io riconosco adesso che non c’è nessun Dio in tutta la terra, fuorché in Israele. E ora, ti prego, accetta un regalo dal tuo servo” (2 Re 5:15). Eh? Che cosa? Eliseo rifiutò. Naaman esortò Eliseo ad accettare, ma Eliseo rifiutò di nuovo.

Il rifiuto di Eliseo divenne un punto di riferimento per Naaman che fece una delle richieste più strane che potessi mai immaginare. Naaman disse a Eliseo: “Poiché non vuoi [accettare e ricevere il mio dono], permetti almeno che io, tuo servo, mi faccia dare tanta terra quanta ne porteranno due muli”. Che strano!

Michael Heiser afferma che “l’insolita richiesta di Naaman deriva dalla concezione antica e biblica secondo cui la terra è il luogo di una guerra cosmica per il territorio. Naaman voleva della terra da Israele perché Israele era il territorio di Yahweh. La terra che si trovava nel territorio di Yahweh era terra santa”. Come avreste risposto a una simile richiesta? Come avrei risposto io? Come avrebbero risposto molti pastori e ministri della nostra chiesa? Avremmo voluto chiarire le opinioni di Naaman riguardo alla sua strana teologia?

Naaman aveva rivelato il suo cambiamento teologico: “poiché il tuo servo non offrirà più olocausti e sacrifici ad altri dèi, ma solo al Signore”. Per questo aveva bisogno della terra. Yahweh era il Dio d’Israele e quindi operava nella loro terra [Israele], fino ai confini, ma non oltre. Quindi, per adorare il Signore, aveva bisogno di terra israelita, nel vero senso della parola. Naaman aveva anche un altro problema. Egli espose il problema a Eliseo: “Tuttavia il Signore voglia perdonare una cosa al tuo servo: quando il re, mio signore, entra nella casa di Rimmon per adorare, e si appoggia al mio braccio, anch’io mi prostro nel tempio di Rimmon. Voglia il Signore perdonare a me, tuo servo, quando io mi prostrerò così nel tempio di Rimmon!” (2 Re 5:18).

“Va’ in pace!”, disse Eliseo (2 Re 5:19).

Wow! Naaman stava tornando nel suo paese d’origine, impegnato ad adorare solo Yahweh. Lo avrebbe fatto in una cultura che non aveva la minima idea di chi o cosa fosse il Dio d’Israele. Tuttavia, Naaman ora conosceva il Dio d’Israele. Aveva sperimentato in prima persona la guarigione per mezzo di Yahweh. Non sarebbe tornato alle sue altre divinità. Progettava di adorare Yahweh nel suo piccolo pezzo di terra israelita, per poi portare la sua esperienza in tutti i luoghi in cui qualsiasi israelita si sarebbe semplicemente rifiutato di andare.

“Va’ in pace!”, disse Eliseo.

Tutto questo, tutti questi incontri straordinari, sono stati resi possibili dall’idea di un’umile serva. Vi siete mai sentiti insignificanti e avete fatto fatica a credere di poter fare la differenza? L’apertura a Dio permette di operare trasformazioni incredibili, a condizione di essere disposti a diventare servitori di Gesù.

E così, quando incontro coloro che sperimentano la buona notizia di un Dio amorevole, un Dio che porta completezza e guarigione, sono tentata di insistere nel correggere il loro pensiero perché il loro stile di vita è diverso dal mio? Mi sento offeso perché credono ancora in altre filosofie diverse dalle mie? Permetto che le loro stranezze culturali mi irritino? Oppure, sono disposto a celebrare e a meravigliarmi dell’esperienza e, come Eliseo, a dire semplicemente “Va’ in pace!”?.

 

1-Aram è il nome di un regno della Siria meridionale, la cui capitale era Damasco

2-Un talento babilonese pesava circa 30 kg

 

 

Di Craig Mattner, insegnante di matematica e fotografia al Prescott College Southern, Adelaide

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2022/11/22/the-strange-request/

Traduzione: Tiziana Calà

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