Dici sul serio?

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Incolpare gli altri è un’abitudine vecchia come il mondo.

 

Immaginate, se volete, uno dei momenti più drammatici della verità presente nelle Scritture. Ebbene, considerando i numerosi e ispirati resoconti degli eventi che compongono l’Antico e il Nuovo Testamento e la loro importanza cosmica, questo potrebbe non essere veramente tra i più profondi, ma si trova nel libro dell’Esodo.

Mosè è appena tornato dal Monte Sinai con quelle due tavolette di pietra sotto il braccio. Tornando ai piedi della montagna, ai margini dell’accampamento del popolo di Dio, Mosè li scopre danzare intorno a un idolo dorato a forma di vitello. Abbastanza famoso per il suo temperamento (ricordiamo l’assassinio in Egitto, il colpo della roccia per produrre acqua), Mosè perde le staffe. Getta le due tavolette di pietra, facendole a pezzi. Riduce furiosamente in polvere l’idolo d’oro, sparge la polvere sull’acqua e la fa bere ai figli d’Israele.

Poi, dopo tutto questo, Mosè si rivolge a suo fratello maggiore, Aronne, che aveva lasciato al comando mentre era in una “conferenza personale” con Dio. Fondamentalmente gli chiede: “A cosa stavi pensando?”.

La risposta di Aronne è stata sicuramente ripetuta in una forma o nell’altra milioni di volte da chiunque sia stato mai colto in flagrante. “Sai com’è fatta sta gente, Mosè. Sono venuti da me a chiedermi di fargli un vitello d’oro”. E, proprio come dice la Scrittura, ecco cosa dice Aronne: “Io ho detto loro: Chi ha dell’oro se lo levi di dosso! Essi me l’hanno dato; io l’ho buttato nel fuoco e ne è venuto fuori questo vitello” (Esodo 32:24).

Provenendo da una lunga e multigenerazionale riverenza per le parole della Scrittura, come è appropriato data la sua sacralità, sono tra coloro che sono stati cresciuti nella tradizione che niente, nessun altro libro o oggetto di qualsiasi tipo, dovrebbe poggiare sulla Sacra Bibbia. Sono consapevole che alcuni potrebbero vederci una sorta di bibliolatria, un culto delle cose, della “creatura [un libro fatto di inchiostro, carta sottile, colla e forse anche di pelle autentica] invece del Creatore” (Romani 1:25). Alcuni potrebbero ribattere che è stato l’essere umano a fare il libro. Ma non bisogna dimenticare che, come dice l’apostolo Giovanni che “Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta” (Giovanni 1:3).

All’inizio può quindi essere un po’ sconcertante considerando la risposta spaventosamente insipida di Aronne a suo fratello Mosè, che potrebbe anche strappare una qualche specie di sorriso. “Io l’ho buttato nel fuoco e ne è venuto fuori questo vitello”. Chi può leggere questa frase senza nemmeno un ghigno? È troppo simile a quando si becca un bambino con la mano nel barattolo dei biscotti e gli si chiede: “Perché l’hai fatto?”.

Infatti, questa domanda “Perché?”, mi ha sempre fatto riflettere sul motivo per cui rivolgiamo spesso questa domanda ai nostri figli. “Perché hai dato un pizzicotto a tuo fratello? Perché non hai consegnato i tuoi compiti? Perché hai rubato quella barretta di cioccolato dal bancone del negozio?”. Ci aspettiamo davvero una risposta ragionevole?

In un varietà televisivo di tanto tempo fa, un comico, Flip Wilson, interpretava un personaggio di nome Geraldine. Geraldine si è spesso trovata di fronte a questa stessa domanda, sul perché avesse fatto qualcosa di sbagliato. La sua risposta, spesso, era “Il diavolo mi ha costretta a farlo!”.

Questo suggerisce, in un certo senso, l’ennesimo momento di verità della Scrittura in cui, in questo caso, due trasgressori vengono scoperti e si confrontano. Non c’è modo di sapere quanto tempo l’umanità sia stata sulla terra prima che accadesse, ma la notizia appare già in Genesi 3; “Genesi” definita come “origine”, l’inizio stesso dell’uomo e della donna. Accede dopo soli due capitoli “dall’inizio”, l’inizio letteralmente di tutto.

Adamo ed Eva, questa coppia creata da Dio stesso, si nascosero quando Dio venne, come era ormai sua abitudine, a cercarli. “Dove sei?”, chiese, come se, nella sua onniscienza, non lo sapesse.

“Ho avuto paura”, rispose Adamo, “perché ero nudo, e mi sono nascosto”.

“Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell’albero, che ti avevo comandato di non mangiare?”, chiese ancora, come se non lo sapesse.

Così Adamo ed Eva, proprio all’origine del mondo, sembrano “cadere dalle nuvole”, proprio come Aronne, qualche migliaio di anni dopo; le loro risposte alle domande di Dio, in tutta la loro umanità, strappano un sorriso ironico e consapevole. È il primissimo esempio di “scarica barile”, del puntare il dito contro l’altro. Adamo incolpa la moglie, Eva incolpa il serpente.

Naturalmente, non si può ignorare la gravità assoluta della situazione. Dopo tutto, questo è stato il risultato immediato di quella che è stata chiamata “la caduta”. Ma chi può leggere questo episodio senza almeno una briciola di ironia sulla situazione e di auto-ironia, nel rivedersi?

 

 

Di Gary Swanson, è editore di Perspective Digest, una pubblicazione online della Adventist Theological Society Teologica Avventista.

Fonte: https://www.adventistreview.org/seriously

Traduzione: Tiziana Calà

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