Richard Lehmann – Da zero a Presidente d’Unione: quando Dio è all’opera

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Ci sono persone che ammiriamo, che ci ispirano e di cui invidiamo la forza, il coraggio, la spiritualità e la vita. Ma conosciamo quello che hanno passato e sopportato per arrivare ad avere quelle caratteristiche o ricoprire determinate posizioni? Saremmo pronti a metterci nei loro panni, rivivendo il loro percorso? Richard Lehmann è conosciuto nel mondo avventista per la sua formazione professionale, la sua saggezza e i suoi libri. Come altri grandi uomini moderni e della Bibbia, anche lui ha sperimentato il “deserto” e le relative difficoltà. È questo aspetto personale e più intimo che scoprirete qui.

La chiamata di Dio

Sono nato nei Vosgi all’inizio dell’ultima guerra, dopo lo spostamento degli abitanti di Strasburgo a causa dell’avanzata tedesca. Più tardi, i miei genitori sono tornati in Alsazia, dove sono cresciuto. La mia famiglia era più o meno religiosa. A me piaceva la chiesa cattolica, dove sono anche stato battezzato e dove ho fatto la mia prima comunione; avevo anche l’abitudine di frequentare il convento dei Cappuccini vicino casa nostra.

Dopo qualche tempo, mia madre si ammalò e iniziò a cercare nelle altre religioni delle risposte alle sue domande esistenziali, motivi che spiegassero perché non riusciva a guarire. Un giorno, si inginocchiò in salotto e chiese a Dio di aiutarla. Dopo essersi alzata, tornò a fare le pulizie e accese la radio; capitò per caso alla fine di un’emissione, giusto il tempo di sentire il presentatore dire “E questa era la Voce della Speranza, BP 303, Parigi 13ème”. Questa frase attirò la sua attenzione, così tanto da spingerla a segnarsi l’indirizzo. Ed è così che è nato tutto, con un’assistente pastorale che veniva per darle studi biblici, percorso che l’ha vista diventare avventista.

Io non ero d’accordo con questo suo cambiamento. Ero cattolico, seguivo il catechismo e il suo rispettare il sabato mi infastidiva molto. Convinta della sua nuova fede, aprì la Bibbia davanti a me a Esodo 20, chiedendomi di confrontare questo testo con quello che mi veniva insegnato a catechismo, che continuavo a difendere a spada tratta. È stato uno shock per me, un colpo anche per la mia autostima. Avevo 12 anni quando è successo e la mia reazione è stata…quella di diventare agnostico! Non volevo dirle che aveva ragione perché avrebbe significato ammettere che io avevo torto ma sapevo anche che dire che erano i cattolici ad aver ragione, significava dare più valore al mio catechismo rispetto che alla Bibbia.

Nonostante fossi riluttante, mia madre mi mandò in un campeggio estivo della Chiesa Avventista, dove ho stretto tantissime amicizie. Una volta finita questa esperienza, per ritrovare i miei amici, ho iniziato a frequentare il gruppo giovani della chiesa. Sono nati così dei legami forti e man mano abbiamo iniziato e continuato a crescere insieme.

All’epoca frequentavo la scuola pubblica di Koenigshoffen, nella periferia di Strasburgo; mia madre mi propose però di andare in una scuola avventista, che era proprio a Strasburgo. Ho finito per accettare la sua proposta, e il numero dei miei amici avventisti è cresciuto ancora di più. Ho iniziato a osservare il sabato. Dopo aver conseguito il “Certificato di Studi Primari” (un diploma che in passato caratterizzava la fine degli studi primari in Francia), ho scelto di andare in un centro di apprendimento ebraico, in modo da avere il sabato libero; lì ho preparato il mio “Certificato di Apprendimento Professionale” per diventare elettricista.

Al termine degli studi, ho superato un concorso per iniziare una formazione come frigorista a Parigi. È stato allora che ho deciso di farmi battezzare; mi sembrava tutto una grande avventura: vivere da solo a 17 anni, in una grande metropoli a me sconosciuta. Sentivo di aver bisogno dell’aiuto del Signore ed è per questo motivo che ho deciso di stringere questo patto.

Quando sono arrivato a Parigi, da grande divoratore di libri quale sono, ho letto molto; sono rimasto colpito in particolare dalle biografie di Livingstone e di William Carrey. Questi due missionari mi hanno fatto venire voglia di partire in missione in Africa. Ma sapevo che per farlo, avrei dovuto seguire tutta una formazione specifica.

Ho terminato gli studi come frigorista a 18 anni e sono tornato a Strasburgo, con l’obiettivo di trovare lavoro per aiutare i miei genitori. Ho anche dovuto fare i miei due anni di leva, che all’epoca erano obbligatori. Ho quindi rimandato la mia vocazione missionaria, sperando di poter partire in un secondo momento.

Il sentiero tortuoso dello studio

Un giorno, Michel Grisier, pastore a Strasburgo, mi ha chiamato, perché aveva bisogno di un elettricista per eseguire dei lavori per la chiesa. In quell’occasione, abbiamo parlato del mio futuro, del mio desiderio di servire Dio come missionario e dell’ostacolo che mi tratteneva: i soldi. Fu allora che mi spiegò che lui aveva lavorato come colportore in Bretagna e che la vendita dei libri gli aveva permesso di pagare la retta di Collonges; mi suggerì quindi di fare lo stesso. La settimana seguente, durante una riunione, chiese al Presidente, il fratello Charles Winandy, di autorizzarmi ad andare a fare il colportore in Alsazia, per raccogliere fondi per la mia retta di Collonges. Era a favore, ma c’era un problema: non avevo nessuna formazione per vendere libri. Avevo già fatto del porta a porta, per vendere il giornale “Jeunesse”, ma fare il colportore era tutta un’altra storia. Pronto per l’avventura, dopo qualche giorno ho iniziato; ho lasciato il negozio di elettrodomestici dove lavoravo e l’ho fatto senza grandi difficoltà, visto che non lavoravo davvero come frigorista e che tutto quello che avevo scoperto lì, ovvero delle maniere di prendersi gioco del cliente, non mi piaceva per niente. Così ho colto questa occasione, limitandomi però alla vendita delle riviste. Devo anche dire che quando comunicai a mia madre la decisione presa, nonostante i rimpianti per non riuscire a essere per loro un aiuto nell’economia familiare, lei mi disse: “Sai, era da tanto che pregavo per questo!”

La casa editrice “Vie et Santé” mi inviò le riviste “Signes des Temps”, e “Vie et Santé”, naturalmente obsolete! Mi ero prefissato l’obiettivo di vendere 70 confezioni da 3, ovvero 210 riviste al giorno. Per fare questo, ogni mattina prendevo l’autobus o il treno per raggiungere i paesini circostanti. Andavo di porta in porta con un’unica frase pronta: “Salve signora, sono uno studente e vendo queste riveste per pagarmi gli studi. Tre riviste per 1 franco”. Tutto qui, non sapevo cos’altro dire. Ma, incredibilmente, funzionava! Quasi ogni settimana, ricevevo dei pacchi dalla casa editrice. Avevo come obiettivo quello di riuscire a mettere da parte almeno un terzo delle tasse scolastiche; una parte infatti sarebbe stata coperta dalla casa editrice stessa e l’ultima parte dell’Unione, se non mi sbaglio.

E così sono finalmente arrivato a Collonges. Mi sono iscritto a quello che allora si chiamava corso d’evangelizzazione. Ma non avendo un diploma di maturità, ho scoperto non avere il livello richiesto per entrare nella facoltà di teologia, cosa che mi rendeva necessario frequentare un anno di scuola, un altro. Mi sono iscritto quindi a un nuovo anno, insieme a René Augsburger, il mio compagno di stanza, che aveva studiato in Austria.

Il mio primo saggio in francese dovrebbe essere conservato negli annali! Il docente iniziò a distribuire i compiti ai vari studenti, a partire dai voti più alti. Alcuni avevano preso 10, altri 8, 6… e io non avevo ancora ricevuto il mio! Poi l’insegnante fece il mio nome, chiedendomi da dove venissi. Spiegai che venivo da Strasburgo, dove avevo studiato in un centro di formazione. Con un tono che non dimenticherò mai, disse pubblicamente che mi aveva dato il voto di 0,5 solo per l’inchiostro usato, perché per il resto, il mio francese era terribile. Fu uno shock per me, ero devastato. A pranzo rientrai nella mia stanza e pregai il Signore, dicendogli che se voleva davvero che diventassi missionario, avrebbe dovuto fare un grande miracolo in me… esattamente quello che poi è successo!

Dopo un anno, e con l’inizio del colportaggio estivo, in Bretagna (questa volta vendendo libri), sono finalmente entrato al corso di evangelizzazione! Ma un nuovo colpo di scena mi aspettava. Il Pastore Fridlin, Presidente della Divisione, informò infatti gli studenti che d’ora in poi, per andare in Africa, era necessario avere almeno un diploma di laurea. Queste informazioni vennero confermate dal mio consigliere, Raoul Dederen; sono quindi dovuto ritornare sui banchi di scuola. Il mio percorso si stava rivelando ricco di ostacoli e la fine era ben lontana. A giugno presi il mio primo diploma, andando alla sessione di ripescaggio di settembre. Pur non avendo i punti necessari, venni ripescato.

Dopo tutto questo, dovetti partire come militare. Facevo qualche lavoretto di ritinteggiatura a Collonges quando venni convocato all’ospedale militare di Nancy, per sottopormi a un elettroencefalogramma; infatti, durante i colloqui preparatori per l’esercito, mi era stato chiesto se avessi mai avuto episodi di svenimento, cosa che mi era successa una volta, mentre mi trovavo nel refettorio di Collonges. L’esercito prese la cosa molto seriamente, a tal punto che venni congedato in maniera definitiva. Non dovevo quindi servire come militare per quei famosi due anni obbligatori: decisamente una bellissima notizia, quasi faticavo a crederci! Sono quindi ritornato a Collonges, iscrivendomi all’ultimo anno delle superiori con due mesi di ritardo.

Durante i miei studi, avevo l’abitudine di prendermi del tempo per me, dalle 12 alle 14, per leggere gli scritti di Ellen White, soffermandomi in particolar modo su un passaggio che sembrava essere rivolto direttamente a me: era un testo dove, nelle “Testimonianze per la chiesa, Volume 2” Ellen White dichiara che i giovani dovrebbero proseguire gli studi il più a lungo possibile, “raggiungendo non solamente il livello delle classi medie ma l’élite della società”. Leggere queste parole mi creava un certo disagio. Mi ritrovavo ad aver appena preso il mio “primo” diploma ed ero rimasto indietro nel mio ultimo anno di liceo, a causa del servizio militare. Così feci un patto con il Signore. Se davvero dovevo proseguire con gli studi, avrei avuto bisogno di una menzione durante il mio ultimo anno di liceo. Avevo fissato un obiettivo molto alto, forse anche per sentirmi esonerato dall’obbligo di stare sui libri ancora a lungo. Raggiungere quel risultato sembrava altamente improbabile. Ma quando mi sono diplomato, con tanto di menzione, non potevo più tirarmi indietro.

Tuttavia, il percorso non si preannunciava privo di ostacoli. Ho proseguito i miei studi a Ginevra, iscrivendomi a Scienze Morali, della Facoltà di Lettere e Filosofia. Durante il primo anno, gli studenti (me compreso) vennero informati dell’imminente annullamento del corso di laurea: questo significava che noi saremmo stati gli ultimi a laurearsi in quella materia, il che implicava doversi laureare in tempo. La cosa per me era infattibile, visto che in contemporanea stavo studiando teologia a Collonges. Ero di fronte a un nuovo ostacolo, dovevo trovare una nuova strada. Sono quindi entrato alla facoltà di scienze economiche e sociali, per prendere una laurea di primo livello in scienze sociali. Venni ammesso al secondo anno, con la riserva di passare tutti gli esami del primo anno; mi trovavo quindi a studiare sui libri del primo anno, pur continuando a frequentare il secondo anno e i corsi a Collonges. Una volta laureato in teologia, ho continuato a studiare a Ginevra, mentre insegnavo storia all’istituto scolastico “Maurice Tièche”.

Finalmente in Africa!

Si può dire, ovviamente, che la mia carriera scolastica è stata ricca di ostacoli, tutte occasioni utili per continuare a “combattere”, per diventare più forte, per rafforzare il mio rapporto con il Signore. Il Dio dell’impossibile ha trasformato ogni montagna in una pianura “sassosa” ma percorribile. Con le mie due lauree in mano, era finalmente arrivato il momento di andare in missione in Africa. Nel frattempo, io e Tania ci eravamo sposati e anche lei aveva abbracciato la mia vocazione.

Nel 1967, abbiamo risposto a una chiamata in Camerun, dove sarei stato formatore presso la facoltà avventista di Nanga-Eboko, al servizio dell’Unione dell’Africa equatoriale. E così, ho passato due anni in un’aula, per formare due studenti a diventare pastori. Non era quello che mi ero immaginato della missione; mi vedevo meglio a camminare per le strade, predicando la Parola di Dio, tanto che ho formato altri missionari per creare una campagna evangelistica nel villaggio vicino!

Dato che i corsi non mi comportavano un grandissimo lavoro di correzione compiti, dopo due anni in Africa decisi di iscrivermi alla Facoltà Protestante di Yaoundé, per fare il Master in teologia. Ancora una volta, i miei piani furono vani, visto che proprio nello stesso periodo mi venne offerta la direzione della facoltà dove insegnavo; fare entrambe le cose sarebbe stato davvero molto complicato. Così scelsi di rinunciare a seguire i corsi ma i docenti del master mi offrirono comunque la possibilità di prepararmi agli esami, con letture e compiti a casa, senza limiti di tempo. Dopo 5 anni, ottenni anche il master in teologia.

 

Le sorprese di Dio

Dopo sette anni in Africa, ritornammo in Europa. Mia moglie Tania, in effetti, doveva ritornare subito in patria, in seguito ad aver contratto una grave epatite.; venne ricoverata alla clinica “La Lignière”, situazione che segnava la fine improvvisa della nostra “avventura” in Africa.

Per miracolo e per grazia di Dio, Tania inizia piano piano a guarire e la nostra vita riprende lentamente il suo normale corso. I nostri figli vanno a scuola, mia moglie è guarita e io… sono disoccupato, perché tutti i posti erano giù presi. Mi metto quindi in contatto con la Divisione, chiedendo il permesso di completare la mia tesi di Master. Come risposta ricevo una borsa di studio e l’ammissione alla Facoltà di Teologia di Strasburgo… per il dottorato, sulla base dei miei studi. Discuto la mia tesi di Master, supero il “Diploma di Studi Superiori” e l’anno successivo discuto la mia tesi di dottorato.

Sono ora a disposizione della Federazione del nord della Francia, che aveva sovvenzionato parte dei miei studi di dottorato. Venni assegnato come pastore nelle chiese di Mulhouse e Guebwiller. Dopo tre anni in Alsazia, mi venne offerto un posto come insegnante di Nuovo Testamento a Collonges, impiegando Tania come bibliotecaria, grazie a un diploma universitario che aveva conseguito a Strasburgo. In seguito, venni nominato decano della Facoltà di Teologia e poi Direttore del Campus Avventista. In totale, circa 18 anni di servizio nel campus di Collonges.

In occasione di una riunione amministrativa della Federazione del nord della Francia, a Vittel nel 1997, a cui partecipavo in rappresentanza della scuola, mi venne chiesto di accettare di ricoprire il ruolo di presidente della Federazione. Dopo averne parlato con il fratello Frikart, l’allora Presidente della Divisione, scelsi di accettare questa nuova missione, con la sensazione di essermi lanciato nel bel mezzo dell’oceano senza nemmeno sapere in quale direzione cominciare a nuotare. Per me era tutto nuovo e le responsabilità erano immense. Scelsi quindi di fare mio il motto dei tizzoni “scelgo sempre di fare del mio meglio”.

Per complicare la situazione, l’anno successivo la Divisione scelse, per motivi economici, che la posizione di Presidente dell’Unione Franco-Belga sarebbe stata assunta da uno dei presidenti delle varie federazioni rappresentate…ovvero me! Sono stati anni di duro lavoro e sono riuscito a portare avanti il tutto solo perché Tania aveva accettato di essere la mia segretaria: abbiamo lavorato insieme, un vero e proprio lavoro di squadra. Bisogna anche sottolineare che sono stato il primo presidente ad aver avuto un computer!

Una volta raggiunta l’età della pensione, ci sono andato…per sei mesi, visto che poi il presidente Frikart mi chiese di assumere la direzione provvisoria del Campus a causa di un cambio di direzione durante l’anno. Questo periodo “di transizione” durerà ben quattro anni. E da allora, ho continuato a mettermi a disposizione della Facoltà Avventista e del Comitato di ricerca biblica della Divisione.

La vita non è sempre un fiume calmo e tranquillo, perfino quando si cammina con Dio, perfino quando ci si vuole mettere al servizio. Lo so, l’ho sperimentato. E quello che posso testimoniare oggi è che il percorso più facile non ci porta al vero obiettivo da raggiungere. A volte, la domanda da farsi non è cercare di capire se lo Spirito Santo è all’origine di un determinato avvenimento della nostra vita. La vera domanda, per me, è chiedersi se, proprio dove mi trovo in questo momento, sto compiendo la volontà del Signore. Sto pensando e agendo come Lui vorrebbe, proprio qui, in questa situazione, in questo momento, in questa condizione? Ecco la vera sfida che ogni cristiano si trova ad affrontare ogni giorno.

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