COVID-19: Perché la prospettiva della Bibbia sulla distanza sociale potrebbe essere una soluzione?

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La grande sfida che i leader mondiali si trovano ad affrontare in questo momento è quella di individuare una risposta ottimale a una malattia che presenta diverse caratteristiche che la rendono difficile da combattere.

 

Le caratteristiche più importanti di questa nuova malattia sono: 1) non abbiamo alcuna prevenzione (vaccino) e nessuna cura, 2) sembra essere altamente contagiosa, 3) può essere diffusa da persone che non sanno nemmeno di averla (nessun sintomo), e 4) è sostanzialmente mortale.

Non sappiamo ancora quanto sia mortale. In base alle statistiche odierne, la letalità varia dall’1% (Germania) a oltre il 10% (Italia). Dato che molti di quelli che risultano positivi sono completamente privi di sintomi, è più probabile che l’intervallo effettivo sia qualcosa come lo 0,5% al 5%. Poiché la letalità della comune influenza è di circa lo 0,1%, si tratta di numeri che meritano una risposta seria.

Ad oggi, la risposta primaria dei leader mondiali (oltre all’assistenza sanitaria per i malati e al profuso impegno per trovare un vaccino e una cura) è la distanza sociale; una parte sostanziale della popolazione mondiale è in gran parte confinata nelle proprie case. Ma questo rimedio minaccia di far crollare completamente l’economia mondiale, cosa che probabilmente avrebbe conseguenze più letali del virus stesso (suicidio, fame e aumento della suscettibilità alle malattie, tra le altre conseguenze).

 

La Bibbia e la distanza sociale: analogie con la crisi attuale…

Alla luce di questa situazione, ho pensato che potesse essere utile esaminare più da vicino ciò che la Bibbia dice sulla distanza sociale come risposta alle malattie contagiose. Ci sono tre testi principali: Levitico 13:45-46, Numeri 5:1-4 e Numeri 12:10-15. Li esaminerò nell’ordine in cui appaiono nella Bibbia. “Il lebbroso, affetto da questa piaga, porterà le vesti strappate e il capo scoperto; si coprirà la barba e griderà: Impuro! Impuro! Sarà impuro tutto il tempo che avrà la piaga; è impuro; se ne starà solo; abiterà fuori del campo” (Levitico 13:45-46). La lebbra è oggi nota per essere una malattia lievemente contagiosa con conseguenze estremamente debilitanti. A quei tempi non esistevano trattamenti possibili e non c’era una cura. Quando una persona veniva identificata come affetta dalla malattia, doveva vivere da sola e segnalare la sua condizione con abiti e voce ogni volta che si trovava in pubblico. Nei versetti precedenti (versetti 1-44) vengono presentate elaborate procedure per diagnosticare la malattia insieme a quarantene di 7-14 giorni durante il periodo in cui non era chiaro se i sintomi fossero effettivamente quelli della lebbra o meno.

Numeri 5:1-4: “Poi il Signore disse a Mosè: Ordina ai figli d’Israele che mandino fuori dall’accampamento ogni lebbroso e chiunque ha la gonorrea o è impuro per il contatto con un morto. Maschi o femmine che siano, li manderete fuori; li manderete fuori dall’accampamento perché non contaminino l’accampamento in mezzo al quale io abito. I figli d’Israele fecero così e li mandarono fuori dall’accampamento. Come il Signore aveva detto a Mosè, così fecero i figli d’Israele”. Questo testo è simile al precedente, senza le elaborate procedure di diagnosi e con l’aggiunta di un paio di altre cause per l’isolamento (scarica corporea e contatto con i morti). Il rimedio per la lebbra era quello di allontanare le persone infette al di fuori del campo di Israele.

In Numeri 12:10-15, Miriam, la sorella di Mosè, si trova ad avere la lebbra. Mosè prega Dio per la sua guarigione e Miriam viene guarita. Tuttavia, in linea con le procedure delineate in Levitico 13:1-44, Miriam viene messa in quarantena fuori dal campo per sette giorni, in modo da verificare che la guarigione sia avvenuta. Quindi la distanza sociale è chiaramente un rimedio biblico per le malattie contagiose e chi segue la Bibbia non dovrebbe avere remore a osservarla nella situazione attuale, anche al punto di evitare gli incontri in chiesa.

 

…e differenze

Ci sono, tuttavia, due differenze significative tra gli incidenti raccontati nella Bibbia e la situazione odierna. In primo luogo, nella Bibbia, erano gli infetti a essere isolati socialmente, non i sani. Identificando e isolando i malati, il contagio poteva essere controllato. In secondo luogo, gli israeliti avevano a che fare con una malattia che presentava sintomi fisici osservabili. Come abbiamo già notato, con il COVID-19 una persona può essere infetta e contagiosa, senza tuttavia avere i sintomi. In una certa misura ciò rende la distanza sociale, in questo caso, una perdita di tempo. Nel contesto di città affollate, la malattia può ancora essere trasmessa all’interno delle famiglie e mentre queste escono a far la spesa o a comprare altri prodotti essenziali. Le persone che si sentono completamente al sicuro e non presentano sintomi possono ancora, inconsapevolmente, diffondere la malattia a coloro che li circondano.

 

Conclusioni e probabile strategia

Quali indicazioni possiamo trarre da questi testi per la situazione attuale? La soluzione “biblica” al COVID-19 sembra implicare due cose: 1) Trovare un vaccino e una cura, in modo che la popolazione non debba più temere l’infezione da interazioni sociali. Ma poiché si pensa che questi rimedi richiedano 12-18 mesi, cosa si può fare nell’immediato per arginare la marea della malattia, pur senza far crollare l’economia mondiale? 2) Eseguire i test per il COVID-19, in modo da separare gli asintomatici dai sani. Con una malattia contagiosa, la diagnosi è critica (Levitico 13:1-44). Se nessuno sa chi ha la malattia, non sarà possibile una distanza sociale in senso biblico.

C’è ancora la speranza che il COVID-19 scompaia in qualche modo, come è successo in passato in molti altri casi simili. Ma nel frattempo, l’approccio “biblico” sembrerebbe essere: 1) determinare chi ha il virus e chi no e 2) isolare coloro che sono infetti, in modo che il resto della popolazione possa andare avanti con la propria vita ed evitare le conseguenze di una lunga quarantena globale.

 

Questo è un lavoro in corso e potrebbero esserci degli svantaggi in quanto detto che ora non riesco a vedere. Ma, per quello che vale, lo condivido pubblicamente, per affrontare la crisi attuale.

 

 

Di Jon Paulien, PhD, è professore presso il Dipartimento di Studi Religionali e Teologici dell’Università di Loma Linda, Stati Uniti.

Fonte: https://st.network/health/covid-19/covid-19-why-might-the-bibles-perspective-on-social-distancing-be-a-solution.html

Traduzione: Tiziana Calà

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Una lezione di preghiera: Covid-19 e la guerra di secessione americana

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