Il profeta e la depressione

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Spesso non ci rendiamo conto che i grandi leader lottano contro la depressione come tutti noi. A quanto pare, la depressione ha colpito anche un grande profeta biblico.

 

Molti di noi hanno lottato contro la depressione a un certo punto della nostra vita. Io l’ho sentita perseguitarmi quando mio figlio è nato morto, diversi anni fa. Tra il lutto e il dolore, la sentivo vicina: una sorta di disperazione più profonda che minacciava di privarmi della capacità di prendermi cura di mia figlia di due anni. Era come un pozzo in cui temevo di cadere se mi fossi avvicinata troppo. La depressione clinica, secondo la definizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, è qualcosa di più che sentirsi giù per le proprie condizioni. È caratterizzata da almeno due settimane di umore basso, mancanza di interesse per le normali attività, perdita di appetito, indecisione e talvolta persino pensieri di autolesionismo o suicidio.

 

Non è solo una sfida isolata

Molti nomi altisonanti hanno combattuto contro la depressione, da Abramo Lincoln e Winston Churchill a Johnny Depp e Angelina Jolie. Secondo il Black Dog Institute, un australiano su sette si troverà a combattere la depressione a un certo punto della sua vita, mentre il Ministero della Salute parla di un adulto su cinque in Nuova Zelanda. Eppure, in qualche modo, esiste ancora uno stigma, come per qualsiasi altra malattia mentale. Purtroppo, lo stigma diventa spesso il lucchetto della gabbia della depressione che ci impedisce di ottenere l’aiuto e il sostegno di cui abbiamo bisogno. In alcuni ambienti si ha la percezione che la depressione sia una “mancanza personale”. Pensiamo di dover “uscirne” o che forse abbiamo solo bisogno di un po’ più di fiducia. Tuttavia, questi atteggiamenti non tengono conto del fatto che la depressione non è solo una risposta a eventi negativi o a difficoltà personali. La depressione clinica comporta uno squilibrio nella chimica del cervello.

 

Il profeta

La nostra società moderna spesso non riesce a cogliere gli aspetti fisici della depressione. Molti di noi dimenticano che non si può semplicemente “parlare o incoraggiare” una persona per farla uscire dalla depressione. Eppure, gli scritti di migliaia di anni fa rivelano un’incredibile comprensione delle dinamiche della chimica cerebrale e dei bisogni fisici in relazione alla depressione. Uno di questi esempi proviene dal libro di 1 Re, contenuto nell’Antico Testamento della Bibbia. La storia è incentrata su un uomo di nome Elia. Elia è un profeta d’Israele ed è rappresentato come un eroe di fede e coraggio. Nel capitolo 18, Elia ha una drammatica e pubblica resa dei conti con i suoi avversari. La nazione di Israele sta adorando la divinità pagana di Baal. Lo scontro avviene sulla cima di un monte con Elia da una parte e 450 profeti di Baal dall’altra. Elia ne esce vittorioso dopo una dimostrazione della potenza di Dio che toglie il fiato e che, a detta di tutti, avrebbe dovuto farlo sentire al settimo cielo!

L’unico problema fu che la regina Izebel, amareggiata e imbarazzata per aver perso in modo così umiliante, voleva farlo uccidere.

Il re Acab raccontò a Izebel tutto ciò che Elia aveva fatto (compreso il fatto che aveva ucciso personalmente tutti i 450 profeti di Baal). Così Izebel inviò un messaggero a Elia per dirgli: “Gli dèi mi trattino con tutto il loro rigore, se domani a quest’ora non farò della vita tua quel che tu hai fatto della vita di ognuno di quelli” (1 Re 19:2).

Dopo l’incredibile esperienza appena vissuta da Elia, il lettore potrebbe aspettarsi che egli si fidi di Dio invece di preoccuparsi dei piani malvagi della regina. Ma non è quello che è successo. Elia non ce la fa. Sopraffatto e depresso, fugge per salvarsi nel deserto.

Il deserto era un rifugio per gli emarginati, un luogo dove nascondersi per coloro che erano braccati. Elia non era estraneo al deserto: era stato la sua casa per tre anni e mezzo, mentre si nascondeva dall’ira del re durante una prolungata siccità. Forse il lungo periodo di stress aveva influito sul suo benessere mentale. In tempi recenti, gli studi hanno dimostrato che quando subiamo uno stress per un periodo prolungato, l’equilibrio della nostra chimica cerebrale può essere influenzato. Quando i livelli di cortisolo sono elevati per un periodo di tempo significativo e poi otteniamo una tregua, i nostri livelli di serotonina e dopamina possono richiedere tempo per ricalibrarsi. Il risultato è che il resistere prolungato può far sprofondare alcuni individui nella depressione.

Forse è quello che è successo a Elia. In ogni caso, nel capitolo 19 troviamo Elia seduto sotto un albero nel mezzo dell’arido deserto che chiede a Dio di porre fine alla sua vita.

Si avvicinò a un cespuglio di ginestre, vi si sedette sotto e pregò di poter morire. “Basta!”, disse. “Prendi la mia anima, o Signore, poiché io non valgo più dei miei padri! Poi si coricò, e si addormentò sotto la ginestra” (1 Re 19:4-5).

Il suo stato di disperazione e la profondità della sua depressione erano tali che non riusciva a vedere né gioia né valore nella vita. Sembra che anche gli eroi della fede possano perdere la voglia di vivere. Ciò che sorprende, però, è la risposta di Dio.

All’improvviso un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia. Egli guardò, e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre calde, e una brocca d’acqua. Egli mangiò e bevve, poi si coricò di nuovo” (1 Re 19:5-6).

 

La risposta di Dio

Dio non fece un rimprovero, né insegnò a Elia ad avere più fede o ad essere più resiliente. Al contrario, Dio mandò un angelo a portargli un paio di pasti caldi e dell’acqua fresca. Riconosce il peso che il viaggio ha avuto su Elia e gli concede un po’ di meritato riposo. Alcuni di noi, nel tentativo di aiutare un amico che lotta contro la depressione, potrebbero cercare di farlo ragionare o di offrirgli un monologo motivazionale. Ma il Dio dell’universo ha avuto un approccio completamente diverso. Vide lo stato di disperazione di Elia e scelse di soddisfare innanzitutto i suoi bisogni fisici. Poi, riconobbe la lotta interiore e le difficoltà di Elia e aspettò che fosse pronto a fare il passo successivo. La risposta di Dio è incentrata sulla compassione piuttosto che sulla condanna.

 

Battere la depressione

La chimica del nostro cervello è profondamente influenzata dall’ambiente fisico. Cibo, luce, sonno, musica: tutti questi elementi possono avere un effetto drammatico sul nostro umore e sulla nostra capacità di affrontare la situazione. Ecco tre semplici cose che potete fare per riequilibrare la vostra chimica cerebrale:

 

  1. Beneficiare di quanta più luce naturale possibile

L’ideale sarebbe trascorrere almeno 30 minuti all’aperto ogni giorno. È dimostrato che la luce naturale, soprattutto quella del mattino, ha un impatto positivo sui naturali ritmi biologici e sulla chimica del cervello. Molti studi hanno osservato una correlazione tra la luce naturale e le sane funzioni cerebrali.

  1. Fare sport regolarmente

Quando siamo depressi possiamo avere difficoltà a motivarci, ma è stato dimostrato che il regolare esercizio fisico riduce i sintomi della depressione in tutte le fasce d’età, sia per gli uomini sia per le donne.

  1. Mangiare bene

Ciò che si mangia ha un effetto profondo sul benessere mentale. Anche se quando ci sentiamo giù di morale possiamo essere tentati di ricorrere al cibo di conforto e al cibo spazzatura, gli studi dimostrano che mangiare in modo equilibrato è molto più efficace per migliorare il nostro stato mentale ed emotivo. Una dieta a base vegetale può offrire particolari benefici.

 

Sia che stiate lottando personalmente contro la depressione o che stiate cercando di sostenere qualcuno che ne soffre, soddisfare i bisogni fisici di base è un buon primo passo. Essere consapevoli che la depressione ha una base fisica e chimica significativa può essere utile per guidare la nostra risposta e la tentazione di offrire consigli ben intenzionati. Infine, come per qualsiasi malattia mentale, la compassione o l’autocompassione fanno la differenza.

 

 

Di Rebecca Cheers, scrittrice freelance con una laurea in ministero e teologia. In precedenza ha lavorato come avvocato per oltre 10 anni. È sposata, ha tre preziose figlie e risiede sulla costa meridionale del Nuovo Galles del Sud.

Fonte: https://signsofthetimes.org.au/2023/01/the-prophet-and-the-black-dog/

Traduzione: Tiziana Calà

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