PREVENIRE IL SUICIDIO

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STATO DI URGENZA MONDIALE

Il 5 settembre 2014, in presenza dei direttori dei Ministri della salute, ambasciatori, amministratori e professionisti della salute, l’Organizzazione Mondiale della Salute (l’OMS) di Ginevra ha ufficialmente rivelato il suo primo rapporto completo sul suicidio (1). Lo scopo annunciato di questo documento era quello di ridurre il tasso di suicidio del 10% da qui al 2020. Le ricerche degli autori e le statistiche hanno dimostrato che il suicidio è un fenomeno che riguarda tutte le regioni del mondo e può prodursi a qualsiasi età. Fra i giovani (tra i 15 e i 29 anni) il suicidio è la seconda causa di mortalità. E ciò nonostante i suicidi possono essere prevenuti grazie a una strategia multisettoriale. Questa deve essere applicata dai legislatori, i lavorati della salute e le comunità, comprese le nostre chiese, ospedali e cliniche avventiste.

Sad lonely male

L’entità di una tragedia mondiale

Le nostre società contano dei numeri alti dei suicidi. Più di 800.000 persone muoiono per questo ogni anno, cioè una persona ogni 40 secondi. Per ogni adulto che muore per suicidio, ce ne possono essere più di 20 che lo hanno tentato. Poiché si tratta di un tema sensibile e addirittura illegale in alcuni paesi, è probabilmente per questo oggetto di mancata informazione.

Il 75% dei suicidi hanno luogo nei paesi con stipendi bassi o medi, e si riscontra un numero più elevato tra i giovani della fascia d’età 15-29 anni.

Tuttavia, proporzionalmente parlando, nella maggior parte delle regioni del mondo, il tasso di suicidio è più elevato tra le persone di più di 70 anni, sia uomini che donne.

Gli uomini muoiono tre volte di più che le donne per suicidio nei paesi più ricchi (con un rapporto di un uomo per 3,5 donne). Nei paesi con stipendi medio-bassi, lo stesso rapporto è inferiore (1,6).

La buona notizia è che tra il 2000 e il 2012, il numero dei suicidi si è abbassato del 9%, passando da 883.000 a 804.000. Una delle possibili spiegazioni sta nel miglioramento straordinario della salute globale di certi paesi durante questo ultimo decennio. Questa riduzione è la prova che un miglioramento è possibile. Tuttavia, in alcune regioni il tasso di suicidio è aumentato. In Africa, per esempio, è aumentato del 38%.

Declino della salute mentale

Fattori di rischio: perdita del lavoro, problemi economici, dolori cronici, abuso di alcool, problemi psichici, precedenti tentativi di suicidio, conflitto relazionale, isolamento, mancanza di sostegno sociale, trauma o abuso, accesso a strumenti di autolesionismo, stigmatizzazione, tabu, esposizione inappropriata ai media.

Miglioramento della salute mentale

Fattori protettori: relazioni personali, capacità di recupero di fronte allo stress e a dei traumi, senso del proprio valore, credenza religiosa o spirituale, comunità di sostegno, identità personale, capacità di risoluzione dei problemi, scelta di vita sana, attività fisica regolare, adeguata quantità di riposo, regime nutrizionale appropriato, sostegno verso coloro che cercano aiuto.

Conseguenze della stigmatizzazione e dei miti

Trovarsi di fronte a qualcuno che ha delle idee suicide impaurisce e mette a disagio. Si suole credere che parlare di suicidio è una cattiva idea e può essere interpretata come un’incitazione.

Sfortunatamente, questo mito fa isolare le persone depresse nella loro sofferenza e la loro ricerca di sostegno. In 25 paesi del mondo, il suicidio è addirittura considerato come un crimine, e coloro che lo hanno tentato rischiano la prigione piuttosto che un ricovero in ospedale.

Tuttavia si sa che uno dei tanti modi di prevenire il suicidio è quello di aprirsi al dialogo. Alcuni professionisti della salute psichica chiedono spesso a dei pazienti disorientati o disperati “Lei pensa alla morte o al fatto di morire?” Se la risposta è affermativa, ne segue un’altra domanda “Lei pensa di togliersi la vita? Cosa le ha permesso di restare in vita fino ad ora? Potrebbe ricorrere alla richiesta di aiuto nel caso in cui abbia un’impellente idea suicida?”.

Attraverso una partecipazione e un dialogo, le persone possono essere guidate ad allontanarsi dal loro dolore e dalle loro ferite, e a considerare le conseguenze di una scelta così radicale. Questo approccio ha salvato numerose vite (2).

Girl standing on rails and the train in background

Fattori di rischio e di protezione

Come si può notare dal grafico sottostante, i ricercatori indicano che ci sono molti fattori di rischio e di protezione inerenti al suicidio. La presenza di fattori di protezione aumenta la salute psichica e riduce il rischio di suicidio.

Ridurre l’accesso a strumenti per suicidarsi funziona. Una strategia efficace per prevenire i suicidi e i tentativi di suicidio consiste in ridurre l’accesso agli strumenti più comuni utilizzati, compresi i pesticidi, le armi da fuoco, e alcune medicine.

I servizi sanitari primari devono poter valutarne il rischio durante i controlli regolari, inserendo la prevenzione al suicidio come componente di base delle cure di routine. Problemi psichici e un uso nocivo dell’alcool influenzano un gran numero di suicidi del mondo. Un’identificazione precoce e una gestione efficace sono cruciali per assicurare che le persone ricevano le cure di cui hanno bisogno.

Le comunità hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione del suicidio. Possono fornire un sostegno sociale a individui vulnerabili e impegnarsi nel seguirne la cura, lottare contro la stigmatizzazione e sostenere coloro in lutto per un suicidio. In India, le visite mensili dei lavorati sanitari delle comunità non professionale presso delle persone che hanno tentato il suicidio hanno ridotto in modo significativo il tasso di suicidi. Pensate a cosa succederebbe se le nostre chiese facessero la stessa cosa!

Le nostre opportunità di agire come chiesa

La stigmatizzazione associata al suicidio può diminuire con una maggiore consapevolezza nella società, e in particolare nella chiesa, che permetterebbe alle persone di chiedere aiuto più volentieri. Dobbiamo parlare del suicidio, e le persone devono trovare nella chiesa un forte aiuto. Se le persone sono disperate possono venire da noi per trovare la speranza in Gesù Cristo, così come un nuovo sentimento di avere uno scopo nella vita. È il nostro ruolo come chiesa.

I membri e i dirigenti possono sforzarsi a partecipare in azioni individuali e collettive. Gli ospedali e le cliniche avventiste dovrebbero promuovere una consapevolezza precoce della difficoltà emotiva in contesti di cure primarie. Dovrebbero anche offrire una gamma di cure specializzate, e anche dei servizi di salute psichica inserendo degli elementi relativi alla fede, così come dei fattori allo scopo di restaurare la salute mentale. Le università avventiste che formano pastori, lavoratori nel campo della salute e professionisti della salute psichica devono insegnare attivamente, anche alle famiglie, i principi che permettono di riconoscere e di curare coloro che soffrono di dolore emotivo, basandosi sugli insegnamenti delle Scritture, dello Spirito di Profezia, e anche della scienza.

Le persone possono contribuire riconoscendo i fattori di depressione e identificando gli individui a rischio. Possono anche dare l’esempio vivendo una vita equilibrata e incoraggiando gli altri a evitare di consumare sostanze stupefacenti, compreso l’alcool, allo scopo di preservare la propria salute psichica e il benessere emotivo.

Infine, una buona chiesa può considerare i pensieri suicidi non come una mancanza di fede, ma come un momento di difficoltà spirituale (vedi tabella) e una richiesta di sostegno e di compassione. Come disse un sopravvissuto a un tentato suicidio “La compassione di un amico valeva come dieci anni di cure psichiatriche”.

Quando facciamo questo, seguiamo il ministero della guarigione di Gesù.

L’impatto del suicidio sui sopravvissuti

Questo ministero d’amore e di compassione deve essere messo al servizio di coloro che restano, spesso sprofondati in un abisso di profondo dolore, oscuro e solitario, in lutto in seguito alla perdita dei loro cari. Nonostante i migliori sforzi dei membri della famiglia, degli amici, degli addetti alle cure, un suicidio può sempre essere effettuato. Una lettera anonima scritta da qualcuno che ha sfiorato da molto vicino il suicidio permette di vederlo da questo punto di vista “Aveva una famiglia che mi amava, un ottimo medico e un eccellente sostegno, ma quando si entra nel tunnel, sembra che niente importi”.

Uno dei nostri clinici esperti ha vissuto la perdita di un paziente per suicidio. Nonostante ciò sia successo più di dieci anni fa, il ricordo è sempre vivo come se fosse stato ieri. Era un giovedì, durante la pausa pranzo. Il paziente era in trattamento da più di tre anni con delle idee suicide croniche, multipli tentativi, e vari ricoveri in un ospedale psichiatrico. L’impatto immediato fu estremamente doloroso. Una semplice passeggiata a bordo del lago diventava sempre più difficile per il medico, giusto perché l’ultimo negozietto sulla riva si chiamava “The Last Stop”. Sembrava che tutto facesse ricordare la morte del paziente. La famiglia lo aveva invitato ai funerali e gli era stato chiesto di essere uno dei portatori della bara. A ogni passo il medico pensava “Ti sto portando verso il tuo ultimo riposo”. Il fatto che la famiglia fosse riconoscente per il lavoro clinico prestatogli fu fonte di consolazione. “Ha dato a lui- e anche a noi- altri tre anni di vita”, gli dissero.

boxe
Nonostante la guarigione sia difficile, c’è sempre la speranza. Il ruolo degli amici, dei pastori, dei consiglieri, così come la fede dei sopravvissuti non devono essere sottovalutati. La madre di un figlio adulto che si era suicidato ha rinnovato la sua fede nella grazie del Signore per poter accettare ciò che aveva vissuto. Ha trovato rifugio nell’amore e nel prendersi costantemente cura delle figlie. Ha cercato aiuto presso uno psicoterapeuta per poter affrontare il senso di colpa e per trovare la capacità emotiva di perdonare coloro che lei pensava avessero contribuito alla fine disperata di suo figlio. Ovunque ci sia grazia, c’è speranza.Ma il dolore provato dal medico curante non sarà mai paragonato a quello provato dalla famiglia. Nell’anno seguente, gli anziani genitori del paziente morirono, profondamente addolorati. La madre rifiutò le cure ad eccezione di quelle palliative. Le due sorelle sono state devastate dal dolore e dalla depressione. Dopo l’accaduto, e per vari anni, non hanno potuto lavorare. Una delle sorelle ha combattuto contro uno straziante senso di colpa, che ha persino portato la sorella stessa a pensare al suicidio. Tutti coloro che erano coinvolti hanno sofferto. La loro fede è stato uno dei pochi elementi che gli ha consolati. Anni di trattamento hanno finalmente restaurato le sorelle dandogli di nuovo la capacità di lavorare e riportandole alle loro famiglie.

Il ministero della guarigione di Gesù

Come chiesa, forse non siamo stati abbastanza costanti nel rispondere al dolore emotivo così come invece lo siamo stati nei campi riguardanti la salute e lo stile di vita. Forse non abbiamo letto la Bibbia in modo chiaro come avremmo dovuto. Ascoltiamo le parole del profeta Isaia 61:1-3. Il linguaggio usato invita a manifestare bontà verso coloro che sono in difficoltà emotiva:

“Lo Spirito del Signore, l’Eterno è su di me,, perché l’Eterno mi ha unto per recare buone novelle agli umili; mi ha inviato a fasciare quelli dal cuore rotto, a proclamare la libertà a quelli in cattività, l’apertura del carcere ai prigionieri, a proclamare l’anno di grazia dell’Eterno e il giorni di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti quelli che fanno cordoglio, per stabilire di dare a quelli che fanno cordoglio in Sion un diadema invece della cenere, l’olio della gioia invece del lutto, il manto della lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di giustizia, la piantagione dell’Eterno perché egli sia glorificato”.

Ellen White descrive il modo in cui Gesù ha compiuto il suo ministero. Nuovamente, notate le parole che evidenziano l’attenzione che presentava il Salvatore verso i bisogni emotivi di coloro che entravano in contatto con lui:

“La missione di Gesù era quella di dare agli uomini un completo cambio: è arrivato per dar loro salute e pace e perfezione di carattere. Durante il suo ministero, Gesù dedicò più tempo alla guarigione dei malati che a predicare. Il Salvatore fece di ogni guarigione un’occasione per piantare un principio divino nella mente e nell’anima. Questo era lo scopo della Sua opera. Impartì benedizioni terrestri che potessero inclinare il cuore degli uomini a ricevere il vangelo della Sua grazia. Pieno di grazia, tenerezza, pietà, Egli venne per abbassarsi e confortare il sofferente. Ovunque andasse, portava benedizioni. Cristo non faceva distinzione di nazionalità o rango o credo. Per lui nessun essere umano era privo di valore, e cercava sempre di offrire un rimedio adatto alla guarigione di ogni anima.”(3)

Che possiamo, come discepoli di Dio, manifestare lo Spirito di Cristo e “non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di se stesso. Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Perciò, abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù” (Fil. 2:3-5).

  1. Organizzazione Mondiale della Salute, « Prevenire il suicidio : lo stato di urgenza mondiale » (2014). Il rapporto completo può essere consultato sul sito internet dell’OMSLe rapport complet peut être consulté sur le site internet de l’OMS : www.who.int/mental_health/suicide-prevention/world_report_2014/en/
  1. Referenza « Miti e fatti sul suicidio », rapporto dell’OMS del 2014.
  1. Estratti dei libri di Ellen G. White, Le ministère de la guérison (Mountain View, Calif.: Pacific Press Pub. Assn., 1905), pp-17-24 (non tradotto in italiano), Evangélisation (Washington, D.C.: Review and Herald Pub. Assn., 1946), p. 568 (non tradotto in italiano) e Reflecting Christ (Hagerstown, Md.: Review and Herald Pub. Assn., 1985), p. 27 (non tradotto in italiano).

Bernard Davy, M.D., M.P.H., è capo reparto di psichiatria nella clinica della Lignière, a Gland, in Svizzera Carlos Fayard, Ph.D.,è professore associato del dipartimnto di psichiatria, nella scuola universitaria di medicina di Loma Linda, e direttore aggiunto degli affari di salute psichica presso il dipartimento del ministero della salute della Conferenza Generale degli avventisti del settimo giorno. Peter Landless, M.D., è direttore del ministero avventista della salute alla Conferenza Generale degli avventisti del settimo giorno.

BERNARD DAVY, CARLOS FAYARD, E PETER LANDLESS

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