La scienza del mangiare insieme

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Una volta ho invitato il benzinaio della mia stazione di servizio a unirsi a me e ai miei amici su un lettino da spiaggia per mangiare hot dog dopo il suo turno. Con nostra sorpresa, non solo è venuto, ma ha continuato a raggiungerci per mesi.

 

La sera del suo ultimo turno prima di trasferirsi dall’altra parte della nazione, io e i miei amici ci siamo messi accanto al suo bancone e abbiamo condiviso un pasto a base di granite ghiacciate. Con le lacrime agli occhi, ci ha ringraziato per averlo fatto sentire in famiglia. Ci ha detto che eravamo la cosa migliore che gli fosse capitata da quando si era trasferito in Australia. Tutto ciò che avevamo fatto era stato invitarlo occasionalmente a mangiare con noi e fermarci a salutarlo dopo aver fatto benzina, ma l’impatto che tutto questo aveva avuto su di lui è stato profondo.

Non mi capita tutti i giorni di invitare i benzinai a cena. Tuttavia, dopo questa occasione, vorrei che tutti noi lo facessimo più spesso. Il dolore della solitudine in questo mondo è ben reale, e molti di noi ne hanno sperimentato i livelli più elevati dopo aver trascorso mesi in isolamento a causa del Covid. Ma non sono solo gli isolamenti da lockdown a farci sentire soli. Viviamo in un mondo con recinti e porte chiuse.

Ci prepariamo la cena da soli per soddisfare le nostre speciali esigenze alimentari e non disturbiamo mai i nostri vicini per qualcosa. Possiamo sentirci a nostro agio e al sicuro, ma molti di noi si sentono anche isolati e soli. Anche se siamo connessi con i nostri cellulari, ci mancano i contatti faccia a faccia.

Se torniamo indietro nel tempo (a prima che si sentisse parlare di “epidemia di solitudine”) vediamo persone che si riuniscono costantemente per mangiare. Vediamo persone riunite intorno a fuochi, distese d’erba, sedute a tavola. Vediamo banchetti in onore di matrimoni, veglie funebri, feste di compleanno e giornate religiose.

Vediamo eserciti che mangiano dall’altra parte dei loro rivali e dipinti all’aperto nelle chiese e nei musei raffiguranti Gesù che spezza il pane con i suoi discepoli. Cosa c’è nel cibo che unisce le persone, oggi come allora? In che modo cose come la pizza e i dolci ci aiutano a mantenere rapporti che, se siamo onesti, potrebbero non esistere senza questi elementi mangerecci?

La tavola, sorprendentemente, ha trasformato l’impero romano. Nel suo libro “Surprise the World”, l’autore Michael Frost spiega che mentre personaggi biblici come gli apostoli Pietro o Paolo erano in giro a condividere il Vangelo eterno di Gesù, migliaia di semplici credenti confondevano l’imperatore Giuliano del IV secolo con le loro cosiddette “feste dell’amore”.

I primi cristiani svolgevano gran parte del loro ministero a tavola, tanto che la preoccupazione maggiore di Giuliano era che queste persone fossero diventate dei mondani radicali e che avrebbero conquistato il suo impero tramite l’ospitalità. Durante la brutalità della vita sotto il dominio romano, il popolo si rese conto che la tavola era un’incubatrice dove invitare gli estranei, dare da mangiare ai poveri e incontrare coloro che erano considerati di rango inferiore.

Nella biografia della vita di Gesù, Luca lo descrive così: “Il Figlio dell’uomo che mangia e beve” (Luca 7:34). Non con un mantello, né in sella a un cavallo bianco o con un esercito di angeli. Il Figlio dell’uomo è venuto mangiando e bevendo, molto semplicemente. Nel solo Vangelo di Luca, ci sono altre 10 storie di Gesù che pranza con persone, truffatori, re, ladri e amichevoli pescatori.

Gesù si invitava regolarmente a casa di altre persone per i pasti. Ha mangiato all’aperto con migliaia di persone, anche se non aveva nulla da offrire loro, finché non si è presentato un ragazzo con un po’ di pane e qualche pesce (cfr. Matteo 14:13-21). Ha avuto conversazioni difficili durante la cena e ha spezzato il pane con i discepoli prima di essere crocifisso e dopo essere risorto (cfr. Matteo 26:17-30; Luca 24:40-43). Ha fatto tutto questo perché gli interessava passare del tempo con le persone e sapeva che riunirsi per mangiare insieme ci rende umani in un modo che poche cose hanno il potere di fare.

Mangiare insieme non è solo una pratica sacra. Rappresenta anche un beneficio per il nostro corpo. Quando ci passiamo il cibo intorno alla tavola, quando ci guardiamo negli occhi sedendoci uno di fronte all’altro, quando ci fermiamo ad ascoltare quello che qualcuno dice mentre mastichiamo, riduciamo il rischio di malattie cardiovascolari e il nostro corpo riceve un’iniezione di endorfine. Le endorfine fanno parte del sistema di gestione del dolore del nostro cervello e favoriscono la connessione mente-corpo dandoci un effetto oppiaceo.

L’autore Dan Buettner e il team del National Geographic hanno viaggiato in tutto il mondo per scoprire dove le persone vivono più a lungo. Hanno identificato i cinque luoghi migliori, definendoli “zone blu”. Una delle caratteristiche in comune è che, di norma, nessuno mangia da solo. In una zona in particolare, gli icariani in Grecia sono noti per mangiare lentamente mentre conversano, il che li aiuta a costruire legami più forti e a digerire meglio il cibo.

Non sono solo gli orari stretti a impedirci di mangiare con gli altri. Anche le nostre diete personalizzate ci hanno ostacolato. Ma se vi dicessi che i benefici del mangiare in compagnia superano gli aspetti negativi di ciò che si mangia? Secondo uno studio pubblicato su The Journal of Pediatrics, le famiglie che danno priorità al mangiare in compagnia hanno una percentuale inferiore di obesità e di problemi di salute.

Chi mangia in compagnia ha molte più probabilità di sentirsi meglio con se stesso e di essere soddisfatto della propria vita. Il filosofo greco Epicuro, che una volta comprò una casa per far mangiare i suoi amici, raccomandava di non mangiare mai da soli. Diceva: “Prima di mangiare o bere qualcosa, considera attentamente con chi mangi o bevi piuttosto che cosa mangi o bevi”.

La tavola da pranzo è così abituale che viene facilmente trascurata e non considerata come luogo in cui possiamo trasformare la nostra vita. Mangiare insieme ci rende umani in un modo che poche cose hanno il potere di fare, e la condivisione di un pasto fornisce il contesto in cui le persone si sentono amate, viste e ascoltate. Una volta il messaggio del Vangelo si diffondeva da una tavola all’altra. Se ognuno di noi avesse l’abitudine di invitare ogni tanto qualcuno a condividere un pasto, forse cambieremmo il mondo mangiando, come hanno fatto i primi cristiani.

Il teologo e cuoco professionista Simon Carey Holt dichiara: “È attraverso la pratica quotidiana della tavola che viviamo una vita degna di essere vissuta. A tavola impariamo cosa significa essere una famiglia e come vivere relazioni responsabili e amorevoli. A tavola viviamo il nostro vicinato e la nostra cittadinanza, esprimiamo la nostra fedeltà a luoghi e comunità particolari e rivendichiamo il nostro senso di casa e di appartenenza. A tavola celebriamo la bellezza ed esprimiamo solidarietà con coloro che sono afflitti e affamati”.

L’idea di allestire un banchetto può senza dubbio essere travolgente. Ma non deve essere per forza complicato. La maggior parte di noi consuma già tre pasti al giorno, quindi il tempo di cui abbiamo bisogno per condividere i nostri pensieri, le nostre esperienze e le nostre emozioni si inserisce proprio nel tempo di cui abbiamo bisogno per nutrire il nostro corpo.

Forse per voi questo significa pranzare con qualcuno durante la pausa lavoro invece di scorrere il cellulare. Forse vuol dire invitare i propri vicini a fare colazione la domenica mattina o condividere con un amico una salsa e dei cracker nel parco. Ricordate che non è tanto il cibo quanto la compagnia che conta.

 

 

Di Zanita Fletcher, assistente alla redazione della rivista Signs of the Times, nonché life coach e ricercatrice di storie da raccontare. Vive sulla Gold Coast, in Australia

Fonte: https://st.network/analysis/top/the-science-of-dining.html

Traduzione: Tiziana Calà

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