Trovare la fede nel deserto

Shares

Il sole stava tramontando, il che significava che eravamo a sole due notti dal rientro a casa. Dopo 15 giorni circondati da terra rossa e una strana vegetazione, ero felice di vedere il primo scorcio di verde in una piccola zona umida simile a un’oasi, vicino alla fine del deserto. Avevo appena vissuto il viaggio più inaspettato e impegnativo che avessi mai intrapreso. Sembrava essere stato anche il più lungo, ma finalmente stava per concludersi.

 

L’inizio del viaggio e la prima difficoltà

I fuoristrada erano carichi, pieni. Non era rimasto nemmeno uno spazietto. Il nostro convoglio di quattro persone era completamente rifornito di acqua, diesel, cibo e altre provviste essenziali per sopravvivere a un viaggio di andata e ritorno da Newcastle a Finke. Quasi 3.000 chilometri tra le due località e un percorso di ritorno a casa che attraversava il Deserto di Simpson, in Australia.

Quando il primo tramonto si era avvicinato, ci eravamo fermati vicino a un lago, accampandoci per la notte. Dopo aver contribuito con successo a raccogliere un po’ di legna per accendere il fuoco, avevo dovuto imparare a sistemare la mia tenda-sacco a pelo. La parte più impegnativa sarebbe arrivata un po’ più tardi.

Molti australiani potrebbero trovare il dormire in una tenda-sacco a pelo un po’ banale, ma per me, una brasiliana le cui pochissime esperienze di campeggio da bambina sarebbero meglio descritte come “campeggiare con stile”, la tenda-sacco a pelo era un’esperienza alquanto claustrofobica.

Mi sentivo intrappolata, soffocata. Avevo provato a usare il mio telefono per distrarmi e magari addormentarmi leggendo qualcosa, ma non aveva funzionato. Avevo sussurrato qualcosa a mio marito, che era nella tenda-sacco a pelo accanto, ma lui dormiva già. Sentivo il desiderio di uscire, senza averne però il coraggio. “E se ci fosse un serpente o un dingo?”, avevo pensato. Nel mezzo della mia battaglia interiore, ho pregato e ho avuto l’idea di aprire una piccola parte dello strato esterno solo per poter sbirciare fuori, tenendo la parte interna chiusa, per evitare che qualcosa entrasse.

Riuscivo finalmente a respirare. Sentivo l’odore dell’aria fresca e potevo ammirare il cielo stellato, il più bello che avessi mai visto. In quel momento, sdraiata nel mio sacco in mezzo al nulla, contemplai la grandezza di Dio nel cielo notturno e tutte le mie preoccupazioni svanirono. Mi addormentai sapendo che altre difficoltà sarebbero sopraggiunte lungo il viaggio, ma che lui sarebbe sempre stato lì con me.

Mentre continuavamo il viaggio, il paesaggio cambiò drasticamente. Quello che una volta era verde veniva sostituito dal rosso. La superficie della strada che era asfaltata e liscia si trasformava in terra e rocce. L’aria diventava ogni minuto più secca.

Dopo aver guidato per tre giorni, eravamo ormai arrivati a Finke, una comunità indigena nel cuore dell’Australia. Il nostro gruppo di 17 persone ha trascorso sei giorni in quella comunità dove i volontari aiutavano di giorno a ristrutturare l’edificio della Chiesa Avventista, l’unica chiesa in quella comunità, e dove di notte conducevano una serie di incontri di evangelizzazione.

Mio marito e io avevamo il compito di documentare il viaggio. Essendo nella posizione di “spettatori”, mentre filmavamo, intervistavamo e scattavamo foto, abbiamo potuto vedere il grande impatto che il gruppo stava avendo su quella comunità.

 

Il mio deserto, il tuo deserto, il nostro deserto

La maggior parte delle persone non pensa al deserto come a un luogo ideale per una vacanza. Anche se la nostra “gita” non era un viaggio di piacere, abbiamo colto l’opportunità di viaggiare nell’Outback, scoprendo numerose cose inaspettate.

È stato incredibile vedere che in un ambiente così aspro, la vita perdurava. Ho visto da lontano gli emù correre accanto al nostro convoglio. Cavalli selvaggi, canguri rossi, capre, cammelli, dingo, un asino e innumerevoli uccelli colorati; animali bellissimi che testimoniavano la cura di Dio.

Anche se è stata un’esperienza unica, se devo essere onesta, non sceglierei di passare 16 giorni in un ambiente così estremo. Tuttavia, da una prospettiva biblica, il tempo nel deserto, per quanto duro, può portare frutti.

Gesù si è ritirato nel deserto per più di un mese prima di iniziare il suo ministero (cfr. Marco 1:12-13; Luca 4:1-2; Matteo 4:1-2). Giovanni il Battista trascorse la maggior parte della sua vita predicando nel deserto della Giudea (cfr. Matteo 3:1-6; Luca 1:70; 3:1-6; Marco 1:1-6). Elia sperimentò la vita nel deserto più di una volta (cfr. 1 Re 17:3; 19:3-4). Dopo la sua conversione, l’apostolo Paolo scomparve nel deserto arabico per un certo periodo di tempo (cfr. Galati 1:17-18); lì, cercò Dio con tutto il suo cuore ed emerse preparato a predicare il Vangelo.

Non dimentichiamoci del popolo d’Israele. Dio fece sì che il suo popolo vagasse nel deserto per una generazione, al fine di formare il loro carattere e insegnare loro preziose lezioni prima di entrare nella terra promessa (cfr. Deuteronomio 8:2-3).

 

La strada di casa

Dopo aver completato la nostra missione a Finke, abbiamo iniziato il nostro viaggio di ritorno. Anche se avevamo la speranza che saremmo arrivati presto, la strada verso casa era ancora più impegnativa. Dopo aver visitato un paio di siti turistici come Uluru ed esserci fermati per il Sabato ad Alice Springs, abbiamo trascorso tre giorni nel deserto di Simpson. Durante questo periodo, ci siamo accampati durante la notte e abbiamo guidato il più possibile durante il giorno, attraversando oltre 400 dune. È stato un viaggio a dir poco turbolento, ma il venerdì pomeriggio siamo rientrati a casa. Giusto in tempo per il Sabato.

Non sono stati 40 anni di vagabondaggio nel deserto e nemmeno 40 giorni e 40 notti di digiuno nel deserto, ma quell’avventura mi ha insegnato innumerevoli lezioni.

Appena arrivata a casa, ero grata per le semplici cose, come avere un letto comodo, una doccia, un tetto sopra la testa. Quando la mia emozione per il ritorno alla civiltà si è calmata, però, ho iniziato a vedere la nostra vita su questo pianeta come il nostro tempo nella natura selvaggia. Ci sono battaglie e morte tutto intorno a noi. A volte è difficile respirare e trovare la forza di andare avanti, ma Dio promette che tutta questa sofferenza finirà presto. Mentre aspettiamo, lui può rappresentare la nostra piccola oasi nel deserto della vita e tra qualche altra notte saremo finalmente a casa.

 

 

Di Juliana Muniz

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2022/02/16/finding-faith-in-the-desert/

Traduzione: Tiziana Calà

Un’estranea in casa
Aidlr: dichiarazione sulla guerra in Ucraina

Avventista Magazine

La rivista ufficiale della Federazione Chiesa Avventista del Settimo Giorno della Svizzera romanda e del Ticino.

E-MAGAZINE

ADVENTISTE MAGAZINE TV

Top