La domanda più difficile

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Jarrod Stackelroth esamina il potere del perdono, capace di cambiare la vita.

 

Chi devi perdonare?

Vorrei che rifletteste a questa domanda per qualche istante. Forse si tratta di più di una persona, un gruppo, un’organizzazione, un’azienda o un paese. Forse è una chiesa o una confessione religiosa.

È una domanda scomoda, una domanda che non ci facciamo spesso. Eppure ogni tanto ci viene ricordato che Gesù ci chiama a perdonare.

Penso che conosciamo le motivazioni del perdono, così come il suo potere e la sua teoria benefica. Ma pochi di noi riescono regolarmente a metterlo in pratica.

Perdonare fa paura perché richiede di aprire il proprio cuore, rendendolo vulnerabile. Ci sono alcune persone che mi vengono in mente, alcune persone che dovrei perdonare. Ma a volte è così difficile.

 

A lavoro, nella mia libreria, ho trovato la terza lezione del corso “Forgive to Live”. Mentre la sfogliavo, sono stato attratto da questa definizione del perdono: “Il perdono è il processo di rimettere in scena la propria rabbia e il dolore del passato, con l’obiettivo di recuperare il proprio valore nel presente, rivitalizzando il proprio scopo e le proprie speranze per il futuro”.

Analizziamo questa definizione.

La prima parte suggerisce che dobbiamo riconoscere e aggiustare il modo in cui vediamo il nostro passato.

Quando ci chiediamo chi dobbiamo perdonare, forse conosciamo la risposta, ma è raro che poi scegliamo di fare qualcosa a riguardo. Una volta che vi torna in mente la persona (o la cosa), finiamo per ributtarla indietro, senza aver perdonato, relegandola nel dimenticatoio della nostra mente.

Questo ci lascia con una questione in sospeso. Il non perdono favorisce il risentimento, la negatività e il cinismo.

 

“Diffidate della vendetta richiesta dalla vostra amarezza. La lama che brandisci taglierà in entrambe le direzioni, pronta a ferire te e coloro che vuoi ferire: finirete entrambi per sanguinare”, ha recentemente condiviso su Twitter Bill Knott, editore di Adventist Review.

Ripensare al nostro passato è un modo per ripulire il nostro “dimenticatoio”, sfrattare gli eventuali elementi indesiderati e utilizzare quello spazio per qualcos’altro.

 

La seconda parte della definizione parla di un’importante realtà che spesso viene trascurata, quell’infelicità che può avere un impatto negativo e offuscare la nostra stessa autostima nel presente. In altre parole, aggrapparsi a qualcosa di negativo può effettivamente influire sul dove e come tendiamo a porci in relazione con gli altri… e con Dio. Notate che ho detto “sul dove e come tendiamo a porci”. Niente di ciò che facciamo potrà mai avere un impatto sulla nostra reale posizione nei confronti di Dio, a parte rifiutarlo in maniera assoluta.

La nostra azione, la nostra scelta di perdonare, ci aiuta a liberarci dalla vergogna che fa sentire senza valore. In questo senso, molti di noi stanno in realtà lottando soprattutto con il perdonare se stessi. Questo senso di vergogna e l’incapacità di perdonarsi può in realtà condurci in tentazione e farci sbagliare, perché o ci buttiamo sul cibo o veniamo attratti da comportamenti che rafforzano la nostra falsa opinione di noi stessi.

Infine, la definizione di perdono che abbiamo analizzato presenta anche un elemento proiettato nel futuro: rivitalizzare il proprio scopo e le proprie speranze per il futuro.

 

Abbiamo già parlato dei pericoli di essere legati al passato, ma è anche importante essere liberi per il futuro. Rivitalizzare significa riportare in vita. Il non perdonare può spesso distrarci, fino a uccidere le nostre speranze e i nostri sogni. Ci sentiamo bloccati dal nostro passato e persi nel presente, il che porta al pessimismo e alla disperazione.

Il perdono ci permette di concentrarci ancora una volta sul futuro. Possiamo coltivare un orientamento verso il perdono, con grazia e pazienza, in modo che la prossima volta che subiremo qualcosa di doloroso, sarà più facile perdonare.

 

Gesù è bravo in questo tipo di perdono lungimirante. Il vangelo di Luca ci dice che, mentre era in croce, nel bel mezzo del suo dolore, Gesù si è rivolto a Dio, dicendo: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34).

 

L’atteggiamento del perdono di Gesù sembra quasi irraggiungibile. Egli dimostra il potere di scegliere preventivamente il perdono. È quasi come se, prendendo il perdono sul serio, possiamo metterlo da parte per utilizzarlo in futuro.

 

 

Di Jarrod Stackelroth

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2019/11/14/the-most-challenging-question/

Traduzione: Tiziana Calà

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