Non sono una peccatrice

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Sono cresciuta in una piccola città chiamata Utsunomiya, a tre ore da Tokyo. Da bambina ero certa che Dio esistesse e che mi amasse. Poi sono cresciuta e ho cominciato a chiedermi: “Se c’è un Dio buono, perché c’è tanta sofferenza nel mondo? Perché muoiono bambini innocenti? Perché il mondo in cui viviamo è così ingiusto?”. Non trovando risposte alle mie domande, sono arrivata a dubitare dell’esistenza di Dio.

 

In Giappone la religione è disapprovata. Non conosco le ragioni esatte, ma probabilmente è perché alcune persone religiose hanno causato terribili incidenti in passato e ora c’è una riluttanza verso qualsiasi tipo di religione. È interessante notare che, anche se la percentuale di cristiani è inferiore all’1%, in Giappone ci sono molte scuole cristiane.

La prima volta che ho incontrato dei cristiani è stato quando ho frequentato l’università. Queste persone hanno suscitato la mia curiosità, così ho iniziato ad analizzarle, chiedendomi se fossero pazze o semplicemente deboli. In ogni caso, nel mio cuore le prendevo in giro. Al secondo anno di università una delle mie migliori amiche è diventata cristiana e la cosa mi ha sconvolta. Non sapevo nemmeno che si potesse diventare cristiani in un modo diverso da quello di nascere in una famiglia cristiana.

La mia amica era cresciuta in una famiglia simile alla mia, dove tutti andavano al tempio e pregavano gli antenati per ottenere protezione. Non ho potuto fare a meno di notare quanto fosse sorprendente il suo cambiamento. Era solita andare in discoteca, bere alcolici e avere storielle sentimentali, ma dopo essere diventata cristiana aveva abbandonato questo stile di vita. L’orgoglio non mi permetteva di accettare che Dio fosse dietro questa sua trasformazione o che io stessa avessi bisogno di quel cambiamento nella mia vita.

Pensavo che tutto nella mia vita fosse come doveva essere: non avevo particolari problemi, ero una brava studentessa e cercavo sempre di fare le cose nel modo giusto. Ero gentile con le persone che mi circondavano. Per inciso, la gentilezza è un valore ben radicato nella cultura giapponese.

In Islanda, dove ho studiato per un po’, sono stata invitata a un gruppo di giovani cristiani. La mia amica cristiana mi disse che a questo incontro ci sarebbe stata la pizza. I prezzi erano alti in Islanda e io ero una studentessa con limitati mezzi finanziari, quindi non potevo lasciarmi sfuggire l’opportunità di mangiare gratis! Le discussioni ruotavano intorno al tema del peccato, con i presenti che sostenevano che “siamo tutti peccatori”.

Per me era un’idea inaccettabile. Non avevo mai ucciso nessuno, non ero mai stata in prigione: perché mai qualcuno avrebbe dovuto considerarmi una peccatrice? L’intera discussione mi irritò un po’ e, come se non bastasse, alla fine la mia amica mi disse che se avessi accettato Gesù, la mia vita sarebbe cambiata. Le sue parole mi fecero infuriare. Mi stava guardando dall’alto in basso? Stava cercando di dirmi che la mia vita non era abbastanza bella?

Dopo aver completato il programma di scambio studentesco in Islanda, sono tornata in Giappone e ho partecipato a un progetto di volontariato per i bambini in Indonesia. Ero la responsabile di questo progetto e dicevo alla mia famiglia e ai miei amici che lo scopo del mio lavoro era portare felicità ai bambini poveri e alle loro famiglie. Ero davvero convinta che questo fosse la vera motivazione del mio operato.

Un giorno, una domanda mi tormentò: “Perché lo fai?”. Risposi come facevo di solito, ma la voce della mia mente tornò a porre la domanda. Quella voce interiore smascherò il vero motivo del mio cuore. Mi resi conto che non stavo facendo nulla per gli altri. Era tutto per me stessa. Volevo che la gente mi ammirasse, che mi vedesse come una leader di successo e che mi considerasse una brava persona. Le mie ragioni erano del tutto egoistiche.

Questa scoperta mi ha sconvolta. Quel giorno ho capito di essere una peccatrice. A partire da quel momento, ho cominciato a capire sempre più chiaramente perché Gesù è venuto in questo mondo e perché è stato necessario che morisse sulla croce: era per me.

Pochi mesi dopo, mi sono laureata e dovevo decidere quale strada avrebbe preso la mia vita. La maggior parte degli studenti giapponesi trova un lavoro prima della laurea e spesso lo mantiene fino alla pensione. I miei compagni hanno iniziato a lavorare, a guadagnare e a seguire i loro sogni. Io ero l’unica a non sapere cosa fare. L’idea di studiare all’estero mi allettava, ma avevo fallito il test d’inglese troppe volte, così avevo rinunciato a quel progetto. Chi mi circondava mi consigliava di “seguire il mio cuore”. Così mi sono chiesta più e più volte cosa mi sarebbe piaciuto fare, ma non avevo una risposta.

Fino a quel momento avevo seguito i consigli dei miei genitori nella scelta della scuola o di altri progetti, ma ora sentivo di dover pianificare la mia vita. Tuttavia, non sapevo chi ero, cosa avrei dovuto fare e per cosa stavo vivendo. Sono scivolata nella depressione. Mi svegliavo al mattino e mi chiedevo perché mi fossi svegliata se la mia vita non aveva comunque uno scopo. Mi sentivo inutile. A un certo punto, volevo addirittura scomparire. Non avevo mai capito perché tanti giapponesi si suicidano, finché non ho vissuto io stessa quell’agonia, quella mancanza di senso della vita.

Una sera ero davvero in difficoltà e l’unica cosa che potevo fare era pregare. Ho gridato: “Dio, se esisti davvero, aiutami!”. La mattina dopo, ho avuto la forte sensazione di dover andare in chiesa. Era un mercoledì, ma dopo una rapida ricerca su Google ho scoperto che c’era una chiesa che aveva un incontro di preghiera il mercoledì mattina. Quando arrivai in chiesa, dissi alle persone che non sapevo quale fosse il mio scopo nella vita, ma che se c’era una missione per la mia vita, avrei voluto seguirla; dopo aver finito il mio discorso, le persone riunite pregarono per me.

Nel pomeriggio andai al lavoro e durante la pausa, mentre navigavo su internet, scoprii un corso che volevo seguire all’Università di Sydney. Il mio livello di inglese soddisfaceva i requisiti e la notizia ancora più bella era che potevo ottenere una borsa di studio. Era la risposta alle mie preghiere!

Quando quella sera tornai a casa, aprii il regalo di laurea che avevo ricevuto dalla mia amica e il versetto della Bibbia che lo accompagnava mi fece cadere in ginocchio e scoppiare in lacrime: “Infatti io so i pensieri che medito per voi, dice il Signore: pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza” (Geremia 29:11). Ora so che Dio esiste e che non c’è bisogno che io pianifichi la mia vita, perché lui ha già dei piani per me, che devo solo scoprire. Ho deciso di seguire il suo piano per la mia vita.

Con questa decisione è iniziata una vera e propria avventura. Sono arrivata in Australia e ho studiato per un anno per prendere un master in educazione. Dopo il master, Dio mi ha portata a studiare la Bibbia per tre mesi in una scuola cristiana. Poi sono diventata un’operaia della missione divina, insegnando lezioni bibliche nella comunità, soprattutto agli studenti universitari.

Nessuno avrebbe mai immaginato che sarei finita a insegnare la Bibbia in Australia, ma ogni sogno può prendere forma quando Dio ha un piano!

 

 

Di Kai Nakagawa

Fonte: https://st.network/religion/i-am-not-a-sinner.html

Traduzione: Tiziana Calà

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