L’importanza dell’inaspettato

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Qual è la vostra paura più grande? Pensavo che la mia fosse quella dei ragni che sbucano quando meno te lo aspetti. Non ho troppa paura dei ragni in vista, ma quelli che sbucano quando all’improvviso, che compaiono nella mia cartella di inglese del liceo o nel mio pane al latte glassato (sì, ho ancora i brividi), sono quelli che odio di più. Non sapere dove sono, dove stanno andando o quando potrebbero saltare mi terrorizza.

Se la vostra pelle si sta accapponando, vi chiedo scusa. Ora sapete come la penso sui ragni. Se ci pensassi un po’ di più, probabilmente la mia paura più grande sarebbe il rifiuto o l’inadeguatezza. Ricordo che da bambino avevo paura di andare al bancone del bar o del ristorante a chiedere dei tovaglioli. Ero paralizzato dalla paura. Paura di sentirmi dire di no e di essere rifiutato. O forse di essere umiliato davanti a tutti per aver fatto quella richiesta. O forse solo dell’inaspettato.

A pensarci bene, forse la mia paura più grande è proprio l’inaspettato, l’imprevisto. L’imprevedibile, incontrollabile circo della vita che capita a tutti noi. Il fatto che le nostre facciate accuratamente costruite si sgretolino di fronte all’incertezza, alla tragedia e all’umiliazione inaspettata. Essere esposti, lasciati nudi sul ciglio di un precipizio dalla volubile fortuna della vita è una grande paura di tutti noi, e così ci fortifichiamo con assicurazioni, controllo, certezza e verità.

Cerco di esercitare un tale controllo sulla mia vita, tanto che c’è poco spazio per farsi sorprendere dall’inaspettato. Eppure, questo si fa strada. Ecco la natura della vita su questo pianeta. L’inaspettato fa crollare i nostri muri costruiti con cura, creando crateri nella nostra prudenza. E spesso è solo allora che ci rivolgiamo alla preghiera. Come ultimo sforzo; come un grido disperato; una richiesta di aiuto e di forza; una soluzione ai nostri problemi. Malattia, morte, dolore, ferite: cerchiamo il soccorso di una forza esterna a noi, per contrastare le maree del rifiuto e del dolore inaspettato.

Ma se pregassimo prima della tempesta? Se le nostre preghiere fossero di gratitudine e riconoscenza? Se cercassimo la benedizione per gli altri prima che per noi stessi?

La preghiera disperata di Daniele potrebbe aver chiuso le fauci ai leoni. Ma ho il vago sospetto che la sua routine di preghiera alla finestra, tre volte al giorno, in salute e in malattia, sia stata più utile per tenere le zanne dei felini ben serrate. Non sto dicendo che esiste un volume o una formula magica che possiamo imparare per far funzionare la preghiera. La preghiera è più misteriosa e più accessibile di così.

So che Dio risponde alle preghiere. Ha risposto alle mie preghiere, per quanto a volte siano immeritate ed egoistiche.

Una volta ho chiesto a mia moglie quale fosse la sua paura più grande. Con le lacrime agli occhi, mi ha risposto: “Non avere mai un figlio mio, non rimanere mai incinta”.

In quel momento stavo pensando ai ragni. Il suo dolore crudo e smascherato mi ha lasciato senza parole. Così abbiamo pregato. Le persone hanno pregato per noi. E ora, quando stringo la mia bambina, so che Dio risponde alle preghiere. Ma anche prima di rispondere a quella preghiera, egli stava lavorando su di me, chiedendomi se avrei continuato a pregare se quella preghiera non fosse stata esaudita. Ricordandomi che se non fossi mai diventato un padre biologico, lui avrebbe comunque provveduto. E io avevo ancora bisogno di pregare.

Gioisco quando stringo tra le braccia la nostra preghiera esaudita. Ma so anche che non tutti ottengono la preghiera esaudita che cercano. Non tutte le preghiere disperate vengono esaudite. Non tutti i fedeli guerrieri della preghiera con una routine di tre volte al giorno alle loro spalle ottengono la chiusura delle fauci dei leoni.

Dio opera e si muove in modo inaspettato. Daniele e i suoi amici erano prigionieri, e ogni volta che hanno affrontato le loro paure più grandi, Dio si è mostrato al massimo della sua potenza. Il mio bisogno di controllo e la mia paura potrebbero ostacolare la mia vita di preghiera, perché la uso per imporre a Dio ciò che voglio e di cui ho bisogno, invece di costruire una relazione e ascoltare. La mia vita di preghiera potrebbe essere meno una routine scomoda e compressa aggiunta al mio stile di vita frenetico? La preghiera è forse qualcosa di più di formule e liste di desideri?

Forse devo accogliere l’inaspettato, così come accolgo mia figlia e le altre benedizioni che Dio mi ha donato. L’inaspettato potrebbe rappresentare un’opportunità per crescere nella fede e migliorare la mia vita di preghiera. Tutto, ma non i ragni che sbucano all’improvviso.

 

 

Di Jarrod Stackelroth

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2022/09/15/working-in-the-unexpected/

Traduzione: Tiziana Calà

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