Gesù aspetta

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Voltare le spalle a Dio non è la fine del mondo.

 

All’età di 15 anni, mentre affrontavo varie fasi conflittuali della mia adolescenza, ho conosciuto Gesù e il suo meraviglioso messaggio della salvezza. Quando i miei genitori mi hanno concesso la libertà, permettendomi di uscire con le amiche, ho pensato che la libertà mi avrebbe portato la felicità. Invece mi ha procurato un vuoto pieno di grandi frustrazioni.

Una sera, dopo essere rientrata a casa da una festa, ho intravisto una Bibbia sul tavolo. Forse era sempre stata lì, ma quella sera ne fui irresistibilmente attratta, come se una voce dicesse: “Ecco la soluzione al vuoto che senti”. L’ho iniziata a leggere. All’alba, stavo leggendo l’Apocalisse.

Quello che stavo leggendo mi spaventava. Invece di trovare la pace che avevo desiderato, quegli eventi futuri mi preoccupavano, con quelle previsioni di pestilenze, distruzioni e terremoti. Non riuscivo a dormire, così ho iniziato a pregare come non avevo mai fatto prima. Ho supplicato Dio di aiutarmi a capire quello che stavo leggendo, aiutandomi a far parte del suo popolo. Ho continuato a leggere la Bibbia ogni giorno, pregando spesso, chiedendo di capire il libro dell’Apocalisse.

Circa un mese dopo, due avventisti suonarono alla nostra porta: si offrivano di fare degli studi biblici, anche per spiegarci quei misteri apocalittici. Ero entusiasta: Dio sembrava aver ascoltato la mia richiesta di aiuto. Mio padre e io accettammo il loro invito, iniziando così gli studi biblici.

Ogni volta ero sorpresa di scoprire come capire la Parola di Dio e di vedere come l’Apocalisse, contrariamente a quanto avevo pensato, fosse un libro di speranza e conforto per persone come me.

 

La via stretta

Dopo aver accettato queste verità, ho avuto qualche riprova con parenti e amici. Ben presto mi sono resa conto che il mio unico vero amico era Gesù. Molti dei miei amici smisero di parlarmi, e quelli con cui ero ancora in contatto mi prendevano in giro a motivo della mia nuova fede. Cominciai a capire che seguire Cristo significava portare una croce. Nel mezzo di questa lotta, nacque in me un conflitto. Mi resi conto che quando cercavo di fare del bene, in realtà finivo per fare solo del male.

Desideravo tanto trovare qualcuno che mi capisse. Purtroppo, alcune persone sapevano solo citare regole di comportamento ben precise, come vestirsi, cosa dire e quali cibi mangiare. Per quanto tutte queste cose siano importanti, non era quello il momento o il modo giusto per affrontarle. Sembrava impossibile ottenere la salvezza senza rispettare tutte queste regole, il regno dei cieli mi sembrava irraggiungibile.

Col tempo (e lo dico con tristezza) la mia amicizia con Gesù è diventata superficiale. I miei sforzi erano concentrati così tanto sui tentativi di raggiungere la perfezione, che ho finito per dimenticare come amare e come relazionarmi con il mio Salvatore. Ho vissuto una vita triste, finendo in depressione. Mia madre (anche se ora è avventista) e i miei amici mi hanno pregato di lasciar perdere la mia fede. Secondo loro, la religione avventista stava rovinando la mia giovinezza e la mia gioia di vivere.

Accettai con riluttanza gli inviti del nemico. Lasciai la chiesa, con grande disappunto di mio padre, confermando i sospetti che alcune persone avevano sulla sincerità del mio cambiamento; ma Dio conosceva il mio cuore.

Non ho mai goduto della compagnia dei miei amici, perché sapevo che non era quello il mio posto. Temevo persino di avventurarmi per strada, temendo di morire da sola. Ogni venerdì al tramonto mi veniva una terribile angoscia, mentre i ricordi dolorosi mi travolgevano.

Ogni tanto, in preda alla disperazione, visitavo una chiesa, desiderando che qualcosa in me cambiasse. Ogni volta che entravo in una chiesa, sentivo lo sguardo sospettoso delle persone curiose che conoscevo. A volte il loro atteggiamento sembrava ostile. Pensavo che la salvezza non valesse per me.

Ma proprio mentre ero smarrita, Gesù non solo mi aspettava a braccia aperte, ma veniva in mio soccorso, mostrandomi quanto mi amava.

 

Di nuovo in pista

Non molto tempo dopo aver lasciato la chiesa, è successo qualcosa alla madre della mia migliore amica. La mia amica mi chiese di pregare per sua madre e di darle degli studi biblici. Era sempre stata critica nei confronti della mia fede, senza mai accettare quanto le raccontavo su Gesù. Ma ora voleva che cercassi l’aiuto divino per sua madre.

Come potevo io, una peccatrice, intercedere per lei?

Con sorpresa e gioia, mi inginocchiai con la mia amica, chiedendo il perdono dei nostri peccati. Sembrava che una luce illuminasse gli oscuri momenti della mia vita.

Siamo rimaste alzate fino a tarda notte, pregando e studiando la Parola di Dio. Abbiamo poi cominciato a frequentare regolarmente la chiesa, chiedendo di essere battezzate.

Alcuni erano scettici sulla mia conversione, dubitando che sarei rimasta fedele agli insegnamenti del Signore. Ma ora avevo qualcuno al mio fianco, qualcuno che capiva le mie lotte.

Io e la mia amica pregavamo e ci incoraggiavamo a vicenda. Durante questo periodo ho conosciuto il mio futuro marito, che mi ha anche aiutata ad avvicinarmi a Cristo. Insieme, davamo studi biblici, distribuivamo volantini e facevamo parte della vita di chiesa. Cominciai così a essere uno strumento nelle mani di Gesù, cosa che rafforzò ulteriormente la mia fede.

Senza rendermene conto, stavo vivendo secondo i principi della Chiesa: lo Spirito Santo stava portando frutti nella mia vita. Cominciai a capire che quando concentriamo la nostra attenzione sul fare la volontà di Dio a motivo del nostro amore per Gesù, l’ubbidienza diventa una naturale e piacevole conseguenza del nostro cuore nuovo.

 

Raggiungere gli altri

Non è sempre necessario ricordare ai giovani cosa è giusto e cosa è sbagliato. Anche se inventano scuse per giustificare i propri sbagli, spesso sanno perfettamente come distinguere le cose giuste da quelle sbagliate.

Dobbiamo lasciare che si innamorino di Gesù e che siano coinvolti nella sua opera, sostenuti dagli altri membri di chiesa. Le persone che sono un gradino più in alto non tirano pietre a chi sta sotto. Al contrario, tendono la mano a coloro che cercano di salire la stessa scala.

Non dovremmo considerare le persone come se non fossero veramente convertite solo perché non si comportano come vorremmo. Molto meglio metterci nei loro panni e offrirci di aiutarli in ogni modo possibile. Mentre preghiamo per e con gli altri, tutti noi avremo il piacere di appartenere alla meravigliosa grande famiglia della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno.

 

 

Di Débora Tatiane Borges, una scrittrice freelance, è membro della Chiesa Avventista di Boituva, San Paolo, in Brasile. La sua storia è apparsa su Revista Adventista ed è stata tradotta da Charles A. Rentfro.

Fonte: https://www.adventistreview.org/1911-58

Traduzione: Tiziana Calà

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