Fallimenti, diatomee e ossa

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Cos’hanno in comune questi elementi apparentemente diversi?

 

Stavo guardando Will Smith spiegare il viaggio sulla sabbia nella serie di documentari “One Strange Rock” quando ho sentito parlare per la prima volta delle diatomee. Ogni anno, tonnellate di polvere sahariana vengono sollevate dal vento e trasportate in un epico viaggio di 9.650 chilometri attraverso l’Atlantico, fino ad arrivare nel cuore della regione amazzonica del Brasile.

Si scopre che questa polvere ricca di nutrienti è ciò che nutre l’Amazzonia, rifornendola di fosforo e altri fertilizzanti. Senza la polvere sahariana, la regione amazzonica non sopravvivrebbe.

Ma aspettate un attimo: com’è possibile che un deserto fertilizzi una foresta pluviale? Cosa rende la polvere sahariana così ricca di nutrienti? La risposta è una sola: le carcasse! Le carcasse delle diatomee, per essere precisi.

Le diatomee sono alghe microscopiche e unicellulari. Nonostante le loro dimensioni minuscole, hanno un ruolo fondamentale: producono circa il 50% dell’aria che respiriamo; pensate al lavoro che fanno senza nemmeno ricevere un degno riconoscimento! Le diatomee si trovano in tutto il mondo, negli oceani, nell’acqua dolce e persino sulle superfici umide.

Sorprendentemente, il Sahara una volta era un’oasi lussureggiante piena di laghi dove vivevano miliardi di diatomee. Dopo la fioritura, queste diatomee morivano e affondavano sul fondo dei laghi. Ma a differenza di altre alghe, le diatomee non si decompongono, perché le loro pareti cellulari sono fatte di silice. Di conseguenza, gli “scheletri” delle diatomee si accumulavano sul fondo. Quando i laghi si sono asciugati, hanno esposto i gusci delle diatomee, permettendo al vento di riscrivere completamente la loro storia.

Come si definisce il successo? Quando i sogni si prosciugano e le oasi diventano deserte, io personalmente sono spesso troppo veloce nell’etichettare quelle esperienze come “fallimenti”. Tendo ad avere fretta di risultati quantificabili. Ma non sto per dirvi che il tempo e la pazienza possono trasformare radicalmente la vostra storia. Questo è vero, naturalmente, ma non è il punto chiave di quanto vorrei dirvi.

Il punto è che, come cristiani, abbiamo una definizione migliore del termine “successo”. Il successo non è semplicemente il risultato, ma il percorso stesso. Nel regno di Dio, essere fedeli equivale ad avere successo. Siamo chiamati a fare del nostro meglio, confidando in Dio per il risultato. Questo ci permette di ancorare le nostre identità su un terreno molto più solido del successo o dei risultati.

Di conseguenza, di fronte a un apparente fallimento, non ci disperiamo. “Ma io dicevo: Invano ho faticato; inutilmente e per nulla ho consumato la mia forza; ma certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa è presso il mio Dio” (Isaia 49:4). Per iniziare a guardare attraverso la lente della fedeltà piuttosto che del compimento, dobbiamo imparare l’arte di vedere l’invisibile.

A prima vista, la morte del profeta Eliseo sembra del tutto irrilevante e ironica. Lo stesso uomo che Dio ha usato per guarire così tante persone giaceva inerme a letto. Il profeta che riportò in vita il figlio della vedova di Sarepta stava soccombendo una malattia comune. Mentre il suo predecessore, Elia, fu trasportato in cielo su un carro di fuoco, non ci furono fanfare per Eliseo. Aveva chiesto una doppia porzione dello Spirito di Dio, ma il suo ultimo atto riportato fu quello di arrabbiarsi con il re Ioas per la sua mancanza di fede (cfr. 2 Re 13:19). La sua carriera di profeta fu un fallimento? Certo che no, Eliseo era fedele!

Per mostrarci l’invisibile, o parte di esso, la Bibbia riporta una storia insolita. Qualche tempo dopo la morte di Eliseo, un gruppo di israeliti stava seppellendo un uomo. Improvvisamente videro una banda di predoni moabiti e, terrorizzati, gettarono il corpo nella prima tomba che trovarono. Era la tomba di Eliseo. Quando il corpo toccò le ossa di Eliseo, l’uomo ritornò in vita (cfr. 2 Re 13:20-21).

Amo questa storia perché illustra con forza come Dio si prende cura dei risultati. Eliseo era morto e sepolto; non sapeva nulla e non poteva fare nulla. Ma noi serviamo un Dio che può fare miracoli con ossa secche e carcasse di diatomee. Così, senza che Eliseo alzasse nemmeno un dito, Dio riscrisse completamente la sua storia.

Dio ci chiama a essere persone fedeli, non di successo. Considera quanta grazia c’è in questa chiamata. Dio sta togliendo il peso del successo dalle nostre spalle e lo sta mettendo sulle sue (cfr. Matteo 11:29). Ci sta invitando a concentrarci sull’invisibile, ad ancorarci a Lui.

Non lasciatevi ingannare dalle circostanze. I risultati finali sono sempre nelle mani di Dio. Siate fedeli! Il vento del Suo Spirito può portare in alto le carcasse dei vostri sogni, utilizzandole per fertilizzare un paradiso verde e rigoglioso. Anche dopo che ve ne sarete andati, Dio può usare il vostro esempio di fede e ubbidienza per dare forza ad altri. Cerchiamo di essere fedeli.

 

 

Di Vanessa Pizzuto per Adventist Review; Vanessa coordina i progetti missionari della Divisione Transeuropea

Fonte: https://www.adventistreview.org/on-failure-diatoms-and-the-bones-of-elisha

Traduzione: Tiziana Calà

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