La domanda più difficile

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Chi devi perdonare?

Vorrei che ti soffermassi su questa domanda per un momento. Forse è più di una persona, un gruppo o persino un’organizzazione, un’azienda o un paese. Forse è una chiesa o persino una denominazione.

È una domanda scomoda, che non ci poniamo spesso. Eppure ogni tanto ci viene ricordato il comando di Gesù di perdonare.

Conosciamo gli aspetti a favore, il potere e la teoria del perdono. Ma pochissimi di noi praticano questa disciplina.

Il perdono fa paura perché richiede un cuore aperto e vulnerabile. Ci sono alcune persone che mi vengono in mente e che ho bisogno di perdonare. Ma a volte è così difficile.

Nella mia libreria al lavoro, ho trovato la terza lezione del corso “Forgive to Live” (letteralmente, Perdonare per vivere). Mentre la sfogliavo, questa definizione di perdono ha attirato la mia attenzione: “Il perdono è il processo di riorganizzazione della propria rabbia e del dolore del passato, con l’obiettivo di recuperare il proprio valore nel presente e rivitalizzare il proprio scopo e le proprie speranze per il futuro”.

Scomponiamo questa definizione.

La prima parte della definizione suggerisce che abbiamo bisogno di riconoscere e regolare il modo in cui vediamo il nostro passato.

Quando ci chiediamo chi dobbiamo perdonare, possiamo già conoscere la risposta, ma è raro che passiamo all’azione. Una volta portata alla mente, la persona (o la cosa) se ne torna indietro, non perdonata, confinata nel dimenticatoio della nostra mente.

Questo ci lascia prede della persecuzione. Lo spirito del non perdonare favorisce il risentimento, la negatività e il cinismo.

“Diffida della vendetta che la tua amarezza richiede. La lama che brandisci taglierà in entrambe le direzioni per ferire te e coloro che ferisci: entrambi sanguinerete”, ha condiviso di recente su Twitter Bill Knott, editore di Adventist Review.

Ripensare al nostro passato è un modo per “ripulire la nostra cantina” mentale, sfrattare gli inquilini indesiderati e riorganizzare la stanza per qualcos’altro.

La seconda parte della definizione parla di una realtà importante che spesso viene trascurata: il non perdonare può avere un impatto negativo e offuscare la nostra autostima nel presente. In altre parole, aggrapparsi a qualcosa di negativo può effettivamente avere un impatto sul nostro senso generale di dove e come ci troviamo in relazione agli altri… e a Dio. Notate che ho detto il nostro senso di dove siamo. Nulla di ciò che facciamo può avere un impatto sulla nostra posizione attuale con Dio, a parte rifiutarlo del tutto.

La nostra azione nel presente, la nostra scelta di perdonare, ci aiuta a liberarci dalla vergogna che ci sussurra che siamo indegni. In questo senso, molti di noi stanno effettivamente lottando di più con l’impossibilità di perdonare noi stessi. Questo senso di vergogna e d’impossibilità e incapacità al perdono nei nostri confronti può effettivamente condurci alla tentazione e al peccato, perché o cadiamo in un ciclo di abbuffate/spurghi o siamo attratti da comportamenti che rafforzano le nostre false opinioni su noi stessi.

Infine, la definizione di perdono su cui abbiamo lavorato ha anche un elemento futuro: rivitalizzare il proprio scopo e le speranze per il futuro.

Abbiamo già parlato dei pericoli di restare legati al passato, ma è anche importante essere liberi per il futuro. Rivitalizzare significa riportare in vita. Il non perdonare può spesso distrarci, soffocando le nostre speranze e i nostri sogni. Ci sentiamo intrappolati dal nostro passato e persi nel nostro presente, il che porta al pessimismo e alla mancanza di speranza.

Il perdono ci permette di concentrarci ancora una volta sul futuro. Possiamo coltivare un orientamento al perdono pieno di grazia e pazienza, così la prossima volta che ci viene fatto qualcosa di male, sarà più facile perdonare.

Gesù è un modello di questo tipo di perdono orientato al futuro. Il vangelo di Luca ci dice che, mentre era appeso alla croce, nel mezzo del suo dolore, Gesù fu capace di supplicare Dio, dicendo: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34).

La posizione del perdono di Gesù sembra quasi irraggiungibile. Egli dimostra il potere di scegliere preventivamente il perdono. È quasi come se, se prendiamo sul serio il perdono, possiamo metterlo in banca, da parte, per poterlo spendere e usare nel nostro futuro.

 

 

Di Jarrod Stackelroth, direttore di Signs of the Times Australia e di Adventist Record, la rivista interna della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno in Australia, Nuova Zelanda e nella Divisione del Sud Pacifico. Vive a Sydney con sua moglie e il loro bambino.

Fonte: https://st.network/analysis/top/the-most-challenging-question.html

Traduzione: Tiziana Calà

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