Dio è il mio giudice

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Per una persona il cui nome significa “Dio è il mio giudice”, non sorprende che il tema del giudizio mi interessi.

All’inizio era un pensiero che mi spaventava. Dio è il mio giudice: questo significava in qualche modo che avrei ricevuto la punizione che meritavo, dato che sono una “cattiva ragazza”. Da dove provenga questo pensiero (che sono una “cattiva ragazza”) è un tema di cui parleremo un’altra volta, ma il desiderio di scoprire il significato del giudizio nella Bibbia mi ha spinto a fare una ricerca approfondita.

Ho iniziato con il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia, o Torah, come vengono chiamati questi libri. Il Pentateuco è il fondamento della Bibbia. Le storie che incontriamo in esso sono trasmesse nel corso di tutta la Scrittura. Perché non controllare prima questo aspetto?

Si scopre che giudizio è una parola che veniva usata molto più spesso nelle prime traduzioni della Bibbia. Sembra che i traduttori abbiano usato questo termine sempre meno con il passare degli anni. Forse perché il termine giudizio è talvolta apertamente, talvolta sottilmente, accostato a quelli di promessa, giustizia e misericordia. Il messaggio che sembra permanere è che il giudizio costituisce un qualcosa di negativo.

Quando pensate alla parola giudizio, cosa vi viene in mente? Ha una connotazione positiva o negativa? A volte collegate il giudizio e la punizione come una cosa sola o come una cosa che inevitabilmente porta all’altra?

Se si considera che il termine giudizio è sempre meno usato nella traduzione dell’Antico Testamento, ci si chiede se le parole ebraiche con cui si traduceva il termine giudizio siano molte o poche, e se sia emersa una nuova comprensione del loro significato.

Passando al Pentateuco, troviamo tre parole ebraiche principali per indicare il giudizio: dîn, špt e mšpt. Ho deciso di controllare ogni singolo versetto del Pentateuco che utilizza una di queste tre parole e di verificare le parole dal punto di vista grammaticale, per poi considerare il contesto in cui si trovano per determinare il loro significato.

Per esempio, quando Sarai disse ad Abramo “Il Signore sia giudice fra me e te” (Genesi 16:5), cosa voleva che accadesse? Quando gli israeliti in Egitto dissero a Mosè e ad Aronne: “Il Signore volga il suo sguardo su di voi e giudichi!” (Esodo 5:21), cosa volevano che facesse Dio?

In 113 versetti del Pentateuco, queste parole ebraiche si trovano 120 volte. Sì, in alcuni passaggi ben due volte in un solo versetto. È un bel po’ di controlli da fare e questo articolo non consente uno studio così approfondito. Vediamo quindi Genesi 16:5 (un esempio) e poi condividerò la conclusione dell’intero studio.

“Sarai disse ad Abramo: L’offesa fatta a me ricada su di te! Io ti ho dato la mia serva in seno e, da quando si è accorta d’essere incinta, mi guarda con disprezzo. Il Signore sia giudice fra me e te”.

La frase “Il Signore sia giudice fra me e te” indica che le persone in questione sono due: “me” (sarai) e “te” (Abramo). C’è una richiesta di coinvolgimento di una terza parte: il Signore. C’è un problema nella relazione tra “me” e “te” che deve essere risolto e Sarai si appella a Dio affinché possa essere la terza parte che risolverà questo problema.

Qual è il contesto?

Sarai ha dato in moglie ad Abramo la sua serva egiziana. Abramo accettò di prendere in moglie Agar e, come conseguenza della loro unione, Agar rimase incinta. In quella condizione sentì il suo status aumentare notevolmente, tanto da disprezzare Sarai, la sua padrona. La situazione deve essere diventata insostenibile tanto da spingere Sarai a rivolgersi ad Abramo. Lo considerava il responsabile della situazione. Abramo, che era il capofamiglia, aveva la responsabilità di “tenere le cose in ordine”. Se Sarai soffriva così, non aveva svolto bene il suo dovere. Non aveva tenuto sotto controllo l’altra moglie, in modo che ci fosse pace e ordine nella casa. Sarai aveva un problema con Agar, ma era responsabilità di Abramo risolvere questo problema. Poiché lui non ci riusciva, lei si rivolgeva a Dio affinché risolvesse il caso, la situazione.

Anche la prassi del Vicino Oriente antico per quanto riguarda la risoluzione di liti o controversie aiuta a comprendere il significato di “giudice” in questo testo. Se si verificava una lite (rîb) tra due parti, queste potevano risolverla da sole o far giudicare un giudice. “Le due parti in causa presentano le loro rispettive argomentazioni al giudice, che decideva tra loro. Il giudice è quindi un arbitro il cui scopo principale non è punire, ma risolvere le controversie”. Sarai non chiede a Dio di punire Abramo, ma di decidere chi ha ragione e chi ha torto.

Il verbo špt è usato con una forza iussiva, di comando, che può essere tradotta con “lascia che…”. È un incoraggiamento a Dio a fare qualcosa per la persona disprezzata e sofferente. Il vero significato è: “Lascia che sia il Signore a decidere chi ha ragione, tu o io”.

Il contesto sembra indicare che Sarai era sicura di avere ragione in questa situazione e che Dio renderà nota tale decisione, in modo da risolvere la questione. Si appellava a Dio perché decidesse con giustizia, perché la vendicasse, perché la salvasse dai maltrattamenti.

Che dire degli altri versetti in cui sono presenti le tre parole ebraiche usate per il giudizio?

Il giudizio nel Pentateuco ha una connotazione positiva o negativa? In base allo studio delle parole ebraiche che indicano il giudizio (dîn, špt e mšpt) la risposta è chiara: ha una connotazione positiva. Su 120 volte in cui queste parole sono presenti nel Pentateuco, il significato di punizione si trova solo tre volte. La conclusione è che il giudizio nel Pentateuco è una decisione seguita da un’azione, basata su un ragionamento informato. Il suo scopo principale è quello di rivendicare, aiutare e difendere gli innocenti.

Ma che dire del resto della Bibbia? Ha importanza in quale parte della Bibbia si trova la parola? Il significato è diverso o diventa sempre più negativo man mano che leggiamo la Bibbia?

Questa è una domanda a cui qualcun altro dovrà rispondere. Ma per ora io, Danijela, il cui nome significa “Dio è il suo giudice”, come Sarai nella Bibbia, posso aspettare con gioia che Dio mi giudichi, perché so che Dio prenderà una decisione giusta in mio favore, rivendicando la mia fedeltà e la mia fiducia in lui. Un giorno vivremo per sempre in un mondo giusto, perché Dio è il Giudice supremo.

 

 

Di Danijela Schubert, assistente segretaria di campo della Divisione del Pacifico meridionale e segretaria dell’associazione pastorale; ha due figli adulti e vive con il marito a Melbourne.

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2023/02/28/god-is-my-judge/

Traduzione: Tiziana Calà

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