DELLE VACANZE DIVERSE DAL SOLITO

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Nel 2014, ogni persona residente in Svizzera ha intrapreso in media 2,9 viaggi con pernottamento. Il 63% di questi viaggi aveva destinazione all’estero. Primo criterio per la scelta della destinazione: il sole, ovviamente! Come tutti coloro che vanno in vacanza in tutto il mondo, gli svizzeri viaggiano con la voglia di rompere la solita routine, e per la maggior parte, ciò significa approfittare del bel tempo, del mare, della natura. Ciò che è interessante notare è che i viaggiatori all’estero sono diventati, per la nuova generazione, uno dei primi indici di una vita di successo. Quando i nostri genitori all’inizio della loro carriera sognavano di poter comprare una macchina o una casa, nel 2016 molti giovani lavorati sognano di poter viaggiare all’estero. Ancora prima di trovare l’anima gemella o di avere un alloggio, i giovani hanno come primo obiettivo quello di viaggiare. Danno una grande importanza al conoscere nuove culture prima di “posarsi” per seguire lo schema classico: matrimonio-casa-figli. Dietro tutto ciò si cela la voglia di partire per un’avventura, forse anche di mettersi “in pericolo”, per un po’ di più di una semplice vacanza.

L’idea di un anno sabatico è ben diversa da un progetto di congedo o di viaggio. Nella Bibbia (Esodo23:9-12), il riposo della terra è ogni sette anni, messo in parallelo con il riposo settimanale del sabato, che è un impegno che esprime chiaramente la volontà di Dio di limitare lo sfruttamento della terra e dei lavoratori. Per noi, prendere un anno sabatico esprime dunque la volontà di rinunciare alle prerogative del lavoro e del denaro, al meno per un tempo. Poiché crediamo che il cristiano è sottomesso nello stesso modo alla forte influenza del materialismo, abbiamo voluto vivere una vera rottura nella nostra attività professionale (nonostante sia al servizio della Chiesa).

Vorrei condividere con voi qualche aspetto dell’anno sabatico che abbiamo vissuto in famiglia: mio marito Esly, io e i nostri due figli, Baptiste che al momento di partire aveva 15 anni, e Hannah che ne aveva 11. Per quasi un anno, Pondichéry, che si trova al sud-est dell’India, è diventata la nostra patria di adozione.

Noël à la CathédraleNella prospettiva di un anno sabatico, alcuni potrebbero essere motivati dall’idea di fare tutto ciò che vogliono senza avere delle conseguenze nell’attività professionale, spesso monotona e faticosa.
Bisogna comunque considerare anche l’altro lato della medaglia: il riposo si può spesso trasformare il noia, e la libertà in angoscia. A ciò si può aggiungere anche la mancanza di vita sociale (senza amici, in un luogo sconosciuto), e il fatto di doversi confrontare ad una cultura completamente diversa e forse anche destabilizzante. Però un  anno sabatico non è per forza caratterizzato tutto dal riposo. C’erano anche altri elementi nella nostra famiglia. I nostri figli erano cresciuti: il più grande era già adolescente e sarebbe presto passato alla mat
urità continuando i propri studi e i propri progetti. Abbiamo voluto rompere la “bolla occidentale” con i nostri figli in cui tutto si basa sull’avere e sul comprare, dove tutto è dovuto, pensando che sia così in tutto il mondo. Inoltre, io e mio marito avevamo sempre sognato di andare in India! Perché? Difficile da spiegare. Era un sogno, una dolce chiamata interiore, un’aspirazione profonda e persistente di conoscere questo paese così affascinante. In un momento dato, ci siamo resi conto che dovevamo prendere in mano questo progetto e passare all’azione senza aspettare il momento ideale in cui tutto sarebbe stato pronto, in cui avremo avuto il denaro sufficiente, o in cui avremo Kolam à Pondichérypotuto organizzare tutto nei minimi dettagli, in cui avremo già letto molti libri sull’India..insomma, un momento ideale che non arriva mai! Quindi ci siamo lanciati, preparandoci nel miglior modo possibile, ovviamente, ma con una buona dose di fiducia e con lo spirito d’avventura, contento sul Signore per ogni cosa, e accettando il fatto di lasciare la nostra zona di
comfort. Infatti, questo è un dettaglio importante da prendere in considerazione quando ci si vuole lanciare in questo genere di avventura, ed effettivamente abbiamo un po’ vagato anche prima di partire: bisognava trovare un guardiano per la casa, vendere la macchina, negoziare il nostro futuro professionale, ottenere il permesso Visa per l’India (cosa non facile da fare!), scegliere una città in India, trovare un alloggio, una scuola per i ragazzi, e molto altro.. Il nostro anno sabatico era cominciato molto prima di atterrare a Chennai (l’antica Madras nel sud-est dell’India).

Arrivati in India, la prima cosa che ci colpisce sono il rumore e il caldo. Quando siamo usciti dall’aeroporto di Chennai ed eravamo finalmente sul taxi per Pondichery(1), siamo stati assaliti dal rumore assordante di un concerto di claxon sempre presente in tutta l’India. Le strade sono (quasi) tutte inondate da una marea di veicoli come camion di vari colori e con delle scritte dall’ortografia variabile, passando poi agli autobus fino agli rickshaw e alle moto che guidano un po’ come vogliono. All’inizio il traffico dell’India mi sembrava un vero e proprio caos, ma poi mi resi conto che questo “caos” funzionava comunque bene e venivano addirittura seguite determinate regole. Inoltre, a parte il traffico, non bisogna dimenticare le mucche, la famose mucche sacre che posso passeggiare dove vogliono, anche contro senso per strada! Che bello scenario!

Poi, quel caldo che si incollava al corpo e ci lasciava sudati tutti il giorno. All’inizio mi facevo la doccia 5 volte al giorno! Ci siamo presto innamorati dei ventilatori e dei climatizzatori. Ricordo ancora oggi la felicità nel ricevere il monsone, la stagione delle piogge, che facevano abbassare le temperature. In ogni modo, durante tutto l’anno abbiamo sempre usato delle infradito e quando pioveva forte avevamo i piedi in acqua fino alla caviglia. Però curiosamente bisogna notare che il nostro corpo presenta una sorprendente capacità di adattamento e che ci si abitua a tutto e soprattutto si impara a vivere come la gente del paese. Visto che a Pondichéry degli “ex-patrioti” vivevano tranquillamente fra di loro, abbiamo scelto di allontanarci un po’ dall’antico quartiere francese.

Prêtre jainCi siamo stabiliti in un quartiere in cui dalla nostra terrazza potevamo vedere il campanile della cattedrale cattolica, da cui a diverse ore della giornata sentivamo il richiamo alla preghiera delle moschee, e nella nostra stessa via c’era un piccolo tempio indu, dove i fedeli portavano le loro offerte. Sono stata colpita dal notare come gli adepti delle diverse religioni vivevano insieme in modo intelligente, e rispetto ad altre regioni dell’India, Pondichéry è un esempio per quanto riguarda la tolleranza fra le diverse comunità religiose. Tuttavia, vorrei aggiungere che verso la fine del nostroanno sabatico, quando abbiamo intrapreso un viaggio di due mesi per fare un tour dell’India, non abbiamo mai riscontrato delle ostilità da parte degli indiani, né per il fatto di essere “bianchi”, né per la nostra religione. In vari casi ci siamo sentiti addirittura accolti in modo particolare. Gli indiani erano sempre pronti ad aiutarci, anche quando ci bisognava sforzarsi per comunicare(2). Abbiamo anche fatto delle scommesse riguardo l’accoglienza e la differenza dell’apertura. Essendo cristiani, quando si va in India e si scopre l’induismo che è la religione principale (900 milione di fedeli nel paese!), si resta sempre sorpresi dalle numerose divinità(3), dal sistema delle caste e da ideali quali la reincarnazione, ecc. Che fare quindi? Visitare i templi come dei musei, ammirarne la maestosità e la bellezza ignorando i fedeli che vanno con uno zelo religioso impressionante? Dire che tutto ciò non è vero e che questi milioni di persone si trovano nell’errore e che saranno tra i perduti? Non è più accettabile pensare così. Ho fatto dunque la scelta di osservare come venerano i loro dei e sono in legame cono loro(4) e di rispettare il loro modo di intendere il mistero divino, avendo l’intima convinzione che si può sempre imparare qualcosa dagli altri. Visto che da noi, anche la fede e la religione devono passare attraverso il filtro della ragione in modo da vedere tutto in modo razionale, sono rimasta sorpresa dall’approccio più globale della pratica indu’ che fa riferimento a tutti i sensi: solo per fare Désert du Tharun esempio, ci sono cose da vedere (i templi che sono molto colorati), da toccare (le statue a volte sono lavate con il latte (!!), vestite e truccate), da annusare (l’incenso), e anche tutto il corpo ne è implicato (le persone si prostrano davanti le divinità e hanno delle linee sulla fronte). In India, non si può restare indifferenti davanti al fervore spirituale dei fedeli. Inoltre, c’è anche un lato culturale, poiché qualsiasi sia il luogo santo in cui si entra (tempio indu’, jain o sikh, moschea o chiesa cristiana) bisogna sempre togliersi le scarpe. In questo modo, prima di entrare in una chiesa avventista in India, si lasciano le infradito vicino a quelle degli altri che sono già entrati. Ciò mi ha fatto ricordare al gesto di Mosè davanti al pruno ardente (Esodo 4) che si tolse i sandali in segno di rispetto davanti la santità del Signore, mostrando semplicità e umiltà attraverso il suo corpo. Quando abbiamo vissuto a Pondichéry, i nostri figli frequentavano il liceo francese e seguivano normalmente il loro ciclo di studi, creando così una certa struttura delle nostre giornate. Ciò che resta impresso nei nostri ricordi è la qualità delle loro amicizie nutrite sul posto. I ragazzi potevano tranquillamente circolare in città, in rickshaw, in bicicletta o in scooter (le regole rispetto alla circolazione sono meno rigide rispetto a come sono qui): i miei figli hanno vissuto una sensazione di grande libertà. Durante il loro tempo libero, potevano passeggiare in città con gli amici. Anche noi adulti abbiamo apprezzato molto il fatto di avere del tempo: tempo per leggere(5), tempo per passeggiare, per osservare le persone e la loro vita(6), per ammirare i colori (dei sari, dei fiori venduti al chilo, dei mercati, dei templi, ecc.), del tempo per mangiare le specialità molto speziate dell’India del sud, di bere l’acqua di cocco o il vero “chai”(7) da una piccola tazza sul ciglio della strada. Insomma, abbiamo scelto di dare del tempo al tempo. Il nostro anno sabatico vissuto lontano dal mondo occidentale e da tutto ciò che ci era familiare, mi ha fatto pensare all’esperienza vissuta dal popolo d’Israele nel deserto che doveva dipendere completamente dal Signore e andare avanti poco a poco. Questo implica anche per noi vedere le piccole esperienze apparentemente senza importanza come delle benedizioni del Signore. La nostra esperienza mi ha fatto pensare anche a Gesu che, venendo sulla nostra terra, ha lasciato il cielo ed è venuto a raggiungerci nella nostra umanità. Abbiamo vissuto l’esperienza di essere straniere, diversi e anche strani per la maggioranza che ci circondava. Anche se era tutto in un ‘altra dimensione, Gesu ha vissuto tutto questo. Ci siamo sentiti sostenuti dalla sua presenza, abbiamo capito meglio che Gesu è venuto da lontano per vivere tra noi. E inoltre, questo incontro con delle persone di altre culture ci ha trasformato, ha rotto alcuni pregiudizi e ci ha permesso di vivere la nostra vulnerabilità come una forza (2 Cor 12:10). Durante questo periodo estivo, alcuni di noi potrebbero essere tentati nell’ “andare in vacanza” anche dalla nostra fede. Non è una buona idea. Quando il Signore ci permette di andare in vacanza e di scoprire altri paesi e altre culture, è per restare impressa in noi l’importante verità che siamo “stranieri e viaggiatori su questa terra”. Che l’essenziale è vivere questo periodo sotto il suo sguardo, approfittare della pausa per approfondire la nostra relazione con il Signore ed essere una luce negli incontri che Lui ci permette di vivere!

 

 

Doris Vargas Hordosch vive in Francia con suo marito Esly, che è pastore delle Chiese avventiste di Annemasse e di Thonon. Per diversi anni, lei ha insegnato nelle facoltà avventiste di Teologia di Collonges e di Sagunto (Spagna). È anche responsabile dell’SDS degli adulti alla Federazione Francia Sud. Scrive regolarmente per delle pubblicazioni avventiste (Segni dei tempi, All’ascolel del testo).

 

(1) Pondichéry è stato una colonia francese fino al 1954, ma oggi, anche se sono ancora presenti alcune istituzioni francesi (ambasciata, liceo francese, Alliance française, centro di ricerca), la città è diventata una vera città indiana di media grandezza con una rilevante dimensione internazionale.

(2) A Pondichéry, che è un territorio indipendente della regione (stato) del Tamil Nadu, la lingua ufficiale è il Tamul, che è una delle 18 lingue ufficiali, compreso l’inglese. In tutta l’India, è abbastanza facile comunicare in inglese.

(3) Brahma, Vishnou, Krishnae, le loro rispettive mogli Saraswati, Lakshmi et Parvati, ma anche il dio elefante Ganesh e altri ancora.

(4) Per gli indu’, si parla ovviamente di dei al plurale, ma molto spesso sono intesi come delle manifestazioni particolari (avatars) di Uno.

(5) Se avete voglia di tuffarvi nella letteratura indiana, leggete Rabindranath Tagore (1861- 1941), un grande poeta, scrittore (che ottenne il premio Nobel per la letteratura nel 1913), filosofo e pensatore d’avanguardia. Il suo linguaggio è di una grande bellezza e porta il lettore alla scoperta dell’India della sua epoca con molta sensibilità, poesia e profondità.

(6) Il kolam è un disegno che la maestre di casa fa tutti i giorni sulla soglia di casa (parte esterna) con della farina di riso. Rappresenta un simbolo di benvenuto e di benedizione per l’ospito che vi cammina sotto.

(7) Il succo di noce di cocco si beve direttamente dalla noce (ancora verde) con una cannuccia e ha un effetto depurativo e remineralizzante. Il thé indiano (malasa tea) è un thé nero bollito con del latte e zucchero mescolato con il cardamomo, zenzero e a volte qualche spezia. Sembra che aiuti a sopportare il caldo umido.

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