La comprensione biblica della natura e delle definizioni del peccato

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Il peccato è descritto nella Bibbia soprattutto in termini teologici e relazionali, in quanto è rivolto contro il nostro Dio, il Creatore e Redentore, e distrugge noi e le nostre relazioni con le persone che ci circondano. Davide ha espresso questo concetto in modo eloquente nel suo pentimento dopo aver compreso la natura demoralizzante delle sue azioni peccaminose su di sé, su Bat-Sceba e sulla sua famiglia: “Ho peccato contro di te [o Dio], contro te solo, ho fatto ciò che è male agli occhi tuoi” (Salmo 51:4; cfr. Genesi 39:8).

La colorita e ampia terminologia ebraica del peccato ne rivela la natura devastante. Il ricco vocabolario dimostra la complessità del peccato. Il linguaggio biblico più forte del peccato, la trilogia del peccato, è costituito dai seguenti termini: hattah (il termine più comune per indicare il peccato nel senso di mancare il bersaglio, deviare dalla retta via o smarrire la strada; la parola greca hamartia esprime lo stesso concetto), avon (trasgressione, qualcosa che è piegato, contorto o storto) e peshah (ribellione, rivolta). Dio perdona tutte le varianti e i peccati menzionati nei passi cruciali della Scrittura ebraica (cfr. Esoso 34:6; Levitico 16:21; Salmo 32:1-2; Isaia 53:5-6,8-12; Daniele 9:24). Oltre a queste tre parole principali per indicare il peccato, la Bibbia contiene altri termini che descrivono la complessità del peccato e la nostra natura peccaminosa, come ad esempio: male, colpa, malvagità, trasgressione, impurità, inganno, disonestà, falsità, offesa, abominio, profanazione, perversione, iniquità, errore, ingiustizia, arroganza e fallimento.

Secondo il racconto della creazione della Genesi, gli esseri umani sono stati creati (1) in relazione con Dio, (2) in totale dipendenza da lui, (3) per godere e coltivare la sua presenza nella nostra vita. Il peccato manda in frantumi questo modello e distrugge il bellissimo disegno originale stabilito da Dio per la felicità, la prosperità e la crescita dell’umanità.

 

Cinque definizioni bibliche del peccato

Si possono riassumere i vari aspetti del problema del peccato in cinque principali definizioni bibliche del peccato:

  1. Il peccato, secondo Genesi 3, è una relazione interrotta con Dio, un tentativo di vivere in modo indipendente, autonomo, da Dio (dal greco autos, “sé”, e nomos, “legge”, cioè essere una legge per se stessi). È una vita senza Dio, la sua autorità e la sua legge. Distrugge le qualità fondamentali della vita e dice no alla presenza di Dio nella vita (così Adamo ed Eva si nascosero dopo aver peccato). Il peccato è quindi la de-creazione, la disfatta della meravigliosa creazione di Dio. Il peccato inverte tutte e tre le funzioni e gli scopi fondamentali della vita per cui siamo stati creati: rompe la comunione fiduciosa con Dio, decide con la propria autorità ciò che è giusto o sbagliato e allontana dalla presenza del Signore. Così, il male separa da Dio e ci isola da lui. Il peccato nasce dal rifiuto dell’autorità di Dio e dalla mancata volontà di riconoscerlo come Creatore, al quale si è e si deve rendere conto. La legge di Dio viene infranta prima nella mente e poi nel comportamento. La stessa idea di Genesi 3 è ripresa da Paolo nel Nuovo Testamento: “Tutto quello che non viene da fede è peccato” (Romani 14:23). La fede è un rapporto di fiducia con Dio e la rottura della fede è peccato (cfr. Malachia 2:10-11). Dio commentò il peccato di Mosè allo stesso modo: “Non avete avuto fiducia in me per dare gloria al mio santo nome agli occhi dei figli d’Israele” (Numeri 20:12). Il peccato è dunque una mancanza di fiducia, scetticismo verso la Parola di Dio; è uno stato d’animo che comporta un diretto rifiuto della legge di Dio (a).

La Bibbia presenta altre definizioni di peccato, ma in linea di principio si tratta di un’elaborazione e di un approfondimento della descrizione precedente, costruita sulla base della teologia del peccato presentata nel racconto della caduta.

  1. La definizione più nota di peccato nella Bibbia ci viene data dall’apostolo Giovanni (con radici in Genesi 3): “il peccato è la violazione della legge” (1 Giovanni 3:4; la parola greca anomia significa letteralmente “assenza di legge”), un atto concreto di disubbidienza. È un’azione esterna, il risultato visibile di una relazione interrotta, la conseguenza di un pensiero sbagliato, l’effetto di una fede infranta e il prodotto della mancanza di fiducia. La domanda di Dio “Hai forse mangiato del frutto dell’albero che ti avevo comandato di non mangiare?” (Genesi 3:11) rivela che la disubbidienza è il risultato della mancanza di rispetto del comandamento di Dio. In questo modo, il peccato è una sfida, un’arroganza, una ribellione contro Dio e un orgoglioso rifiuto della sua Parola, della sua volontà e della sua autorità. Questo concetto è stato spiegato molto bene da Samuele a Saul, il primo re d’Israele, dopo la sua disubbidienza: “L’ubbidire è meglio del sacrificio […]; infatti la ribellione è come il peccato della divinazione” (1 Samuele 15:22-23). Vivere nel peccato significa vivere senza concentrarsi su Dio e compiere la sua volontà.
  1. Il peccato è uno stato in cui l’essere umano nasce. Ciò si riflette già in Genesi 5:1-3, dove si afferma che Adamo fu creato a immagine di Dio, ma Set nacque a immagine di Adamo, suo padre. La differenza tra Adamo creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Genesi 1) e Set a immagine e somiglianza di Adamo (cfr. Genesi 5) si spiega con l’evento che ha portato a questo cambiamento: la caduta nel peccato descritta in Genesi 3. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, la vita di Adamo e di Set si è trasformata in un’altra vita. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, la nostra natura umana si è corrotta e la loro discendenza è nata con una natura peccaminosa. Davide lo afferma chiaramente: “Ecco, io sono stato generato nell’iniquità, mia madre mi ha concepito nel peccato” (Salmo 51:5). Anche nel Salmo 58:3 Davide parla dell’atteggiamento sbagliato dei malvagi nei confronti di Dio: “Gli empi sono sviati fin dal grembo materno, i bugiardi sono traviati fin dalla nascita”. Prima del pentimento, tutti i nostri abiti sono sporchi (cfr. Isaia 64:6); prima della rinascita, il nostro cuore è ingannevole e maligno (cfr. Geremia 17:9). La via sembra diritta agli esseri umani, ma invece conduce alla morte (cfr. Proverbi 14:12). Non siamo in grado di cambiare la nostra natura, così come il leopardo non può cambiare pelle e togliere le macchie (cfr. Geremia 13:23). Senza eccezione, siamo tutti peccatori (cfr. Ecclesiaste 7:20; Romani 3:23; 1 Giovanni 1:8). Abbiamo naturalmente paura di Dio (cfr. Genesi 3:10); siamo nati alienati da lui e siamo morti nei nostri peccati (cfr. Efesini 2:1,12,19) (b).

L’apostolo Paolo lo spiega chiaramente in Romani 7:15-20 quando dichiara che il peccato risiede nella nostra natura umana. Gli esseri umani nascono con una natura peccaminosa e di conseguenza nascono come peccatori separati da Dio e bisognosi di salvezza. Come peccatori amiamo e generiamo il peccato e la nostra natura peccaminosa è caratterizzata da egoismo, tendenza al male, propensione al peccato e inclinazione al male. Il potere del peccato ci rende schiavi (cfr. Romani 5:6; 6:6-7,14; 7:25). Non solo una parte dell’essere umano ha peccato, ma l’intera persona, quindi tutto è colpito e corrotto dal peccato.

Giacomo sottolinea la stessa verità quando spiega che il peccato inizia con la concupiscenza della nostra natura peccaminosa, che la concupiscenza si trova dentro di noi e, quando viene coltivata, produce il peccato, la ricerca del frutto proibito. Questo desiderio sbagliato non è ancora peccato (a meno che non venga coltivato), ma quando viene assecondato porta ad azioni sbagliate e alla morte (cfr. Giacomo 1:14-15). Siamo colpevoli quando giochiamo e ci associamo a questi desideri malvagi.

  1. Il peccato è una negligenza nel fare il bene, un’omissione nel fare ciò che è giusto (cfr. Giacomo 4:17). Comporta un atteggiamento di indifferenza. Questo atteggiamento può essere chiamato anche apatia o tiepidezza (cfr. Apocalisse 3:15-18). Il cristianesimo non è solo non fare cose sbagliate (cfr. Giacomo 1:27), perché la vera religione consiste nel fare ciò che è buono, giusto e vantaggioso (cfr. Michea 6:8; Giovanni 5:29; Tito 3:8; Giacomo 1:27; Filippesi 4:5-6). Il cristianesimo è una religione attiva. Il Dio vivente è un Dio d’azione; perciò vuole seguaci proattivi. Conoscere la verità e praticare le buone azioni devono sempre andare di pari passo (cfr. Galati 5:4; Giacomo 1:27; 1 Pietro 2:9; Efesini 2:10).
  1. Il peccato per eccellenza è non credere in Gesù Cristo, che è l’unica soluzione al nostro peccato (cfr. Giovanni 16:8-9). Gli esseri umani non possono aiutarsi da soli, curare il problema del peccato e guarire la propria rottura. Cristo è il solo e unico Salvatore del mondo (cfr. Atti 4:12; 16:31; Romani 8:1; 1 Giovanni 5:12-13). Rifiutare il suo sacrificio estremo per noi, la sua morte sulla croce, è come annegare nell’oceano e, quando arrivano i soccorsi, rifiutare l’offerta dell’ancora di salvezza. Il peccato è un’incredulità nei confronti di Gesù, un rifiuto della sua attività salvifica a nostro favore, perché è l’unico che può salvarci dalla schiavitù del peccato. Non accettare Gesù come Salvatore personale e rimanere nel peccato è fatale (cfr. Proverbi 24:16; Giovanni 3:36).

 

Solo quando comprendiamo la vera natura del peccato possiamo comprendere e conoscere meglio noi stessi e ammirare ancora di più ciò che Gesù ha fatto e sta facendo per, in e attraverso di noi. La consapevolezza che la soluzione del problema del peccato ha richiesto l’incarnazione e la morte di Gesù Cristo (cfr. Genesi 3:15; Isaia 53:1-6; Giovanni 3:16; Romani 6:23; 2 Corinzi 5:21) ci aiuta a vedere la vera e orribile natura del peccato con la sua gravità e profondità. Dio ha dovuto lasciare la sua posizione in cielo, vivere come un essere umano e passare attraverso immense sofferenze e morte per salvarci e liberarci dalla potenza del peccato. Questa soluzione è stata estremamente costosa: la vita del Figlio di Dio, Gesù Cristo.

 

Conclusione

Dove il primo Adamo ha fallito, il secondo Adamo ha vinto (cfr. Romani 5:14-21; 1 Corinzi 15:22,45-49). Ciò che l’essere umano ha perso nel giardino dell’Eden, Cristo è venuto a ripristinarlo sulla croce. La nostra nuova vera identità può e deve essere modellata e costruita in base alla vittoria ottenuta da Gesù Cristo (cfr. 2 Corinzi 5:17). Dio non ci ha abbandonati nelle mani di Satana e del peccato: lo Spirito di Dio porta la vittoria quando, per fede, ci aggrappiamo a Dio e alla sua Parola, poiché solo lo Spirito Santo e la Parola di Dio possono produrre la vera vita (cfr. Ezechiele 36:25-27; Romani 8:4,14). La soluzione al peccato comporta non solo il perdono, ma anche il rinnovamento e la restaurazione dell’immagine di Dio, così come la libertà dalla schiavitù e dalle dipendenze dal peccato. La nuova vita è orientata alla Parola e allo Spirito (cfr. Romani 8:2-6; Colossesi 3:1-4,10).

La nostra natura peccaminosa non cambia né scompare con la conversione o il pentimento. Tuttavia, la nostra natura peccaminosa, le nostre tendenze o inclinazioni (ereditate o coltivate) possono essere controllate dalla potenza dello Spirito Santo, dalla sua Parola e dalla grazia di Dio (cfr. Romani 7:25; 8:1-11). Fino al ritorno del Signore avremo la nostra natura peccaminosa e solo quando ritornerà i credenti saranno completamente trasformati e riceveranno un corpo incorruttibile (cfr. 1 Corinzi 15:50-57; Filippesi 3:20-21; 1 Giovanni 3:2-5). Nel frattempo, però, possiamo avere piena fiducia in Cristo, che ci libera dal peccato.

 

 

  • Ellen G. White definisce con precisione il primo peccato di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden come “la mancanza di fiducia nella bontà di Dio, lo scetticismo verso la sua parola, e il rigetto della sua autorità, che resero trasgressori Adamo ed Eva, e fecero entrare nel mondo la conoscenza del male” (Principi di educazione cristiana, p. 16). La natura del peccato è quindi spiegata dal concetto di una relazione interrotta e di uno stato d’animo ostile nei confronti di Dio.
  • Solo Gesù è nato come “Santo” (Luca 1:35); tutti gli esseri umani nascono ostili a Dio (cfr. Romani 8:7) e morti nel loro peccato (cfr. Salmo 51:5; Efesini 2:1-3).

 

 

Di Jiří Moskala

Fonte: https://adventistreview.org/magazine-article/of-the-nature-and-definitions-of-sin/

Traduzione: Tiziana Calà

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