Un bellissimo sabato ho camminato sulle rive del lago Michigan, vicino alla Andrews University, il fiore all’occhiello della nostra chiesa. Mi sono goduto l’azzurro del cielo limpido, lo sciabordio dell’acqua sulla riva e la vista distesa della costa. Avevo deciso di esplorare il litorale e di vedere quanto lontano sarei potuto arrivare camminando. Ho immaginato di seguire Gesù sulla riva del lago e mi sono venute in mente delle immagini sulle impronte nella sabbia.
Dopo circa un’ora mi sono reso conto che avevo camminato lungo una stretta lingua di sabbia. Ma la lezione pratica era profonda. Da un lato c’era una sabbia granulosa, color cachi, resa rovente dal sole. Mi ero tolto i sandali e, sebbene non sprofondassi, la sabbia rovente bruciava i miei piedi nudi.
Dall’altra parte c’erano le acque dolci ma gelide del lago Michigan. L’acqua risultava rinfrescante solo dopo che i miei piedi erano stati bruciati dalla sabbia bollente. Ma il sollievo era solo temporaneo. Dopo un paio di passi i miei piedi passavano dal caldo Sahara al freddo della Siberia. Inoltre, la sabbia bagnata era instabile. A ogni passo i miei muscoli della caviglia si ricalibravano, facendomi rallentare, inciampare o incorrere in una qualche combinazione delle due cose.
L’unica soluzione che avevo era una sottile striscia di sabbia nel mezzo. Era leggermente umida a causa della marea precedente, ma non era instabile. Era più calda del lago, ma più fresca della sabbia riscaldata. Era perfetta così.
Inizialmente non ero consapevole di dove fosse l’acqua e dove la sabbia. Camminavo. Dopo che i miei piedi si sono bruciati e congelati, mi sono concentrato sul seguire quella stretta striscia di sabbia. Non stavo facendo un calcolo di metà percorso e non stavo cercando di camminare in una zona mediamente lontana. In alcuni punti era la parte di sabbia calda a essere larga, in altri era l’acqua fredda. Anche se c’era molto spazio su entrambi i lati, ho cercato di camminare solo su quella lingua di terra stabile e con la temperatura perfetta.
Nel mondo accademico, le teorie devono trovare un equilibrio tra il semplice e il complesso. Nell’universo, i pianeti non devono essere troppo vicini alle loro stelle, né troppo lontani, per sostenere la vita. In economia, i mercati devono bilanciare spesa e risparmio. In politica, i rappresentanti devono lottare o per la collettività o per l’individuo. Nella comunicazione, esiste una sana tensione tra efficacia ed efficienza.
Nella teologia, ci muoviamo tra diversi poli: giustificazione e santificazione; grazia e opere; principio e compassione; persone e idee; umanità e divinità; prima venuta e seconda venuta di Gesù; misericordia e giustizia; etica e spiritualità; e molti altri ancora.
Il pericolo sta nel momento in cui vacilliamo. Passiamo dai piedi ghiacciati nell’acqua e vogliamo riscaldarci nella sabbia calda. Sebbene questo fornisca un sollievo temporaneo, finiamo per scottarci e tornare a trovare sollievo nell’acqua fredda. Per esempio, alcuni hanno oscillato per sperimentare una versione estrema della giustificazione, seguita da una versione estrema della santificazione. Un’esperienza esclusiva nella prima si traduce in passività umana: poiché Dio ha fatto tutto, non c’è più nulla da sperimentare. Un’esperienza esclusiva nel secondo caso si traduce in passività divina: l’onere di far accadere le cose nel cammino spirituale è affidato alle opere umane. Questa oscillazione teologica porta le persone a lasciare la chiesa perché si tratta di un’esperienza insostenibile, non biblica e non cristocentrica.
È molto più profondo che trovare un equilibrio. Richiede il seguire Gesù in maniera ponderata, attenta e sensibile. Come c’erano diverse sezioni della riva del lago, diversi momenti e fasi della nostra vita ci richiedono di essere spiritualmente abili pur restando su quella stretta striscia di sabbia.
Maestro, prima di insegnarmi a camminare sull’acqua, insegnami a camminare sulla sabbia.
Di Justin Kim, direttore di Adventist Review
Fonte: https://adventistreview.org/editorial/walking-on-sand/
Traduzione: Tiziana Calà