Soffri di avventismo generazionale?

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Alla seconda settimana di università, ricordo di essere scoppiata in lacrime davanti alla mia tutor di diritto. Non avevo fatto studi giuridici a scuola, mentre tutti gli altri della mia classe sì e così sono andata nel panico e ho detto alla mia tutor che non avevo sufficienti conoscenze per essere in quella classe. Ma lei mi guardò incredula e disse: “In realtà hai un vantaggio. Anche se non sai ancora nulla, parti da una tabula rasa. Tutti gli altri in questo corso devono disimparare tutto e impararlo correttamente una seconda volta”.

Queste parole mi sono sempre rimaste impresse. Credo che abbiano una verità spirituale, una verità scomoda per molti di noi.

Spesso presumiamo che i bambini cresciuti all’interno della chiesa siano avvantaggiati nel conoscere Dio fin da piccoli. Ma quante volte avete visto dei giovani lasciare la chiesa e vi siete chiesti il perché, visto che avevano ricevuto un’educazione cristiana così buona?

E se le persone cresciute nella chiesa si trovassero in una situazione di reale svantaggio spirituale, perché non c’è più “nulla” da imparare? Quando si è cresciuti ascoltando seminari sulle profezie, imparando tutte le prove storiche e scientifiche dell’esistenza di Gesù, cantando dell’amore e della grazia e snocciolando storie della Bibbia… cosa rimane da offrire che possa trasformare il loro cuore? Tantissime sono le persone che conoscono già il loro bisogno di misericordia e di grazia, eppure la loro lotta per sperimentare una relazione personale con Gesù viene spesso trascurata.

Crescendo nella chiesa, ho lottato contro questo problema per un po’ di tempo. Andavo in chiesa ogni settimana, conoscevo bene la Bibbia, pensavo di conoscere tutti gli argomenti scientifici e storici a sostegno della creazione biblica, del diluvio e della morte e risurrezione di Gesù. Non potevo negare che Gesù fosse la mia unica fonte di salvezza per grazia. Ma mentre questo portava ad altri sicurezza e pace, per me era un’enorme fonte di ansia.

Perché? Perché non amavo veramente il Signore.

Lo desideravo! Oh, quanto lo desideravo! Volevo andare in cielo e vivere per sempre… Desideravo davvero amare Dio.

Ma… non lo amavo.

Allora pregavo perché Dio mi parlasse, come aveva fatto con le persone dell’Antico Testamento, perché forse così avrei potuto conoscere il Signore, sentire il suo amore per me e forse amarlo a mia volta. Ma non ho mai sentito la voce di Dio. Non ho mai avuto risposta alle mie preghiere. Ho provato a leggere la Bibbia, iniziando dalla Genesi, ma ho abbandonato presto per la frustrazione che sentivo. Dio sembrava essere così coinvolto nella vita di Abramo, Giacobbe e Giuseppe… perché quindi non era altrettanto coinvolto nella mia vita?

Ero convinta che sentire la voce di Dio o vederlo rispondere ad alcune delle mie preghiere avrebbe trasformato il mio cuore e mi avrebbe spinta ad amarlo. Mi sono impegnata a fondo per cercare di amare Dio, leggendo la Bibbia e pregando con impegno e sincerità.

Ma alla fine ho imparato che l’amore non funziona così. Non si può forzare l’amore. Lo si può solo sperimentare, vivere. E penso che questo sia ciò che manca all’avventismo generazionale, quello che è diventato una pietra d’inciampo per la nostra fede. Presumiamo che insegnare la Scrittura e i fatti su Dio sia sufficiente per trasmettere la fede alla generazione successiva. Beh, non è così. In Giovanni 5:39, Gesù ha detto: “Voi investigate le Scritture, perché pensate d’aver per mezzo di esse vita eterna, ed esse sono quelle che rendono testimonianza di me”. Abbiamo fatto bene a imparare tutti i “fatti” su Dio, a interpretare la Scrittura e a scoprire dottrine e teologia… ma abbiamo dimenticato di trasmettere l’elemento più importante della fede: la condivisione delle nostre esperienze personali.

C’è qualcosa di speciale nelle esperienze personali che fa leva sul nostro cuore. C’è qualcosa di unico nel condividere le nostre difficoltà che ci lega gli uni agli altri. Alcuni dei più grandi sermoni riportati all’interno della Scrittura non erano profondamente teologici o dalla natura estremamente profonda; erano semplici e portavano un messaggio chiaro e preciso: “Dio ha cambiato la mia vita. Può cambiare anche la tua”. Gesù non si trova solo nella verità, nelle storie e nella Bibbia. Si trova nelle persone. Nelle loro esperienze, nel loro servizio, nei loro sacrifici, nella loro vergogna e nelle loro lotte. C’è una ragione per cui Dio ha incaricato noi, esseri umani peccatori, di diffondere il Vangelo: perché Gesù non può essere insegnato, ma può solo essere sperimentato.

Stiamo trascurando l’opportunità di condividere le nostre esperienze dell’amore di Dio? Abbiamo così paura della vulnerabilità che stiamo trascurando la chiamata di Dio a raccontare ciò che ha fatto per la nostra vita? Siamo troppo occupati per incontrarci ogni settimana ed essere reali, parlare delle nostre lotte ed esperienze e pregare insieme? Siamo impegnati a leggere la Bibbia e a esaminare la Scrittura, ma non riusciamo a vivere davvero la vita con Gesù?

E se siamo degli avventisti generazionali? E se siamo delle persone che non hanno voglia di leggere la Bibbia, che hanno difficoltà a pregare e che sono scettiche nei confronti dei miracoli e delle preghiere esaudite? Non siamo soli. Dalla Scrittura sappiamo che anche gli israeliti hanno lottato contro la fede generazionale. Di volta in volta, gli israeliti si limitavano a “passare attraverso i movimenti” della fede, credendo di essere il popolo di Dio ma lottando contro la sensazione di non sperimentare Dio nella loro vita. In questi casi, che cosa ha fatto sì che gli israeliti si innamorassero di Dio e si ravvivassero nella fede? Nell’Antico Testamento appaiono chiari tre elementi principali: la riflessione, la confessione e la comunità.

Nei periodi di risveglio, gli israeliti riflettevano sul loro passato e confessavano i loro peccati. Le leggi di Dio venivano lette al popolo e ricordavano loro l’immoralità dei loro peccati e quanto disperatamente avessero bisogno della grazia. Convinzione e pentimento avrebbero riempito i loro cuori mentre i loro peccati e le loro punizioni venivano letti davanti a tutti. Il confronto è essenziale per il risveglio spirituale. Si sarebbe anche ricordato loro la loro storia, chi sono in quanto popolo eletto da Dio; una nazione messa da parte per l’unico scopo di Dio di mostrare il suo amore al mondo. Avrebbero raccontato le innumerevoli volte in cui Dio si è mostrato loro attraverso i miracoli, in battaglia, nella misericordia e nel giudizio, e avrebbero rinfrescato le loro menti sul suo amore infinito e infallibile. Insieme, come comunità, pregavano e adoravano Dio. La loro fede non era mai isolata; era co-dipendente e reciprocamente incoraggiata e ritenuta responsabile.

Proprio come gli israeliti, il potere del senno di poi può aprirci gli occhi sul nostro peccato e sulla nostra vergogna e mostrarci come Dio sia stato presente e amorevole nei nostri confronti per tutta la vita. E come gli israeliti, nessuno di noi è mai stato destinato a camminare da solo. Dobbiamo invece appoggiarci gli uni agli altri nei momenti di bisogno spirituale. Le nostre chiese sono piene di persone che soffrono di avventismo generazionale, che si nascondono nelle panche e dicono “Buon Sabato” ogni settimana… potreste persino essere uno di loro. La chiesa non è stata creata per condividere fatti e conoscenze su Dio (anche se questo è sicuramente importante!). La Chiesa è stata creata per essere una comunità in cui possiamo essere onesti, vulnerabili e aperti sulle nostre esperienze con Dio.

Vi incoraggio, sia che siate spiritualmente forti sia che abbiate bisogno di aiuto, a condividere le vostre esperienze con la vostra comunità di chiesa. Condividete i vostri alti e bassi e raccontate la storia d’amore di Gesù nella vostra vita.

Gli avventisti hanno una conoscenza biblica ormai ben consolidata, ma come ci comportiamo dal punto di vista relazionale?

 

 

Di Olivia Fairfax, assistente di produzione presso Adventist Media, si sta anche laureando in Legge e Psicologia alla Macquarie University. Ama scrivere, analizzare tutto, suonare il pianoforte, ridere con i suoi cari e coccolare i gatti.

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2022/10/14/do-you-suffer-from-generational-adventism/

Traduzione: Tiziana Calà

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