La storia di Amnon e Tamar

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amnon e tamar

Il tema della violenza sessuale è molto presente nella società odierna. Nel mondo cristiano siamo rimasti scioccati dalle rivelazioni postume che Ravi Zaccharias, l’apologeta e predicatore di fama internazionale, era stato colpevole, per un lungo periodo di tempo, di un diffuso e sistematico abuso sessuale di donne. Che ci piaccia o no, la questione del rispetto e della protezione delle persone vulnerabili è una questione che tocca ognuno di noi, compresi i cristiani.

Più parlo con le persone, più mi rendo conto che i predatori sono presenti anche tra di noi, persino nella Chiesa. Credo che ci sia un passaggio poco conosciuto della Scrittura che può fungere da illustrazione ed esempio: un racconto ammonitore per i leader all’interno delle nostre chiese, da cui possiamo trarre insegnamenti a partire dal fallimento del re Davide su come identificare e rispondere ai problemi di aggressione sessuale e abuso. Si tratta dello stupro di Tamar, in 2 Samuele 13. Per questione di brevità dell’articolo, non includerò il testo di questo passaggio, ma può essere utile leggere i riferimenti che cito se non si ha familiarità con questa storia.

Il contesto della storia è la presa di mira del re Davide su Betsabea in 2 Samuele 12. I predatori sono incoraggiati quando vedono che le conseguenze di un cattivo comportamento sono scarse o inesistenti. Cercano un’opportunità per abusare impunemente. Il figlio predatore di Davide, Amnon, stava a guardare quando Davide fallì la sua vocazione profetica con Betsabea e uccise suo marito. I predatori tra di noi ci osservano per vedere se faremo rispettare i limiti.

 

In 2 Samuele 13:1-2 vediamo che Amnon si fissò sulla sua sorellastra Tamar e cominciò a fantasticare su di lei. I predatori spesso possono scegliere le loro vittime molto prima dell’abuso. Osservano e ascoltano le persone vulnerabili da prendere di mira.

2 Samuele 13:3-5 ci dice che Amnon si circondò di persone che non avrebbero fatto domande o sarebbero state oneste con lui, ma piuttosto avrebbero facilitato e lenito la sua natura violenta. I predatori sono spesso assistiti da persone che li aiutano nel corso della propria vita. Il servitore di Amnon fu in grado di insegnargli come utilizzare al meglio le sue dinamiche familiari per intrappolare la sua vittima; tuttavia i facilitatori possono non essere sempre così attivi. Può trattarsi di un coniuge, un amico o un membro della famiglia che li difende quando qualcuno solleva delle preoccupazioni. A volte può anche essere una base della leadership della chiesa troppo fiduciosa che ingenuamente dà loro opportunità di abusare.

In 2 Samuele 13:6-10 Amnon approfitta della deferenza di sua sorella e della fiducia di suo padre, così come dell’ubbidienza dei suoi servitori, per assicurarsi di avere accesso illimitato per preparare un attacco a sua sorella. I predatori creano intenzionalmente situazioni favorevoli all’adescamento delle vittime. Utilizzeranno la fiducia degli altri, le differenze di potere, le bugie, la manipolazione e la finta indignazione per assicurarsi queste opportunità.

La cosa successiva che scopriamo dal testo è che i predatori usano la coercizione e lo squilibrio di potere per forzare un incontro fisico con la loro vittima senza (o fuori dall’età del) loro consenso. In 2 Samuele 13:11-13 vediamo Amnon forzare un incontro. La paura, così come i fattori culturali, fisici, religiosi o istituzionali, possono far vergognare la vittima e renderla impotente a difendersi, o addirittura costringerla a cooperare con il suo abusatore nel tentativo di sopravvivere. Nel suo disperato tentativo di sfuggire al trauma, Tamar ha persino supplicato suo fratello di chiedere la sua mano e quindi di entrare in una relazione consensuale negoziata con lei, in cui avrebbe potuto mantenere un certo potere e salvare la propria reputazione agli occhi della comunità. Ha affrontato coraggiosamente il suo abusatore e ha messo in chiaro che non era consenziente a qualsiasi cosa stesse per accadere. Dobbiamo capire che le vittime tra noi sono state derubate del loro potere di difendersi. Spesso facciamo domande banali come “Perché non è scappata?” o facciamo commenti come “Bisogna essere in due per avere un rapporto”. Questo non dà il peso al fatto che il predatore ha metodicamente pianificato questo momento per privare la vittima della capacità di resistere. E questo per mezzo di pressioni finanziarie, culturali o professionali, forza fisica, isolamento relazionale o altro. Questo è particolarmente vero quando c’è uno squilibrio di potere spirituale, per esempio in una relazione inappropriata tra ministri di culto e membri laici.

In 2 Samuele 13:14 vediamo il predatore fare l’impensabile. Amnon ora attraversa la linea e diventa uno stupratore incestuoso. Ma il tutto non ha inizio da questo momento; era già iniziato nella sua mente. L’aveva già pianificato. Si era già convinto di come giustificare e scusare il gesto. Aveva elaborato una teologia e una filosofia del diritto che stava usando per concedersi il permesso di fare quel terribile gesto, proprio in quel momento. E, mentre lei piangeva e cercava di opporsi, Amnon violò Tamar finché i suoi desideri malvagi vennero soddisfatti. Non dovremmo essere così ingenui da pensare che qualcuno che è eccessivamente “fisico” non possa mai superare questa linea. Se ci convinciamo, dicendo “Lui è fatto così, dice/fa questo tipo di cose perverse, ma non ha mai fatto male a nessuno. È innocuo”, dovremmo ricordare che Amnon non era uno stupratore finché non ha stuprato Tamar; era solo un po’ inquietante di tanto in tanto. Questo concetto lo dobbiamo sia ai forti che ai deboli in mezzo a noi, per rendere chiari i confini quando si verificano commenti e azioni inappropriate. Questo assicura che a coloro che possono essere inclini a percorrere questa strada non sarà mai permesso di avvicinarsi a essa. Perché una volta superato il confine, ormai è fatta. E la vita della vittima non sarà più la stessa. È devastante anche per le famiglie e la comunità. Una volta che il danno è stato fatto, non sarà più possibile porre rimedio.

2 Samuele 13:15-19 presenta il predatore che cerca di evitare le conseguenze delle proprie azioni. Lo fa prima coprendo, poi negando, poi incolpando e attaccando la vittima per l’abuso. I predatori evitano la responsabilità personale a tutti i costi. Dopo che la sua terribile passione si fu placata, Amnon si rese conto di aver commesso sia un peccato sia un crimine civile punibile con la morte. Odiava Tamar perché si rendeva conto che lei poteva fare un’accusa contro di lui e quindi riconquistare il potere perso. Cercò quindi di allontanare la sorella dalla sua presenza, sperando che la sua vergogna sociale la portasse a tacere e a proteggere la sua reputazione coprendo il gesto che lui aveva fatto, come spesso accade. Sfortunatamente per lui, lei si rivelò più coraggiosa di quanto lui avrebbe mai potuto immaginare. Lei immediatamente, e di fronte alla sua casa, cominciò a piangere pubblicamente la perdita della sua verginità. Mentre camminava per la strada, tutti nella comunità iniziarono a sussurrare che il principe aveva violato la principessa. Dobbiamo essere pronti a non farci ingannare dalle tattiche di silenzio, di vergogna delle vittime e di manipolazione dei predatori. Dobbiamo incoraggiare e sostenere le vittime e portare gli abusi alla luce dell’inchiesta delle autorità.

Purtroppo 2 Samuele 13:20-22 ci mostra che quando la struttura di potere istituzionale ha ormai perso la sua bussola morale, chi abusa ottiene uno leggero schiaffo sulla mano, mentre la vittima soffre nella vergogna. Poiché il re Davide aveva ceduto l’autorità morale nella sua famiglia dopo il suo fallimento con Betsabea, sebbene fosse furioso con Amnon sentì di non poter procedere con un processo adeguato. Era anche influenzato dalla sua relazione personale con Amnon e quindi aveva interessi contrastanti. Davide scelse quindi di nascondere l’accaduto. Non lo affrontò in maniera adeguata. Come risultato Tamar fu quella che ne pagò il prezzo, rifugiandosi nella casa dell’unico uomo che sembrava disposto ad avere pietà della sua situazione: suo fratello Absalom. Egli avrebbe continuato a usare questo gesto come scusa per la prima parte del suo successivo attacco al trono. Questo ha anche messo a tacere e dissuaso altre vittime dal cercare giustizia, dopo aver visto che non è stata intrapresa alcuna azione. È gravissimo cercare di nascondere il tutto sotto al tappeto. Perché non parliamo solo di polvere; parliamo di situazioni acide che, se lasciate a loro stesse, distruggeranno presto il tappeto da sotto. Non affrontata dal re, questa situazione si è inasprita ed esacerbata. Spesso, nel cristianesimo ma non solo, l’istinto è quello di proteggere l’istituzione, la sua reputazione, gli interessi finanziari o, al peggio, anche il predatore. La vittima diventa un ostacolo scomodo, a volte persino un nemico legale. La comunità più ampia vede un gruppo che predica l’ubbidienza ai comandamenti di Dio eppure non agisce sul fondamentale senso di giustizia latente in tutta l’umanità: la protezione dei più deboli. Come risultato l’istituzione perde la sua credibilità morale e la sua testimonianza divina agli occhi del mondo.

 

Cosa impareremo noi come cristiani da questo terribile e tragico capitolo della storia d’Israele?

Il mondo ci sta guardando, ricordiamocelo sempre.

 

 

Di Daniel Matteo, direttore dei giovani e pastore della Conferenza della Tasmania.

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2022/03/28/the-tale-of-amnon-and-tamar/

Traduzione: Tiziana Calà

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