Agenti di Dio

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Il versetto più conosciuto della Bibbia è senza dubbio Giovanni 3:16, ma anche questo non suona allo stesso modo nelle sue diverse interpretazioni. Una di queste è una versione personalizzata, talvolta utilizzata in chiesa: “Perché Dio ha tanto amato [inserire il proprio nome qui], che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché se [inserire il proprio nome qui] crede in lui, [inserire il proprio nome qui] non perisca ma abbia vita eterna”.

 

Con tutta la sua meravigliosa complessità, il cuore della buona novella della Bibbia può essere riassunto in questa singola frase che anche un bambino può memorizzare e iniziare a capire. La versione personalizzata di questo noto versetto biblico è un modo prezioso per sottolineare l’amore personale di Dio per ciascuno di noi e la scelta che ciascuno di noi deve fare per accettare il dono di Dio offerto attraverso Gesù. Questo adattamento dell’amatissimo versetto rappresenta una verità impressionante, capace persino di cambiare la nostra vita.

Ma dobbiamo anche ricordare che questa versione personalizzata di Giovanni 3:16 non è ciò che dice il versetto. E se lo leggiamo solo in questo modo, possiamo essere tentati da una comprensione troppo superficiale della salvezza e rischiamo di perdere molto di più di ciò che è coinvolto in un’esplorazione più profonda di questo versetto biblico.

 

Una vecchia argomentazione

Troppo spesso la salvezza, a sentire molti ecclesiastici che ne parlano, sembra essere tutta incentrata sul fatto che un giorno io entrerò nel regno dei cieli. È sorprendente pensare che anche le nostre discussioni teologiche possano essere incentrate sull’io. Se siamo guidati dal “cosa ci guadagno io?”, a meno che non si faccia molta attenzione, questi atteggiamenti possono confluire anche nelle nostre riflessioni più devote. In questo senso, troppo spesso sembra che cerchiamo la salvezza al più basso prezzo possibile.

È innegabile che siamo salvati solo per grazia di Dio: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8-9). Ma l’apostolo Paolo continua nel versetto successivo e riconosce un altro aspetto di questa relazione: “Infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (versetto 10).

Nel quadro grande ed eterno della salvezza, siamo salvati da ciò che Gesù ha fatto per noi e ne facciamo tesoro per fede. Ma nell’aspetto pratico della vita di oggi, la salvezza dovrebbe innescare una vita vissuta in collaborazione con Dio, come membro dell’attuale regno di Dio. La chiamata di Dio, ripetuta in tutta la Bibbia, è una chiamata a una vita di fede, a una vita di fedeltà. Non si tratta tanto di ottenere la salvezza, quanto di vivere e servire con gioia alla luce della salvezza.

Quando cominciamo ad apprezzare la meraviglia e il mistero dell’amore indefettibile di Dio, rispondiamo con fede e gratitudine e cerchiamo la sua bontà nella nostra vita e in quella di chi ci circonda. Viviamo con quanta più fede e quante più “opere” buone riusciamo a raccogliere, rendendoci conto che queste sono esse stesse doni di Dio e che nessuna di esse aggiunge qualcosa alla nostra salvezza o all’abbondante disponibilità di Dio.

 

Una nuova rilettura

Giovanni 3:16 dice: “Perché Dio ha tanto amato il mondo”, e la parola greca originale per “mondo” è kosmos, che significa “il mondo come entità creata e organizzata”. Che “Giovanni 3:16 riguardi me” è un punto di partenza importante; che il piano della salvezza così ben riassunto in questo versetto abbia implicazioni per tutti e per l’intera creazione è qualcosa che dobbiamo approfondire.

Naturalmente, non si tratta di sostenere un’argomentazione a favore dell’universalismo, che tutti saranno “salvati” indipendentemente dalle loro scelte a favore o contro Dio e il suo piano. O che Gesù sia morto per gli alberi o per le balene, e non tanto per le persone. L’attenzione si concentra invece sull’amore di Dio che si estende a tutti e sul suo proposito di operare attraverso coloro che scelgono di cooperare con lui per redimere e infine ricreare l’intera creazione. Si tratta di una comprensione più ampia della salvezza, che si allontana dalla tentazione dell’egocentrismo che talvolta guasta la comprensione della salvezza e che può derivare da un modo di pensare individualistico.

Sì, la salvezza riguarda me e il mio rapporto di salvezza con Dio, ma non riguarda solo me. Nel suo libro “Justification: God’s Plan and Paul’s Vision”, il teologo N. T. Wright si esprime in questi termini: “La giustificazione non riguarda solo il modo in cui mi vengono perdonati i peccati. Riguarda il modo in cui Dio crea, attraverso Gesù il Messia e attraverso la potenza dello Spirito, un’unica famiglia, che celebra il suo perdono una volta per tutte e la garanzia di non-condanna in Cristo, attraverso la quale il suo scopo può ora essere esteso al mondo intero”.

Forse possiamo accettare facilmente che Dio ama altre persone oltre a noi stessi. Ama coloro che amiamo e possiamo rallegrarcene. Ma ama anche coloro di cui abbiamo paura o che non ci piacciono. Dio ama le persone, tutte le persone, ovunque e in ogni momento. Il favore di Dio non si limita al nostro favore.

La creazione è uno dei modi in cui vediamo questo concetto applicato. La Bibbia indica costantemente il mondo che ci circonda come prova della bontà di Dio. Gesù si riferiva al mondo naturale e all’ordine creato come prova dell’amore di Dio: “Egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Matteo 5:45). Oltre a tutta la bontà del mondo naturale, la vita stessa è un dono di Dio e, indipendentemente dalla risposta o dall’atteggiamento individuale nei confronti di Dio, ogni persona è destinataria di questa grazia.

 

Creare il mondo

Ma anche questa lettura non rende giustizia all’ampiezza dell’espressione di Giovanni 3:16 “perché Dio ha tanto amato il mondo”. Se questa sintesi dell’amore di Dio e della sua offerta di salvezza fosse limitata a tutte le persone del mondo, dovremmo tornare indietro e forse riscrivere il racconto della creazione di Genesi 1. Invece di descrivere attentamente gli atti specifici di creazione di Dio in ciascuno dei giorni, l’intera storia potrebbe essere ordinatamente riassunta in qualcosa come: “Nel principio Dio creò i cieli e la terra e poi disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza”.

Invece, per sei volte nei sei giorni riportati, prima ancora che si parli di esseri umani, leggiamo che “Dio vide che questo era buono” (cfr. Genesi 1:4,10,12,18,21,25). Il ritornello viene ripetuto anche il sesto giorno, prima della creazione di Adamo. Oltre a fornire una casa ai primi esseri umani, Dio si compiace di ogni passo e di ogni parte della creazione.

Gli esseri umani hanno un posto speciale nella creazione e in Genesi 1 e 2 viene data più attenzione alla loro creazione che al resto del mondo. Ma è interessante notare che la prima “definizione” di ciò che significa essere umano include l’essere creato a immagine di Dio e situato in relazione alla creazione (cfr. Genesi 1:26). La creazione è importante per ciò che siamo come esseri umani in relazione a Dio e, mentre gli esseri umani sono una parte intrinseca della creazione, è chiaro che Dio ha anche una preoccupazione speciale per il resto dell’ordine creato.

 

Lodare e gemere

Quando Adamo ed Eva scelsero di disubbidire a Dio, tutta la creazione ne fu colpita. La realtà del peccato ha cambiato le relazioni tra Dio e l’umanità, tra l’umanità e la natura e, a quanto pare, tra Dio e tutta la sua creazione (cfr. Genesi 3). Dio è ancora il Creatore, coordina e dirige tutta la vita. Ma forse in modo analogo al cambiamento del rapporto tra Dio e il suo popolo, il rapporto di Dio con la creazione è reso meno diretto e più difficile.

Non che non ci siano ancora scorci di Dio nel mondo creato. Come già detto, Dio parla e opera ancora nel mondo naturale e attraverso di esso. E in qualche modo, la creazione e le creature stesse hanno voci che offrono lode a Dio e riecheggiano la relazione per cui sono state create (cfr. Salmo 148:7-13).

Ma anche in questa lode ordinata, i toni sono smorzati, la celebrazione è incompleta e la rottura è evidente. La lode si mescola al gemito (cfr. Romani 8:22). La vita è punteggiata dalla morte. La creazione è afflitta dalla decadenza e in qualche modo anela alla nuova creazione: “Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio” (Romani 8:19).

In un certo senso, la dislocazione della creazione a causa del peccato umano è stata dimostrata in modo più evidente con la crocifissione. C S. Lewis ha descritto la risurrezione come il “grande miracolo” che ha introdotto nel mondo un tipo di possibilità completamente diverso, ma la morte del Creatore del mondo all’interno dei confini e delle limitazioni di quel mondo non deve essere meno un “anti-miracolo”. Non c’è da stupirsi che la natura si sia allontanata e si sia violentemente ribellata in questo momento più buio della storia umana (cfr. Matteo 27:45-51).

 

Gli agenti della nuova creazione

Contrariamente a quanto si è ipotizzato in gran parte della storia cristiana, la Bibbia afferma chiaramente che lo scopo ultimo della salvezza è la nuova creazione. Il piano di Dio è che il mondo sia riportato alla sua bontà originaria. Siamo chiamati non solo ad accettare la sua offerta di salvezza, ma anche a partecipare e a essere agenti di questa salvezza nel nostro mondo di oggi, in previsione della completa nuova creazione promessa da Dio (cfr. Apocalisse 21:1-5).

Questo ha implicazioni significative per il modo in cui comprendiamo il nostro ruolo nella salvezza di Dio e il nostro rapporto con il mondo creato in cui siamo stati creati e ricreati. Come dice Wright, “non siamo salvati dal mondo della creazione, ma salvati per il mondo della creazione (cfr. Romani 8:18-26). Gli esseri umani sono stati creati per prendersi cura del meraviglioso mondo di Dio, e non è esagerato dire che il motivo per cui Dio salva gli esseri umani non è semplicemente che li ama per se stessi, ma che li ama per quello che sono veramente: i suoi pro-creatori, i suoi amministratori, i suoi vicerettori sulla creazione”.

Perché Dio ci ha tanto amati, ha dato suo Figlio per noi e noi siamo chiamati ad amare ciò che lui ama. Poiché “Dio ha tanto amato il mondo”, “come entità creata e organizzata”, anche noi dobbiamo amarlo. Poiché abbiamo accettato il dono della salvezza di Dio, cerchiamo la stessa salvezza, la trasformazione e la nuova creazione per i nostri simili, le nostre creature e l’intero mondo creato. E in modo specifico e speciale, siamo ora gli agenti di Dio per servire, preservare, aiutare e guarire il nostro mondo e tutta la creazione.

 

 

Di Nathan Brown, redattore presso la Signs Publishing Company di Warburton, Victoria, Australia.

Fonte: https://st.network/analysis/top/agents-of-god.html

Traduzione: Tiziana Calà

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