Mostraci il Padre

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Il giorno più emozionante della mia vita di bambino di cinque anni è stato quando mio padre mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto guidare il suo camion. Mi sono seduto in braccio a lui, sollevato da un cuscino, in modo da poter vedere la strada oltre il volante che stringevo tra le mani!

“Mentre sterzi, io controllerò il freno, la frizione e l’acceleratore”, disse mio padre dirigendo lentamente il camion in mezzo alla strada. Non ho neanche fatto caso quando ha messo la mano sinistra sul volante, per “riposarsi”. Mi sentivo al sicuro mentre guidavamo lentamente lungo la strada accidentata, forse perché sapevo di essere con mio papà, che non avrebbe mai permesso che qualcosa andasse storto.

Anni dopo, ripensando a questo bel momento con mio padre, mi sono reso conto che questa storia era poco alla volta diventata la metafora della mia fede in Dio Padre.

Rispondere alle domande difficili

Ho trascorso 10 anni come terapista primario di un ospedale cristiano, con un reparto di ricovero per adolescenti. Ho lavorato con ragazzi che soffrivano di depressione e di pensieri suicidi causati da anni di trascuratezza, abbandono e ogni sorta di abuso immaginabile, mentale, sessuale e fisico.

Dopo il primo giorno, i miei pazienti sapevano che non li avrei mai censurati per quello che dicevano durante le sedute di gruppo, a patto che esprimessero esattamente i propri sentimenti.

Una sera, durante una sessione di gruppo, ho chiesto ai ragazzi di dirmi quello che veniva loro in mente sentendo la frase “speranza in Dio Padre”.

Una ragazza di 15 anni, senza peli sulla lingua, disse: “Odio Dio. Dio è cattivo e violento; uccide le persone se non rispettano le Sue leggi. Non metto in dubbio la Sua esistenza, solo che non Lo voglio vicino a me!”.

Un ragazzo ammise che non sapeva bene che cosa pensare di Dio, perché non faceva parte della sua vita quotidiana.

Una ragazzina di 17 anni, molto timida, che parlava raramente, chiese: “Tu credi che Dio ci parli mai in maniera diretta?”

“Sì, penso di sì. Perché me lo chiedi?”, risposi.

Mi spiegò che una sera stava pregando e che aveva chiesto al Signore perché non poteva avere un buon padre (suo padre era in prigione per averla molestata sessualmente). “Poi”, disse, “ho sentito queste parole, in maniera chiara e distinta: ‘E io non conto nulla?’. Da allora, Dio è mio padre. A meno di non essere pazzi, che cosa significa sentirci chiamati per nome?”.

Mi sono soffermato un momento a pensare e poi le ho risposto: “Penso che, a differenza degli adulti, i ragazzi siano più aperti a sentire la voce di Dio. Ti chiama per nome perché sei preziosa per Lui, perché la tua vita ha valore ai Suoi occhi e perché non ti lascerà mai. Credo che il Signore ci conforti nei momenti difficili, per non farci sentire soli e impotenti”.

Era strano vedere molti dei ragazzini iniziare a strofinarsi gli occhi, per trattenere le lacrime.

A esclusione degli psicotici, la maggior parte dei ragazzi che ho avuto in terapia nel corso degli anni sosteneva che “qualcosa” aveva parlato loro. Scavando più in profondità, dietro la spavalderia antireligiosa di un adolescente (o di quella di un adulto) si trova un doloroso bisogno di sbagliarsi sul Dio in cui sono arrivati a credere. Vogliono credere in Dio, ma spesso i loro padri e altri adulti hanno sporcato la vera “immagine” del Signore nelle loro menti, sia a livello letterale che figurato.

Cosa dire di Gesù?

Volevo anche che i miei ragazzi conoscessero Gesù. Aprendo la Bibbia al vangelo di Giovanni lessi: “Filippo gli disse: Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gesù meravigliò tutti con la sua risposta: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre; come mai tu dici: Mostraci il Padre?” (Giovanni 14:8-9).

C’era uno strano silenzio. I ragazzi avevano colto il significato di quello che avevo appena finito di leggere ma non sapevano che cosa dire.

“Gesù, Dio Padre e lo Spirito Santo sono un’unica cosa. Ci riferiamo a loro parlando della Trinità”. Ho continuato spiegando che questo era un profondo mistero che potevamo arrivare a capire solamente fidandoci di Dio attraverso Cristo.

“Come può essere vero?”, chiese una delle ragazze dopo averci riflettuto un po’. “Gesù è in gamba; era molto buono con le persone, perfino con i bambini. Non riesco a immaginarLo così arrabbiato da andare in giro a uccidere milioni e milioni di persone. Le uniche persone che ha condannato erano gli ipocriti e le persone che considerava pericolose per i bambini. Ha anche detto che si dovrebbero appendere delle macine, che possono pesare anche centinaia di chili, al collo di chi fa male ai bambini, per poi gettarli in mare, come punizione”.

Un ragazzo disse: “Da quello che ho sentito, mi piace la figura di Gesù, ma continuo a non saperne tanto sul Suo conto”.

“Credo che il Signore ci conforti nei momenti difficili, per non farci sentire soli e impotenti”.

La conversazione continuò per un paio di ore, non volevano smettere di parlare di un Dio che faceva nascere in loro la speranza del futuro ma che al tempo stesso li rendeva ansiosi, con la paura che fossero tutte chiacchiere.

Per concludere la seduta, quella sera raccontai loro la storia di mio padre, quando tenendomi in braccio, mi aveva lasciato guidare il trattore.

“Ecco come ho sperimentato la mano di Dio Padre nella mia vita: la Sua mano non si è mai staccata dal volante”, conclusi.

Photo Credit: monkeybusinessimages—Getty Images

PUBBLICATO NELLA RIVISTA SIGNS OF THE TIMES.

Di Jeris Bragan

Fonte: https://www.hopechannel.com/au/read/show-us-the-father

Tradotto da Tiziana Calà

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