Un malinteso mortale: la violenza familiare non va mai bene

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Le chiese commettono un errore quando consigliano alle donne maltrattate di rimanere, e purtroppo questo errore può rivelarsi fatale.

Jenalla, 39 anni, si è sposata a 14 anni. Nel corso degli anni, mentre lei cresceva i loro sette figli, il marito le ha rotto due volte il braccio e le ha inflitto una pugnalata. È andata dalla polizia 17 volte senza mai ricevere un aiuto concreto: si sono solo limitati a dire al marito che avrebbe fatto meglio a occuparsi dei figli, invece che fare del male alla moglie.

Mi piacerebbe poter dire che la storia di Jenalla è unica nel suo genere. Leggendo il rapporto dell’organizzazione Human Rights Watch del 2015 “Picchiate: violenza familiare in Papua Nuova Guinea”, ho scoperto che purtroppo il mondo è pieno di casi proprio come questo.

Mentre la Papua Nuova Guinea ha apportato numerosi miglioramenti per affrontare il problema della violenza domestica, compresa l’introduzione della legge sulla protezione della famiglia, c’è ancora tanta strada da fare. Le leggi proteggono ma sono difficili da applicare in maniera equa in tutta la nazione.

Come una sopravvissuta ha affermato durante un’intervista, “la legge sulla violenza contro le donne non è abbastanza rigida e così gli uomini se ne approfittano… sento il governo troppo distante dalla mia realtà”.

Voglio che sia chiaro che questo articolo non riguarda la Papua Nuova Guinea e le sfide che ci sono in questa parte del mondo. Altre nazioni hanno grandi difficoltà in questo settore, nonostante non sia semplice recuperare i dati aggiornati a riguardo. Nel quartiere dove vivo, in Australia, ho assistito a tre episodi di violenza domestica. Il mio scopo è quello di analizzare il problema in tutto il mondo per diventare coscienti di questo problema.

Tuttavia, il rapporto della Papua Nuova Guinea è importante per tutti noi.

All’interno del rapporto, c’è sia una sfida sia un’opportunità per la chiesa.

Il rapporto nota che nella nazione ci sono poche case rifugio, solo cinque nella capitale, Port Moresby, e altre sparse in questa nazione di 8,25 milioni di persone. Sono tutte gestite da organizzazioni cristiane e da organizzazioni non governative. La Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno sta colmando questa mancanza costruendo nuove case rifugio; insieme ad ADRA, sta svolgendo un lavoro lodevole nel cercare di affrontare questo enorme problema. Abbiamo la possibilità di affrontarlo e di fare qualcosa a proposito.

Eppure continua a esserci un’idea sbagliata sugli abusi all’interno della chiesa cristiana; la conseguenza di un consiglio errato mette a rischio delle vite umane.

La Papua Nuova Guinea è una nazione prevalentemente cristiana.

Molte delle case rifugio, dei funzionari governativi e delle forze di polizia danno dei consigli di coppia, incoraggiando le mogli a tornare dai mariti violenti. Questa è la reazione predominante, terribilmente pericolosa.

Credo che derivi da un’incomprensione del testo di Matteo 5:31-32, quando Gesù dice che l’unico motivo di divorzio è l’adulterio.

L’abuso sistematico e prolungato nel tempo è grave tanto quanto l’infedeltà. Il principio cristiano di essere disposti a dare la vita per la propria moglie (Efesini 5:25) non viene più messo in pratica.

Come cristiani dobbiamo condannare la violenza in ogni sua forma. Non dovremmo mai giustificare gli abusi coniugali (né di nessun altro tipo, contro entrambi i sessi) e dobbiamo sforzarci di essere dei componenti di famiglia rispettosi e affettuosi. Dobbiamo sostenere coloro che mettono fine al proprio matrimonio temendo per la propria sicurezza e per quella dei propri figli.

Enditnow è un’importante iniziativa in cui anche gli avventisti dicono “no” alla violenza, specialmente quella di coppia e quella domestica (incluse uomini, donne e bambini).

Enditnow afferma che “la violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più pervasiva (ampiamente diffusa) conosciuta oggigiorno”.

La scheda descrittiva di Enditnow indica 22 idee o azioni che possono essere intraprese per aumentare la consapevolezza e porre così fine alla violenza. Per le vittime di abusi ci sono solo quattro opzioni elencate ma per molte delle donne coinvolte, queste opzioni sono irraggiungibili o addirittura impossibili:

  1. Trovare un luogo sicuro
  2. Rivolgersi alle autorità
  3. Aspettarsi giustizia
  4. Pregare

Sfortunatamente, come indicato dal rapporto della Papua Nuova Guinea, le case rifugio sono poche, coloro che decidono di parlare non vengono sempre prese sul serio dalle autorità (che dispongono di risorse insufficienti o, peggio ancora, che spesso consigliano alle vittime di ritornare dai mariti) e non sempre ricevono la giustizia che si aspettano.

La nostra Chiesa può e deve intervenire su questo argomento. Dobbiamo mantenere una politica di tolleranza zero, dobbiamo fornire riparo e assistenza a coloro che ne hanno bisogno.

Il 25 novembre è la giornata del Fiocco Bianco, un’opportunità che le chiese e i luoghi di lavoro hanno per dire “no” alla violenza domestica.

Di Jarrod Stackelroth

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2018/11/14/a-deadly-misconception-family-violence-is-never-ok/

Tradotto da Tiziana Calà

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