IL GIOCO DELLA NOSTRA VITA

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L’Europeo 2016 avrà inizio il 10 giugno presso i nostri vicini francesi. Ventiquattro squadre del nostro continente si affronteranno, calcisticamente parlando, per provare ad essere i migliori, e vincere la famosa coppa che i vari giocatori della squadra vincitrice si passeranno di mano in mano davanti alle telecamere, come vuole la tradizione. L’evento è molto atteso dagli appassionati, mentre altri lo ignoreranno. Alcuni approfitteranno dello spirito di festa legato alla competizione per assistere a una partita o per stare tra amici. Poi ci sono quelli che sono apertamente contro e puntano il dito verso questo sport a livello professionale: corruzione in seno agli organismi organizzativi, smisuratezza dei salari dei giocatori, spreco di denaro pubblico per l’organizzazione del torneo. Non è raro sentire anche delle critiche verso il fanatismo presente tra alcuni tifosi. Si parla addirittura di idolatria, come con il vitello d’oro. E si vogliano essere onesti, non possiamo negare i fatti e quindi la veridicità di queste critiche.

Nonostante tutto, non possiamo, in un certo senso, applicare le virtù del calcio e dei giocatori? Se Gesù fosse vissuto ai giorni d’oggi, non avrebbe trovato la parabola del calciatore, invece di quella del seminatore? Ovviamente, non si tratta di chiudere gli occhi sui difetti ma di analizzare gli elementi di questo universo per trarne delle lezioni per la nostra vita spirituale.

 

Allenarsi

Per un mese, dal 10 giugno al 10 luglio, i proiettori saranno fissi sulle squadre di calcio ma, ovviamente, saranno i personaggi del calcio che brilleranno, ancora più del solito. Ronaldo, Ibrahimovic, Bale, e anche Xherdan Shaquiri, per parlare della Svizzera, sono delle vere star della loro epoca. Sono motivati, disciplinati e con un solo obiettivo in mente: vincere. E qui, poco importa la loro origine sociale, culturale, religiosa o razziale.

La vita dei grandi giocatori fa pensare che sia così facile e gloriosa, ma non è per forza sempre rosea e ancora oggi, non è fatta che di momenti di glamour che possiamo vedere nelle riviste. Cristiano Ronaldo, nato in una famiglia modesta, si è ritrovato orfano molto giovane. Zlatan Ibrahimovic è stato cresciuto da una madre troppo rigida e un padre alcolizzato e poi sbattuto a destra e a sinistra tra le case dei due in seguito al loro divorzio. Messi, da bambino ha affrontato dei problemi di crescita e ha subito un trattamento medico specifico. Xherdan Shaqiri è figli di una coppia del Kosovo, che hanno dovuto lasciare il loro paese in guerra per trovare rifugio in Svizzera. Un inizio di vita non facile ma che non ha frenato né il loro talento, né il loro sogno.

Anche se alcuni calciatori sono predisposti e possiedono un talento naturale, tutti, senza eccezione, devono lavorare e allenarsi per molte ore, per la maggior parte dell’anno prima di essere pronti a raggiungere le grandi squadre. Come per esempio Cristiano Ronaldo, che entra in un centro di formazione portoghese a 11 anni e vi passerà sei anni prima di firmare il suo primo contratto da professionista. Quanto a Zlatan Ibrahimovic, oltre alle ore di allenamento, ha praticato molto taekwondo per aumentare la flessibilità sul campo. Shaquiri, considerato la salvezza della famiglia, a 8 anni deve già giocare con un contratto. Loro, come tanti altri, sfruttano tutti  i loro sforzi per raggiungere un obiettivo: l’eccellenza. E gli sforzi sono molto ben visibili durante le partite che  fanno impazzire gli spettatori.

 

Giocare con anima e corpo

Ed è a questo che Dio ci chiama: una vita motivata dalla conquista: non di una coppa, ma della corona della vita eterna. Ciò dovrebbe spingerci a fare degli sforzi e dei sacrifici. Poco importano i momenti difficili da attraversare, niente può (o dovrebbe) ostacolare la corsa del cristiano verso il Cielo, e nemmeno offuscare il sogno della vita eterna. E anche se ci sono persone che sembrano essere più inclini verso le cose di Dio, l’esercizio della preghiera, lo studio della bibbia e la lode, sono dei mezzi validi per tutti per avvicinarsi al Signore e per essere pronti a far parte della squadra più bella: noi, Dio, Gesù e lo Spirito Santo.

Che importa se per questo dobbiamo sottometterci a una disciplina che può sembrare più rigida. Come dice Clarence Seedorf, giocatore olandese, quattro volte campione della Champions’ League: “Il corpo è il mio strumento di lavoro. La mia mente mi mantiene in azione. Ho bisogno di entrambi”. I giocatori hanno capito perfettamente l’importanza di una vita sana tanto sul piano fisico che mentale, così come lo consiglia la Bibbia: “Non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo; glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio” (1 Corinzi 6:19-20). Ma questo non è il caso di tutti i cristiani. Alcuni danno importanza solo all’anima, lasciando il corpo in secondo piano. Altri celebrano il culto del corpo e dell’alimentazione al punto da dimenticarsi dell’anima. Ma la Bibbia non separa l’uno dall’altro.

 

Formare una squadra spirituale

Ronaldo, Ibrahimovic, Messi, Shaqiri e altri, possono essere delle star. Ma da sole, non brillano. In fin dei conti, il calcio è ancora uno sport di squadra! La squadra è formata dai giocatori sul campo, dalle riserve in panchina e l’allenatore. Ognuno ha il proprio ruolo, la propria partecipazione, il proprio posto.

Nella chiesa è la stessa cosa. La Bibbia ce lo dice, la chiesa è un corpo, ogni membro ha la propria funzione e dipende dagli altri.

Se il gioco di squadra, l’interazione e la fiducia è indispensabile tra i calciatori, quanto più tra fratelli e sorelle! Le azioni violente e le simulazioni sono automaticamente punite dall’arbitro per preservare il gioco corretto. Rileggendo un testo sull’inizio del cristianesimo, nel libro degli Atti, si constata che la comunione tra i membri era stato chiave affinché si diffondesse su tutta la terra. I primi cristiani hanno vissuto giorni e notti tutti insieme a pregare e cantare prima di ricevere lo Spirito Santo alla Pentecoste. Dopo di ciò, hanno deciso di vivere insieme e di condividere tutto: luogo in cui vivere, tempo, risorse e addirittura soldi. Ciò che è successo ad Anania e Saffira, che hanno voluto giocarsela conservando una parte del loro bene. Hanno messo in pericolo l’equilibrio della squadra della chiesa nascente e soprattutto hanno pugnalato alle spalle la fiducia che regnava fra loro, ciò che rappresenta un “fuori-gioco”, automaticamente sanzionato. Nel nuovo testamento troviamo una delle rare volte in cui l’applicazione del giudizio di Dio è anticipato per solidificare questa nuova squadra spirituale. “La saggezza infinita giudicò che questa manifestazione eclatante della collera di Dio era necessaria per impedire alla giovane chiesa di corrompersi” (Conquistatori di Pace, p.66). Allo stesso modo, l’arbitro di calcio deve impedire che delle azioni violente e le simulazioni offuscare le prestazioni delle squadre.

 

L’allenatore celeste

Affinché una squadra vinca, bisogna avere un capo che diriga tutto. L’allenatore ha questo ruolo. Si tutti volessero imporre la propria tattica di gioco, ciò porterebbe a un fiasco totale. La squadra della Francia, durante  la coppa del mondo del 2010 in Sudafrica ne è l’esempio perfetto. In quel momento, i giocatori si trovano in totale disarmonia. Anelka non ha fiducia nel suo allenatore e gli manca di rispetto.

Ciò crea la divisione non solo in seno al gruppo, come per la prima volta nella storia del calcio, una squadra nazionale, rappresentante di tutta una nazione, sciopera e non si allena! Il risultato è caotico, la Francia lascia la competizione al primo giro, ultima del suo gruppo. Se nel calcio, anche i migliori giocatori devono rispettare la gerarchia, saper rispettare i doni e le responsabilità che Dio ha donato a ognuno nella chiesa è una chiave importante per il successo di tutti. Ognuno ha il suo posto. L’allenatore dà la strategia da seguire e gli atleti uniti operano in un lavoro armonioso, dove si completano le loro competenze.

I consigli di Paolo affinché la sua chiesa vinca sono: “Ma ora, ci sono molte membra, ma vi è un solo corpo. E l’occhio non può dire alla mano: ‘Io non ho bisogno di te’; né parimenti il capo può dire ai piedi: ‘ Io non ho bisogno di voi’. (….) Or voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per parte sua” (1  Corinzi 12:20-21, 27).

Ci sono molti membri ma una sola squadra, quella che gioca per Dio. E i versetti dal 22 al 24 indicano anche una gerarchia, che questa volta è contraria al mondo. I membri più “deboli” ricevono più onore. E la cosa più importante: Gesù è a capo della squadra.

 

Tutti vincono

È lo spirito di squadra che fa fremere 11 uomini o donne a ogni gol. Ma è solo una persona che marca il gol. E tutti i giocatori in campo, in riserva e l’allenatore fremono, gridano di gioia, ballano, alzano le mani al cielo, inviano baci alla folla, fanno acrobazie davanti agli spalti, fanno le derapate sull’erba, ecc. L’espressione della loro gioia non ha limite. Ci sono anche quelli che si mettono in ginocchio e ringraziano Dio davanti alle telecamere del mondo intero, come il caso della squadra del Brasile nel 2012 dopo aver battuto la Germania in finale.

Che a ogni battesimo, a ogni anima che si libera a Dio, possiamo vibrare nel nostro cuore, anche quando si tratta del lavoro solo del pastore, di un anziano, di un solo membro. La vittoria è della chiesa intera!

 

Giocare fino alla fine 

Dopo aver segnato un gol ed aver espresso la propria gioia, torna subito la concentrazione. Fino a quando l’arbitro non ha dato il fischio finale, tutto può succedere. I grandi giocatori non si danno mai per vinti, né vincitori prima della vera fine della partita. Tutto può ancora succedere prima del fischio finale. In Europa la più grande rimonta della storia del calcio è quella vista a Istanbul nel 2005, nella finale della prestigiosa Champions’ League. L’ AC Milan aveva 3 gol di vantaggio, ma dopo l’intervallo, con una nuova tattica dell’allenatore del Liverpool, bastarono pochi minuti per pareggiare la partita. Al tiro in porta, quest’ultimo è campione d’Europa. Incredibile! Non molto tempo dopo, nel febbraio scorso, durante il campionato argentino, il calciatore Lisandro Lopez segnò il gol del pareggio al 90’ minuto e salvando quindi la sua squadra dalla sconfitta.

Allo stesso modo, la partita del cristiano contro il male avrà fine solo al fischio finale del giudice supremo. Riceverà poi la sua ricompensa per il buon gioco effettuato fino alla fine. Prima di questo, bisogna tenersi saldi, restare concentrati per evitare le cattive sorprese dell’avversario. La concentrazione costi quel che costi è un’altra virtù dei calciatori e dei cristiani. Prendiamo sul serio le disposizioni dell’allenatore? “E perché l’iniquità sarà moltiplicata, l’amore di molti si raffredderà; ma chi avrò perseverato fino alla fine sarà salvato” (Matteo 24:12-13). La nostra relazione con Dio dovrebbe essere quotidiana per mantenere la rotta e una visione chiara del nostro futuro e della “coppa” che ci aspetta. Quale tecnica di allenamento metto in atto per arrivarci? Lo studio della Bibbia prima di andare al lavoro, in macchina, culto di famiglia in casa, frequentando riunioni di preghiera? Poco importa, l’importante è partecipare all’ “allenamento”.

 

Quindi, veri giocatori o no?

Determinazione, disciplina, spirito di squadra, rispetto delle regole e concentrazione. Sono tutte le caratteristiche che gli atleti sognano. La loro vita è fatta di sacrifici, di disciplina, di coesione e di lavoro intenso. Ciò sorprende il mondo intero.. quando si tratta di loro. Perché se applichiamo queste caratteristiche alle persone che amano Dio, è visto come qualcosa di noioso, ridicolo e chiaramente fanatico? Perché noi cristiani abbiamo come una sorta di timidezza nel mostrare agli altri il nostro fervore e dedicare il 100% della nostra vita a Dio? Perché temiamo le  loro critiche e della loro opinione? Perché quando si tratta di Dio, abbiamo paura di essere fanatici? Mentre per molti noi, non c’è timore di mostrare amore per la nostra squadra di calcio..

Nonostante ciò, il salario che si ottiene con Gesù è molto più elevato che quello proposto dalla UEFA o dalla FIFA. E soprattutto, vivendo in questo modo con Gesù, facciamo automaticamente parte della squadra che vincerà. Sappiamo già il risultato della partita mentre stiamo ancora giocando. Noi siamo i vincitori! Sappiamo già che riceveremo la corona! Facciamo allora esprimere il calciatore della squadra celeste che è in noi!

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ALEXANDRE CLAUDEL

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